Marte che volontier mira tal gioco
Gli mise di sua man gl’acuti sproni
Fatti, e temprati di Vulcano al foco,
Quai donati gli hauea perfetti, e buoni
Sua dolce amante, ch’al zoppo marito
Li hauea rubbati mentre facea i tuoni.
Cosi costui vedendosi fornito
Di ciò li fea mestier, ch’ancor Cupido
Per verga d’vn suo stral l’hauea seruito
Al cenno di colei che in Papho, e in Gnido
Era adorata, ch’ei sempre in eterno
L’hauria tenuto suo nemico infido
In ciò concorse anco il voler superno
Hauendo il nome d’vn suo figlio anch’esso
Et così questi due la pace ferno.
La qual poi fatta eßendosi d’appreßo
Ridutti in vn le Muse con li Dei
Dal lato destro in vn luogo rimeßo
All’hor Vener li disse hora se sei
Qual hò detto à costor facendo quanto
Dando principio à quel che tu far dei
Ond’ei per vbidir hauendo in tanto
Accomodate staffe, et i vestimenti
Si moße con l’andar suaue tanto.
Poi con passi eleuati, e più eminenti
Con un trotto disciolto, e con gagliardo
Galoppo, e al correr dietro laßa i venti.
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