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Difference between revisions of "Modo di cacciare mano all spada (MS Italien 959)"

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== Contents ==
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== Italian transcripion by Luis Román Menéndez ==
  
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Trattato sul maneggio delle armi e della spada di G.A Lovino Milanese, dedicato ad Enrico III; con un dialogo fra l’autore e Luigi Arluno su lo stesso argomento
  
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Allo invitissimo et christianissimo Enrico III, re di Francia et Polonia:
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Io non potrei mai, sacratissimo, et invittissimo Re, con parole bastevolmente isprimere quanto io sia stato per lo continuo desideroso di farmi conoscere dalla Maestà Vostra Christianissima, per quello affettionatissimo et humilissimo servitore che le son sempre stato et sarò mentre mi viva. Ma vedendo di non poter adempire questo mio honestissimo desiderio, se non col mezo di alcuna honorata et opportuna occasione, dopò molti discorsi fatti fra me stesso, come ciò potessi fare; finalmente mi si è appresentato il modo di scoprire à V. M l'affettione et servitu mia verso di lei, col mezo di una cosa molto convenevole all grandezza dello invitto suo animo; et all altezza del suo stato reale molto conforme. La qual cosa sarà l'opera, che io di questi anni scrissi intorno all prattica et theorica del bene, et con ragione adoperare, et maneggaire, tutte le sorti di arme.
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Il che io tanto piu volentieri mi son proposto di fare; quanto che da molti iIlustri, et gran personaggi; ho inteso, come V.M sopra ogni altro suo magnanimo, et real pensiero; et tutta volta, et tutta data; a questa heroica, et principale professione delle arme: del che en posso fare ampia testimonianza al mondo, le grandi, et difficili imprese, da lei in questa sua giovenetta eta; condotte a votivo, et felice fine. La onde questo nostro secolo non fa per anchora risolversi, qual receva maggior ornamento, et splendore; o la Mta Vostra dalle arme; o le arme da lei. Io essendomi lungamente con molto prositto, honoratamente exercitato in detta scientia; la quale veramente e regina di tutte le altre scientie; come V.Mta potra giudicare col suo divinissimo ingegno; dallo armeggiare, et dallo exercitarsi, che ella fa tutto di nelle arme. Havendo scritto in questa facolta uno mio libro; et per giovare solamente; quanto in me sia; a tutti i gentilhuomini, et Cavalieri, che facciano veramente professione di arme; et di honore; ho preso animo, et sicurezza; col mezo del detto mio libro; di palesare alla Mta V. quello, che io per lo continuo, ho cotanto disiderato; cio e la infinita devotione, et servitu mia, verso la Christianissima sua corona.
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Per tanto io ho dedicato et consacrato à V. M esso mio libro, il quale le sarà saggio, et guida, di alcune altre mie fatiche, pur in tal materia fatte, che io tuttavia vado apparecchiando, per appresentargliele. Mando adunque alla M V. il libro per mano del molto generoso S Luigi Arluno, nobilissimo gentilhuomo Milanese: dal quale ciascuno honorato gentilhuomo, et Cavaliero, può honoratamente pigliare lo essempio del vero valore; et la forma della vera cortesia. Questo valoroso gentilhuomo mio principale, et caro amico, al quale per le infinite sue cortesie sono molto obligato, tutto desideroso di servire à V. M ha preso carico di appresentare il detto mio libro; alla Christianissima sua Corona, la quale priego humilmente sia servita, di accettarlo in dono, con quel benigno, et cortese animo, con che io tutto riverente glie lo porgo, et dono.
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Et non guardando punto alla qualita del dono, ma all’animo di chi glie lo dona; si ricordi che non e minor laude, a un gran Re, lo accettare le cose piccole, di quello che sia il donare le grandi. Et a V.Mta. Con ogni riverenza mi inchino; et con ogni humilta bascio i sacratissimi ginocchi.
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Di V. Mta Christianissima
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Humilissimo servitore,
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Gio: Antonio Lovino.
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Milanese.
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Lámina 1
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Havendo io veduto. Serenissimo Re il commune uso; anzi per dir meglio; piu tosto abuso; non tanto delle’persone idiote, che fanno questa professione di arme, quanto anchora di coloro, che in essa scientia hanno composto diversi volumi: circa il modo col quale l’huomo si debe appresentare per cacciar mano alla spada; nel che tutti tirati da una certa naturale inclinatione; si  fer mano con la gamba dritta inanzi; senza punto considerare che la perfettione di questa scientia, consiste primieramente in non far cosa alcuna pericolosa ne di perdimento alcuno di tempo. Per tanto accio che la Maesta Vostra, possa col suo altissimo intelletto, conoscere’da queste mie ragioni, lavera, et nuda verita del fatto; dico che volendo l’huomo metter mano alla spada: col piede dritto inazi resta in quel medesimo tempo suggetto, et in pericolo, che il nimico non si gli faccia sotto, et che gli preda il braccio. Oltra che occorre anchora questo altro incommodo; che esso nel cacciar mano alla spada; fermato nel modo che si e detto di sopra; con fatica, et con disavantaggio di un palmo di spada puo cavare’la spada del fodro. Il che non gli auverra se esso si sara fermato col piede stanco inanzi; come si puo vedere nella figura di sopra,
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come si puo vedere’nella figura di sopra, impero che egli in tal modo fermato potra con piu facilita cavar la spada del fodro: et nel medesimo instante, trovarsi appresentato in guardia: come chiaramente appare, nel seguente disegno; senza perdita alcuna di tempo, et senza mettersi a rischio di dar tempo al suo aversario: di poterlo in qual che modo soffogare.
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Appresso, per haver anchora maggior avantaggio di spada, nel cavarla del fodro; molto giova in quel tempo, che essa si cava, far che la man stanca; la qual communemente si mette alla cinta della spada a basso, tiri in quello instante in dietro il fodro; percioche cosi facendo, si viene a cavar la spada piu tosto; per lo avantaggio che si piglia, nel tirar che si fa in dietro del fodro.
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Ora, occorrendo che l’huomo si trovasse cosi vicino al suo nimico, che esso non havesse tempo alcuno di poter cavar la spada; egli potra; se si sara fermato, come di sopra; subito voltar contra la punta della spada, cosi con tutto il fodro; et in quello instante lasciar la gamba stanca in quel modo, che ella si trova; tirando solamente la gamba dritta in dietro; a modo di riverenza lunga; cacciando parimente tutto a un tempo, mano alla spada; il che si fara presto; per causa di quella ritirata; che si e fatta della gamba dritta in dietro. A questo l’huomo essercitandosi conoscera con la prattica che esso sara si presto a metter mano alla spada, come un altro al pugnale. Io potrei dire sopra di cio molte altre ragioni se io non cercassi di toccare in questi miei scritti solamente i punti principale, et necessari accio che la M.V prenda quel frutto, et senta quel gusto in questi miei componimenti, che io desidero di darle; col fuggire’ogni prolissita che potesse portarle alcuno fastidio:
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Lámina 2
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Prima fermata di spada
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Dopo cavata la spada del fodro, senza alcuna perdita di tempo: il giocatore si trovera fermato nel modo di sopra come nella figura si vede: et potra batter di subito la spada del nemico, col filo falso della sua spada; et subito battuto, cescer un man dritto sgualembrato; portando con un gran passo, la gamba dritta inanzi della stanca. Percioche quel man dritto lo portera in guardia di dentro; chiamata guardia di meza coperta; la qual sara la seconda guardia, come nella figura disegnatta Vostra Mta potra pienamente vedere.
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Ma perche suole alle voltre accadere che la spada nimica non si trova in tempo: per poterla battere; per tutto cio non dovera restare il giocatore, crescendo con la vita, far lo atto del battere; anchora che esso non battesse, et tirar il detto dritto lungo, et polito, avertendo nel tirarlo, di non si lasciar trasportare fuora di tempo; cio e fuori della linea della vita del nimico.
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Havendo portato il giocatore il man dritto nella guadia di dentro; egli crescendo con  la gamba dritta inanzi un gran passo; viene a batter la spada nimica, col falso della sua; et crescendo con la gamba stanca inanzi
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et crescendo con la gamba stanca inanzi, tirando un roverso, si trovera da capo nella guardia del dritto: gia da me detto: nel principio di questo mio ragionamento. La onde con questa mia introduttione l’huomo si fara agile, et destro: et tirera i suoi colpi da principio polti, et lunghi; alla giustezza della sua spada: et quando esso vorra batter per tirare il dritto, si trovera fermato di fuora giusto, con la punta della spada dritta, et il braccio ben disteso; et ben voltato il filo della spada: accio che il piatto della spada stia verso la terra. Oltra di cio, poi che esso havera tirato il dritto; nel modo gia recitato; egli si trovera, come si e detto; nella guadia di dentro; la quale tiene parimente il braccio ben disteso; la spada giusta, et dritta col filo buono voltato verso la spalla sua stanca; et egli ben voto, et raccolto nella vita. Ora queste due giustezze di fermate; o guardie principali, loro ragionevolmente si conviene; per esser le dette due gardie le piu utili, et le piu sicure; et quelle che ne possono piu giovare di tutte le altre guardie: per esser elle da se bastanti contra ogni altra guardia; che lo aversario possa usare. Conciosia che esse guardie solamente con lo abbassarsi, et alzarsi; secondo che il nimico si alza, et bassa; voltando sempre il filo buono contra la spada di quello; ci tiene sicuramente difesi dalla offesa nimica.
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Lámina 3
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Seconda fermata di spada
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Da queste due guardie principali: delle quali noi chiamaremo; come gioa dicemmo; quella che e di fuori, guardia di tutta coperta; et quella che e di dentro guardia di meza coperta; si puo cavare una scientia di profondissimi secreti della spada: come a luogo conveniente di questo mio trattato; con lo aiuto del Signor IDDIO; faro alla Mta. Vostra espressamente conoscere. Per tanto accio che la Mta Vostra possa intendere l’ordine, che io intendo di tenere in questo mio libro; per darle perfetta cognitione di questa scientia; ho pensato per non le portare noia, et satieta di dimostrarle distintamente con buono ordine, sotto diversi nomi, et vari abbattimenti di varie sorti di arme: tutto quello, che possino fare duo huomini venuti alle mani; cosi nello offendere, come nel difendere, et non solamente nello abbattimento della spada sola; ma nelli abbattimenti di tutte le altre sorti di arme. Mta, percioche l’huomo non si debe porre senza il divino aiuto, a fare impresa alcuna; so priego la celeste bonta a prestarmi tanto di favore, et di gratia; che to possa attendere, et compire alla Mta V. Christianissima;
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et compire alla Mta V. Christianissima; quanto le ho promesso di fare nel presente mio libro; nel quale io fuggiro, come e mio solito, ogni prolissita superflua, che si possa fare, attendendo solamente alli saldi sicuri, et veri fondamenti del vero schermire, tralasciando diversissime sorti di guardie  con li lor nomi, gia d’altri tocche; pericioche queste mie fermate, usate secondo la regola, et modo, da me descritte sono sicurissime, contra qualunque fermata si voglia; et in non molto intervallo di tempo; so con la theorica accompagnata con la prattica; faro riuscir ogni industrioso ingegno, in questa scientia dello schermire; a lodevolissima perfettione:
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Lámina 4
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Annibale reo Scipione attore.
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Scipione hevendo chiamato Annibale, per causa di honore ad abbattimento; con una spada sola: entrato nello steccato, messo mano alla spada, si pose in guardia di fuora, contra Annibale come si vede nel disegno. Annibale, allo incontro si messe in guardia di dentro, tenendo la punta della sua spada al pugno di Scipione; per impedire che esso come Attore, non possa discendere al ferire. Per la qual cosa Scipione vedendo Annibale fermato si ben giusto, et polito; cerca d’altra parte, tutti i mezi, et modi, di potere senza alcuna sua offesa coltellare col nimico. Et per far cio si alzo un poco; il perche Annibale che dovea in quel tempo soffogarlo; non lo havendo fatto; Scipione trovandosi haver tempo, battendo prima la spada nimica; gli tiro un dritto igualembrato; crescendo nel tirarlo un gran passo, con la gamba dritta; et tenendo saldo il piede stanco; ilche fatto, subito ricuperando il passo, lo porto al luogo suo di prima. Quivi Annibale per difesa del dritto, tiratogli dal nemico; ando’ad incontrare quel colpo con la spada; giustando la spada, et portando alquianto la spalla stanca,
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con un mezo canso in dietro, gli rispose con un roverso verso la gamba dritta: il qual roverso con prestezza, et con voltare il pugno della spada, fu da Scipione parato. Scipione ritornando a fermarsi nella sua guardia: per noi detta; tiro un roverso per testa ad Annibale, che fu da lui in cotal modo parato. Perche vedendo Annibale quel roverso u oltarsegli alla testa; trovandosi fermato nella guardia di dentro contra la guardia, nella quale lo aversario si era fermato; ando in quel medesimo tempo che il roverso si voltava un mezo passo col piede dritto, verso la man stanca nemica, riportando subito il piede stanco, dietro del dritto: voltando il filo buono contra il roverso: et con tal modo, havendo parato quel roverso; rispose a Scipione di un dritto alle gambe, il quale dritto su da Scipione con la votezza delle gambe; con lo abbassarsi della vita; et della spada, et con la fermata di dentro, destramente parato. Et havendo egli cio fatto; ritornando nella usata sua guardia; scosso il braccio et il pugno della spada in dietro: abbassando alquanto la punta della spada; caccio velocemente una stoccata alla volta del petto di Annibale; la quale fu da lui a questo modo parata. Che vedendo Annibale la punta nimica discendere da alto a basso, si giusto con la spada; et abbassando alqunto la sua punta, sotto quella di Scipione; con lo alzare subito la sua spada, con quella dello aversario infieme; facendosi con la spada, et con la vita, giusto; paro quella punta:
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Lámina 5
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Curtio reo Pompeo attore
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Pompeo, et Curtio, Condottosi in Campo chiuso, per diffinire certa loro querela di honore; con una spada sola; Pompeo si fermo alquanto fuori in passo; et Curtio si fermo anchor esso in passo, in guardia di dentro. Pompeo allhora che era attore, col falso della sua spada batte due volte, l’una dopo l’altra, la spada di Curtio, et battuta crescendo di subito inanzi un gran passo, gli tiro un dritto tondo per testa.
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Curtio quivi essendosi fatto forte contra le due battute di Pompeo, con lo andare col filo della spalla ad incontrarlo; vedendo  venirsi il dritto tondo violentamente verso la testa, si giusta la spada, et la vita, contra quel dritto; et portando la spalla stanca in dietro; lo venne politamente a parare. Pompeo cio vedendo , di nuovo si rimette nella guardia suo solita; et Curtio nella sua prima guardia anchora. La onde Pompeo fingendo di voltargli un roverso; col filo buono della spada gli batte per due volte, l’una dopo l’altra. La spada: tirandogli un roverso tondo per testa.
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Pompeo settendosi batter il falso della spada; subito volta il filo buono, et va ad incontrar le battute nimiche: et andando col piede stanco un mezo passo, contra la man dritta di Curtio, portando con prestezza il piede dritto dinanzi allo stanco, et voltando il pugno della spada, et giustandosi si trovo con la facilita haver parato quel roverso.
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Pompeo vedendo che Curtio ha valorosamente parato quel suo dritto, et roverso; mutando partito, gli tiro un roverso finito, insino appresso alla guarnitione della spada di fuora; poi tutto a un tempo cambia il riverso in un dritto: credendo che Curtio nel voltar il pugno contra la sua finta, dovesse la sciarsi trasportare fuora di tempo; et restasse meglio discoperto al suo dritto.
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Curtio non credendo del tutto alla finta del nimico: con giusta misura volta il pugno; poi vedendo cambiarsi nel dritto, volta il filo buono nella guardia di dentro; et giustando la spada paro felicemente quel dritto.
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Quivi fingendo Pompeo un altra volta; ma per contrario; di tirar un dritto insino al pugno della spada dello aversario; lo cambio in un reverso di mano; il quale fu da Curtio col voltare tosto il pugno della spada, attamente parato:
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Lámina 6
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Fulvio attore Flavio reo
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Essendo entrati in steccato per combattere con una sola spada, per causa di honore; Fluvio, et Flavio: Fulvio Attore si fermo in guardia alta, ben voto, et polito. Flavio per contra si fermo in guardia, detta guardia di chiamata a basso; aspettando che Fulvio discendesse: essendosi acconcio in modo che parea che invitasse Fulvio a discendere. Fulvio abbassa la punta della spada; et in quel tempo; va un mezo passo col piede dritto, seguitando il piede stanco di dietro del dritto; et battendo con la trovata la spada di Flavio , gli tira un dritto alla testa.
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Flavio in quel medesimo instante, che Fulvio abbasso la punta, per battergli la spada; se gli havesse subito crescendogli addosso con la vita,  et con la spada; impegnata la spada; lo harebbe investito di punta: ma perche non lo face, Flavio subito che Fulvio gli hebbe battuta la spada, et tirato il dritto; ben voto et giusto; fermandosi in guardia di dentro; hebbe quel dritto accortamete parato
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hebbe quel dritto accortamete parato.
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Fulvio da capo si rimette nella medesima guardia alta; et va fingendo di voler colpire Flavio, hora di punta, et hora di taglio; per portarlo fuora di tempo; et trovar modo di potere sicuramente ferirlo. Sia Flavio conosciuto il disegno dello aversario; fermato, et sicuro, sopra la sua guardia aspettativa: non crede punto ad alcuna finta del nimico: come quello che sa molto bene, che le finte non si fanno ad altro fine, che per iscoprire lo aversario: per poterlo poi piu sicuramente offendere.
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La qual cosa vedendo Fulvio non potendo far mover Flavio punto fuora della sua fermata: gli caccia determinatamente una stoccata da alto a basso alla volta della faccia. La qual stoccata Flavio che stava con gli occhi ben aperti. Aspettando quello. Che volesse fare il nimico, battendo col falso della dua spada, la spada di Fulvio;  portandola fuora della sua vita; subito che la hebbe battuta, si volto con un roverso, alla volta della gamba dritta di Fulvio: il quale roverso Fulvio con molta prestezza volto il pugno della sua spada, in guardia di fuori: ben voto, et polito: parando il detto roverso.  Il qual roverso subito che Fulvio hebbe parato: remisse a Flavio per quella medesima linea, con che paro il roverso; una imbroccata di punta: la quale, riportando Flavio tosto il piede stanco: cansando il detto piede, et la vita di dietro alla gamba dritta: et abassando ben la punta della spada, porto fuora: cosi schifando la punta nimica.
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Lámina 7
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Hortensio attore Fabritio reo
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Hortensio, et Fabritio: per querela di abbattimento, condottisi in steccato con una spada sola: Hortensio Attore, subito si fermo con la gamba stanca inanzi; con la guarnitione della spada al galone dritto; et la punta giusta contra di Fabritio; tenendo la man stanca inanzi per batter la spada di Fabritio. Fabritio dall’altra parte si fermo contra di Hortensio in guardia di dentro: et abbasando alquato la vita; stavasi aspettando cio che il nimico si volese fare: Hortensio cio veduto va tentando, et fingedo, insin che possa trovare tempo di assicuarare la spada di Fabritio. La qual fermata gli batte la spada con la man stanca; et gli caccio la punta per di dentro. Fabritio allhora trovandosi la punta battuta non la lascio pero portare fuora di tempo. Conciosia, che in quel tempo che la punta gli fu dallo aversario battuta, egli la abasso un poco; et la scosse verso la faccia di Hortensio, et nel medesimo tempo canso di vita, giustandosi col filo buono della spada in guardia de dentro; portando alquanto la spalla stanca in dietro: et restando in effetto con la vita giusta, et con la spada; hebbe con questo modo destramente parata la punta nimica.
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In quel tempo Hortensio da capo si rimette nella sua solita guardia: et fingendo di voler entrare quando  dall’uno, et cuando dall’otro lato; havendo trovato il tempo; abbassa un poco la punta della spada; et battendo la spada di Fabritio; subito gli tiro un dritto, per dargli nella gamba dritta.
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Fabritio che dovea guadagnare quel tempo de inevestire Hortensio; allhora che egli abbasso la punta della spada, per batter la sua; non lo havendo fatto, prestamente ritiro la gamba dritta appresso alla stanca; et abbassando la vita; et giustando la spada in guardia di dentro; paro coraggiosamente il colpo di Hortensio.
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Hortensio trovandosi fallito il suo disegno; va un mezo passo inanzi per fianco, verso la man dritta di Fabritio ; et determinato entra con una entrata di punta, per di fuori; di che accortosi Fabritio; che stava su lo aviso; con prestezza volto il pugno della spada, in guardia di fuora, contra la spada nimica, et politamente giustando la vita, et la spada; va un poco inanzi per fianco col piede stanco, verso la spalla dritta di Hortensio; et cansando alquanto dietro la spalla sua dritta; con ragione hebbe parato quel dritto nimico:
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Lámina 8
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Valerio reo Papirio attore
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Papirio, et Valerio, venuti insieme a deliberato abbattimento in campo libero per controversia di honore; con una spada sola, amendue si fermanrono, ad un medesimo tempo, a basso in passo ben giusto; et in guardia di dentro.
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Dove Papirio, che era attore; incomincio abbasare u npoco la punta della sua spada, sotto quella di Valerio: et battendola alquanto; gli tiro sempre alla mano; hor dritti, hor roversi tondi, hor sgualmembrati, et hor fendenti; tirandogli cotai colpi sempre con arte, et con inganno.
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Valerio dall’altra pare; per difesa delli detti colpi; va volgendo il pugno della spada, hor da un lato et hor dall’altro; rispondendo al nimico di somiglianti colpi anchora; prevenendo, per esser il primo a tirare, che Papirio habbia causa di attendere a parare; et non a ferire.
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 +
Si che accortosi Papirio; si rimette nella sua solita guardia: tenendo saldo il pugno; et con molta arte, va fingendo con la punta della spada; non si allontanando pero con queste finte, dalla spada nimica; un filo di coltello.
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Valerio anchora con simile modo di fingere, va disfacendo le finte dello aversario: et prevenendo alle sue finte; accioche esso non trovi tempo di ferire: ma prenda cura di solamente mettersi a difendersi.
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Papirio allhora pure ansioso di voler entrare; fingendo di voler entrare di dentro con molta prestezza, entra di fuora; trovando la nimica spada dal mezo in dietro: talmente che la punta di essa se ne ando quasi a toccare il petto di Valerio. Il quale da tal colpo si difese a questo modo.
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Imperoche, trovandosi Valerio quella punta vicina al petto; non havendo tempo di scodere la spada di punta; voltando subito tutta la vita; et portando in dietro la gamba, facendosi debile dinanzi; con la spada; et con agilita si difese, et con tal modo, havendo portato fuora quella punta, rispose subito a Papirio di un dritto fendente per testa; il quale fu da lui con gran fatica, et prestezza; sotto la spada coprendosi parato.
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Lámina 9
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Ottavio attore Marcello reo
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Ottavio e dimandato da Marcelo, a singolar battaglia; con una sola spada: per causa di honore: questi ritrovandosi nel campo, amendue si fermarono in guardia di dentro ben giusti, voti, et politi: volgendo i fili delle spade loro, l’uno verso dell’altro.
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Ottavio allhora; a cui come Attore tocca esser il primo a ferire; cerco di entrare di punta, per quella istessa via per la quale egli si e fermato: la qual punta Marcello porto fuora col filo della sua spada, bene et prontamente.
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Di nuovo Ottavio si rimette a segno, nella sua principiata guardia: et con travagli politi di punta; va fingendo di volere entrare, hora da questo, et hora da quel lato; per veder se egli potesse condurre Marcello fuora di tempo.
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Marcello quivi sta saldo contra le finte di Ottavio; et non gli crede punto; anzi in quel mentre che il nimico finge, esso si caccia inanzi; voltando sempre il filo buono, contra la nimica spada. Ilche veduto Ottavio, si torna un altra volta piu gagliardamente, et con prestezza a fingere; et nel fingere si caccia sempre piu inanzi.
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Marcello parimente anchora contra finge; et porta fuora sempre la punta col filo buono della spada, dove il nemico le caccia.
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Allhora vedendo Ottavio che Marcello gagliardamente si difende; determina di trovar la via di poterlo ferire: et con questo pensiero, si abbassa con la spada, et con la vita; et si discopre; accioche Marcello il seguitasse per investirlo. Ma gli ando fallito il pensiero; perche Marcello subito lo seguito di punta; per di fuoroa; andando ricercando la vita dello aversario.
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 +
Et in questo erro Marcello; che volendo pur seguitare Ottavio; doveva andare ben giusto; et volgere il filo buono, contra la spada nimica; perche esso cosi si sarebbe assicurato, che la spada di Ottavio, non l’havrebbe potuto offendere. Il quale errore conosciuto che hebbe Ottavio; con prestezza ritorno a segno in guardia di dentro; et entando sul dritto, con la vita in filo, entro con una gran punta di entrata nella spalla di Marcello.
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Una cotale punta si potea parare in piu modi: de quali duo sono i principali. Il primo era, che Marcello dovea giustarsi presto col filo buono della guardia di dentro; mettendosi in filo di vita. Il secondo modo era alzare il pugno della spada, et abbassado la punda di quella, portar la spada nimica a terra; fuora della sua vita; andando in quel tempo un poco inanzi per fianco; riportando col piede stanco subito il piede dritto, dinanzi del stanco. Con questi duo modi si potea; come ho detto; Marcello leggiadramente difendere, da una cosi fatta punta:
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Lámina 10
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Costante attore Belisario reo
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Costante con Bellisario si conduce in campo libero, et franco, per provarli con una sola spada, la intentione sua. Et quivi amendue giunti: Constante si fermo ben forte giusto, et polito, in guardia di fuora.
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Bellisario allhora si pose all’incontro di Constante in guardia di dentro. Per la qual cosa Constante come Attore, cerco di cansar di vita, per fuggir la punta dell spada di Bellisario; per entrare poi risolutamente con una punta alla volta del petto nimico; pensando di volersi servire di entrata incurvata, o vogliamo dire piu tosto gobba.
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 +
Il perche vedendo Bellisario, che Constante cerca fuggire lo impedimento della sua punta; va seguitando di tenergli sempre la punta volta alla faccia: accioche Constante non corra inanzi. Per questo contrasto, che gli fa lo aversario non riuscendo a Constante il suo disegno; vedendo che Bellisario con la punta seguita va alla faccia; et che da quel lato non vedea strada sicura di poter ferire il nimico; muta proposito, et mutato finge di volere entrare di punta; nel modo gia sudetto: poscia con gran prestezza volta un gran ramazzone di roverso da alto a basso,
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alla volta della testa di Bellisario il quale ando di subito a prevenire la finta della punta nimica. Et da questo prevenimento; si causo tutto il suo giovamento. Et fu il suo prevenimento fatto a questo modo; cio e che esso alzo la punta della sua spada, a cavalier della spada di Constante; andando col piede stanco inanzi, per fianco della banda dritta del nimico; riportando subito il piede dritto davanti del stanco; et con questo modo maccando la spada di Constante a terra levo quella finta. La qual causo, che Bellisario non hebbe da far altro, per difendersi da quel ramazzone di roverso, che gli volto il nimico; se non di alzar la spada; coprirsi sotto, inchinare alquanto la vita; et portando fuora la spada di Costante; ritrovarsi in guardia di fuora giusto. Cosi esso si ritrovo di havere attillatamente quel roverso nimico parato.
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Constante quivi si mette di novo, nella sua guardia di fuora; et assai travaglia Bellisario; con molte finte; per dargli a credere che esso voglia pur entrare, per quella strada; et finalmente dopo haverlo molto travagliato; va correndo per ferirlo. Contra del quale Bellisario, a questo modo si mosse alla difesa. Egli vi ando contra la spada; senza mover il passo, et la vita; come la ragion voleva, che dovesse fare, andando egli alla difesa, per loquale errore, esso resto discoperto di fuora. Di che avendutosi Constante, cambo la punta della spada; la quale era di dentro; riportandola di fuora; et prestamente u olto il filo buono contra la spada di Bellisario; et giustandosi, se gli caccio addosso con la spada, et con la vita; et gli caccio un palmo di spada per di fuori nell spalla dritta.
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Hon e dubbio che Bellisario hebbe quella punta da Costante perche esso non mosse il passo, et la vita; quando mosse la spada. Hon dimeno se egli fosse stato presto, con un canso di vita: andando col piede tanto verso la spalla dritta nimica: riportando il piede dritto inanzi del stanco; voltando con giustezza il filo buono della sua spada, che esso si sarebbe da quella punta difeso.
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Lámina 11
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Alessandro attore Dario reo
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Alessandro per certa offesa ricevuta da  Dario; si condusse con essolvi al paragon delle arme; con una sola spada in steccato: dove Alessandro a cui come attore, toccava andare a trovar Dario; si fermo in guardia di fuora di tutta coperta, un poco alto co la vita; et con la spada; benissimo voto, et polito.
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Dall’altra parte, Dario per contra si fermo nella guardia di dentro di meza coperta; Aspettando cio che Alessandro volesse fare. Alessandro allhora va di lungo, col piede dritto, verso la man dritta di Dario: et trovandoli la spada col filo buono, gli fa una punta in falso; accioche esso si alzi: poi lascia andare un dritto alla volta delle gambe del nimico.
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Dario, nel tempo che Alessandro gli fa la punta in falso alla faccia; si giusta con la spada, et con la vita; et per difendersi da quel dritto; si fa ben voto: et abbassando la vita, et la spada; lo paro con la guardia di dentro.
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La onde ritornando Alessandro nella sua fermata; fingendo un’altra volta di tirar un dritto a Dario; gli volge un roverso sgualembratro alla volta del braccio dritto; al quale Dario prevenne, andando contra la finta:
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andando contra la finta: poi vedendo che il nimico volta il roverso giustandosi volta anche egli il filo buono della spada in guardia di fuora cosi parando quel roverso.
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Quivi Alessandro finge di novo voler voltare il medesimo roverso; il che credendo Dario: ando con un violentia alla parata. Lasciandosi trasportare alquanto fuori di tempo. Il perche Alessandro di subito scosse la sua spada: che era di fuora; et la porto di dentro; et entrando detterminato diede una punta a Dario, il quale cansandosi nella vita, per fuggir quella punta; Alessandro cacciandosi inanzi gli prese il pugno.
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Ora quello che dovea far Dario, per fuggir  la punta, et presa di Alessandro; se ben esso si ritrovo al quanto fuori di tempo, nello andar che face alla parata; nel voltar il pugno contra finta del roverso nimico, era questo; che dovea giustarsi; tenendo la punta della spada alla faccia nimica. Imperoche se egli cosi havesse fatto; Alessandro non lo haverebbe en ferito, ne preso:
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Lámina 12
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Detio attore Bruto reo
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Essendosi condotti insieme a singolar battaglia, con una sola spada; Detio et Bruto; per causa di honore giunti che furono nello steccato; Decio si fermo in guardia di fuora; ben voto polito. Et ben disteso. Et Bruto all’incontro si fermo in guardia di dentro; molto ben fermato.
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Decio che era Attore: incomincio a tirar un montante da basso in alto alla faccia di Bruto; facendo glielo montare dalla banda stanca, et montato discese con un gran dritto sgualembrato.
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Allhora Bruto, per difesa di quel montante, lo ando ad incontrare con la spada con giustezza: et paro quel dritto, con la fermata della guardia di dentro: abbassando politamente la vita.
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Decio, havendolo quel dritto portato a basso; fice un altro montante di roverso, da basso, in alto; et gli replico dietro subito un roverso da alto, a basso: moltiplicando con prestezza a un dritto, et un roverso traversanti; finendo i duo colpi, con un fendente per testa.
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 +
Bruto quivi si face forte contra il montante: volgendo il pungo della spada, contra quel roverso; facendo con li colpi traversanti, et di guardia di dentro; dalla meza spada in dietro, con gran ragione riparo il roverso, et fendente.
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Decio allhora ultimament si abbassa ben giusto con la vita, et con la spada: et finge di volere entrare di punta di dentro; alla cui finta Bruto credendo ando con la spada, senza mover la vita, fuora di tempo alla parata. Il perche Decio subito cambando la spada di scossa di punta, per di fuora; face a Bruto una entrata di punta nel petto. Et datagli quella punta incontinente gli prese il pugno della spada.
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Se Bruto si voleva in quel punto, difendere da quella punta, et presa di Decio; bisognava che esso prima stesse saldo, ben fermato. Et giusto; contra la finta; et quando pur Decio fosse entrato di fuora, egli gli dovea con prestezza a voltare il pugno della spada, et giustarsi. Perche cosi facendo esso si sarebbe difeso da quella punta; ne dal suo aversario non sarebe stato preso.
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Lámina 13
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Mario reo Lutio attore
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Lutio condottosi da solo a solo con Mario a cimentarsi con una spada sola, per interesse di honore; entrato in steccato, subito si fermo in passo; abbassando la vita, in guardia di fuora. Mario parimente si mise contra Lutio, in passo: incurvando la vita in guardia di dentro.
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Lutio Attore, nel medesimo modo, che si fu fermato; con una entrata di punta voltossi alla faccia di Mario; dalla quale punta, Mario subito si difese, con giustarsi in filo con la vita. Peroche la porto fuora col filo buono della spada; nella guadia di dentro.
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Lutio ritorno a fermarsi, nel modo sudetto: et fermato finge un’altra volta entrar, come prima havea fatto; et subito fatto lo atto, di voler entrare, lascia un dritto alle gambe di Mario. Il quale dritto fu da Mario in tal guisa parato. Conciosia che Mario levandosi giusto contra la finta della faccia; subito incrocicchia la sua spada  di sopra a cavalier della spada nimica; et portandola di subito a terra, fuora della sua vita; mutandosi con un mezo passo fatto in quel tempo; et andando col piede stanco inanzi per fianto versola man dritta di Lutio; riportando tosto il piede dritto davanti del stanco; con tal modo venne a parare ragionevolmente quel dritto del nimico.
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Lutio vedendo non gli esser riuscita quella botta; da capo si ferma; nella gia detta guardia: et poi con gran prestezza cansa di vita, dalla banda dritta di Mario; et gli volta subito un roverso fendente per testa.
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Mario allhora va a disfare il canso di vita, di Lutio; con lo andare un passo verso la man dritta di quello; et poi andando col piede stanco, a riportare subito il piede dritto davante del stanco; et appresso levando la spada in guardia di fuora: con grande agevolezza si riparo da quel roverso.
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 +
Inuittisimo Re, fa tuuti i colpi: che si fono vedutti, ne abbattimenti, sin qui da me descritti: ben che essi sieno con bonissime ragioni fatti: nondimeno niuno ve en ha; che a mio giuditio, si possa parangonare col colpo, che la Mta. Vostra vedera fare a Vareno; nel seguente abbatimento, contra Pulfio suo nimico. Il qual colpo, Christianissimo Re; e la trovata della spada nimica. La qual trovata, si come i dinari sono il nervo principale della guerra; cosi la trovata, e il nervo, et principale fondamento, della scientia delle arme. Imperoche l’huomo non puo havere la perfetta cognitione di essa scientia; ne puo sicuramente combattere; se esso bene. Et con ragione, non fa ritrovare la spada del nimico. Pericioche con essa trovata egli viene a levare tutto quello che lo aversario suo, puo fare contra di lui; con la spada sola. Come vuestra Mta. potra apertamente comprendere nello abbattimento che segue tra Pulfio et vareno:
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Lámina 14
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Pulfio attore Vareno reo
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Pulfio adunque, et Vareno, essendosi condotti a spada sola, in steccato; per conto di honore. Pulfio a cui toccava, per ragion della sua querela, esser il primo feritore; si fermo di subito in guardia di fuora, et Vareno in guardia di dentro
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Pulfio essendosi cosi fermato; va subito, et risoluto, a trovare la spada di Vareno: il quale si era fermato nella guardia, che io dissi: et va col piede stanco inanzi, per fianco, dalla banda dritta di Vareno: et in uno instante riporta il piede dritto, davanti del stanco; et cosi levando da alto a basso, la spada di Vareno: con questa trovata cerca di esser patrone della spada nemica.
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 +
Vareno allhora, che non era manco di Pulfio dotto, in questa scientia; anchora che esso potesse fare dicoltellate a basso, di poco tempo; contra la trovata del nimico; pur si lascio da lui trovare: come quello che sapeva cio che trovandolo pottua far Pulfio: et cosi quello che esso poteva fare, trovando la aversario.
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Ora havendosi l’un, l’altro, in tal maniera trovato. Vareno di subito levo la punta della sua spada. Che era di fuora; si come era parimente di fuora, quella di Pulfio; et abbassando alquanto la vita;
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col mezo della spada in dietro impegno la spada di Pulfio; et tutto a un tempo si giusto per dargli della spada nel petto.
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Pulfio in quel punto con grande arte, et destrezza, havendo col medesimo modo, retrovata la spada di Vareno; da quella punta, che da lui gli fu tirata; subito che da lui fu trovato, coraggiosamente si difese; solamente col giustarsi: et con lo alzare la sua spada, che era a basso, et riportarla in alto. Quivi si ritrovarono ambi duo, trovati di fuora a meza spada alto: Di modo che conoscendo il Signor del campo la scientia di questi duo Cavalieri, si vi intromisse si, che li fece cordiali amici:
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Lámina 15
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Rutilio attore Furio reo
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Rutilio, et Furio; condottisi in campo libero per cimentarsi, con una spada sola, per conservatione dell’honor loro: Rutilio si fermo ben voto, et polito, in guardia di fuora, un poco alto. Allo incontro del quale si fermo parimente Furio, ben piantato, et polito; in guarida di dentro.
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Rutilio Attore si mosse, et abbassando la punta della sua spada, sotto quella di Furio: subito alzando la punta di essa, si caccia inanzi; et trova a meza spada nimica.
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Furio d’altra parte si lascia trovare; havendo prima voltato il filo buono della spada, contra la spada di Rutilio; come nella figura di sopra si vede.
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Rutilio subito trovato che hebbe Furio, conosce che egli a’posta si e lasciato trovare: non gli havendo esso fatto contrasto nel punto, che Fu ritrovato; tuttavia vedendolo si ben posto, con la spada in mano; usa arte, et ingegno in questo gioco di meza spada; et ritrovandosi l’uno, et l’altro, ritrovato di fuora; Rutilio stassi ben attaccato con la sua spada alla spada de Furio; et andando col passo del piede stanco, dalla parte dritta del nimico; cerca col passo di guadagnare quello avantaggio: et di fuggire la spada nimica.
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Furio essendosi di cio molto bene accorto; vedendo Rutilio mover il passo; egli move anche il suo passo; et va con tal ragione verso la banda nimica: che per anchora fra loro non si vedea vantaggio alguno.
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Rutilio dopo questo incomincia a maccare forte la spada di Furio; maccando giusto; et guardando col maccare di non passare i termini; per non andare fuora di tempo.
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Furio allhora sentendosi maccare la spada si indebolisce et stassi avertitio; cercando con l’agilita di condurre la spada dello aversario fuora di tempo: per poterlo poi ferire.
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La qual cosa havendo vedutto Rutilio; ritorna a maccare forte la spada di Furio; per fare che esso anchora macchi la sua; et facendosi poi debile; trovando il nimico fuor di tempo lo ferisce.
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Furio quivi sentendosi maccare; macca esso anchora: ma cossi giusto maccano ambi duo; che non si lasciano trasportar fuora di tempo; un filo di coltello.
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Lámina 16
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Sempronio Attore Carbone Reo
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Entrati in campo chiuso, Sempronio et Carbone; per decidere con la spada sola, certa loro causa di honore; ambiduo di subito quivi si fermarono a basso, in guardia di dentro.
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Sempronio Attore, si mosse et ando a trovare la spada di Carbone; alzando il pugno et abbassando la punta; et incrocicchiandola da basso, come nel disegno si vede.
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Carbone si lascia trovare; et subito che tutti duo trovati si furono, si alzarono un poco di vita: Carbone allhora levo la punta della spada, verso la faccia di Sempronio; facendosi ben giusto, et voto.
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Sempronio per difendersi dalla punta nimica, fa il medesimo: levando anche egli la punta della sua spada verso la faccia di Carbone; et voltando il filo buono contra la spada del nimico; facendosi voto, et polito; con gran ragione, a questo modo, dalla punta di Carbone si difese.
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Vedendo Carbone che la punta volta alla faccia nimica, non gli e riuscita; lascia di subito un dritto segante verso le gamba di Sempronio.
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Sempronio allhora per difesa di quel dritto; subito abbassa la spada, in guardia di dentro, da basso; con la punta verso terra: la onde amendue si trovarono un’altra volta attaccati; et trovati di meza coperta da basso; come prima.
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Carbone quivi stando con la spada cosi incrocicchiato; caccia inanzi la punta della spada; per dare nelle gambe a Sempronio, et cosi porto fuora la spada di Sempronio; che quella non lo pote ferire.
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Di nuovo Carbone abbandona la spada dello aversario; et alzatosi alquanto, caccia una punta verso il petto del nimico; abbasando subito el pugno contra la offesa della spada.
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Sempronio alhora con molta aglilita, et ragione; paro quella punta: mettendo solamente in quello instante, che Carbone gli caccio quella punta; la sua spada di sopra, dal mezo inanzi, d’cavaliero della spada nimica: et portandola a basso, fuora della vita; si saluto benissimo da quel colpo.
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Lámina 17
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Cornelio Attore Labieno Reo
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Cornelio, et Labieno; redottisi in steccato con una sola spada, ad abbattimento per chiarezza della verita: Quivi si fermarono ambiduo ben voti in guardia di dentro.
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Cornelio che era Attore: va presto per ritrovare la spada di Labieno: et fitto abbassa  la punta della sua spada, per batter con quella la spada dell’aversario: et subito battuta gli lascia un gran dritto sgualembrato; raddopiandogli di subito dietro un roverso; con gran prestezza di mano: coltellando continuamente con molta misura: accioche la spada da Labieno non gli sia trovata.
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Labieno allhora con grande arte, et cuore; va tutti quei colpi arditamente parando: il dritto di dentro et il roverso di fuora; et alcuna volta gli va parando tutti di fuora: secondo che se gli appresenta la occasione: Cacciandosi sempre inanzi parando. Per la qual cosa Cornelio fu costretto per lo continuo colpire del nimico, ritirarsi, et perder tempo; insino che esso si trovo quasi alla sbarra dello steccato: do ve finalmente la spada Labieno gli fu trovata al mezo: l’uno, et l’altro di dentro.
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Cornelio in quel tempo, maccando un tratto la spada nimica: et subito fattosi debile, con la spada diede un roverso a traverso del fianco di Labieno.
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Labieno hebbe quivi quel roverso; perche volse contramaccare; il che esso fece cosi forte, che Cornelio con la sua agilita, gli porto la spada fuora di tempo: onde egli si trovo tutto discoperto a quel roverso. Et cosi per questo egli resto battuto dal suo aversario.
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Ora il rimedio, che con ragione poteva trovare Labieno al roverso che gli tiro Cornelio; doveva esser questo; Che poi che la spada gli fu trovata; maccando Cornelio; dovea esso anchora maccare; ma maccare si giusto, che la spada non lo trasportasse fuora di tempo. Appresso se egli poi havesse voltato al roverso nimico, presto il pugno della spada, con facilita lo havrebbe parato. Et in oltre se esso fosse stato ben giusto, con la punta della spada, verso la faccia di Cornelio; Cornelio con dificulta gli havrebbe potuto voltar quel roverso.
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Lámina 18
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Domitio Attore Traiano Reo
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Domitio si condusse con Traiano in steccato: con una spada sola, per verificare il suo detto: et entrato in campo; essendosi fermato Traiano in guardia alta; egli all’incontro si fu fermato con la punta della sua spada al pugno.
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Et come che cio da alucuno non gli fosse ricordato; havendo carico di provare; ando a trovare Traiano:  con una bellissima et sicurissima trovata di spada: stando in simil guardia fermato.
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Fu la trovata di Domitio questa; che in quel medesimo tempo, che esso teneva la punta della spada verso il pugno, alzandola sopra la spada di Traiano, da alto a basso; trovo la spada nimica; et la porto con la maccata a terra; et poi si ritenne di fuora col filo buono attaccato alla spada di Traiano: andando in quello instante un mezo passo col piede dritto; riportando subito a dietro il stanco; verso la man stanca dello aversario. Il perche Traiano si trovo trovato, et suggetto alla spada di Domitio.
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Traiano allhora che si trovo serrato, et trovato; subito va inanzi per fianco, col piede dritto; riportando di dietro il stanco; et volta un dritto fendente per testa a Domitio; dal quale dritto , esso con lo appresentarsi presto in guardia di dentro, et col giustarsi con molta ragione si difese.
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Traiano di novo si ferma nella istessa guardia alta; et va cansando di vita: fingendo con la punta della spada; cosi per dare sospetto a Domitio di voler entrare hora da un lato, et hora dall’altro; come per far, che la spada non gli sia dal nimico trovata.
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Domitio dall’altro canto; che benissimo intendea questo maneggio di arme; et quivi lo dimostro; co ogni buono aviso, e studio, non attende’ad altro, che a trovare la spada nimica: sapendo molto bene, che levando lo impedimento via della spada contraria: puo sicuramente ferire il suo nimico. Et per questo stassi saldo contra le finte di Traiano: et andando sempre inanzi serrando, da capo lo va a trovare; nel modo che habbiamo detto; et subito trovatolo; maccandogli la spada a terra; levo la punta della sua spada, et diede a Traiano una punta nel petto.
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Hon e dubbio che Traiano allhora poteva, con piu modi; et con facilita difendersi da quella punta. Et fra gli altri questo era l’uno; se esso stando avertito quando Domitio levo la punta per ferirlo, havesse levato anchora la sua; cansandosi alquanto di vita; con la spalla stanca indietro; et giustandosi col filo buono, voltato in guardia di dentro. Percioche cosi facendo havrebbe parato quella punta.
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Lámina 19
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Sertorio Attore Antiamo Reo
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Sertorio sostenendo la persona di provocatore; condottosi in steccato con Antimo; con una sola spada; per contesa di honore; si fermo in guardia di fuora. Et Antimo parimente si fu fermato all’incontro in guardia pur di fuora; contra ogni stilo et ragione di arme. Percioche Antimo come Reo: si dovea fermare contra Sertorio, che era Attore: in guardia di dentro. Ma perche Antimo cosi si fermasse si dira in altro luogo.
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Sertorio, vedendo il nimico fermarsi nel modo medesimo, che egli si era fermato: penso di fermarsi contra lo aversario in guardia di dentro: sapendo molto bene, che cotale fermata non e tanto principale per difendersi, quanto anchora per offendere. Poi tutto a un tempo muta proposito: et si risolve poi, che egli si e fermato in cotal guardia di fuora; di volere anchora sostenerla; et in essa perseverare: massimamente conoscendo che questo era anchora disegno del suo aversario. Et per tanto comincia a mover il passo: fingendo di punta verso la man stanca di Antimo. Il quale cio veduto, fa il medesimo contra la man stanca di Sertorio. Di modo che insino allhora si trovavano esser pari.
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Sertorio allhora delibera trovare la spada nimica; et con tal deliberatione muta il passo al contrario del primo, caminando verso la man dritta di Anitmo; et prima andando con la gamba stanca, riportando subito il piede dritto davanti del stanco; abbassa la punta di sotto della spada nimica: et alzandosi con la spada; subito trova la spada di fuora del nimico, a meza spada: contra la qual fermata, Antimo si fermo ben fermato; et amen due in passo.
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Sertorio quivi con ragion di arme; incomincia con la trovata; stando sempre con la sua spada attaccato a quella dello aversario; a cercare ogni avantaggio; hora con cansi di vita; hora con le maccate giuste, hora con agilita; di trovar la strada di ferir il nimico. Il quale per difesa delle sadette cose va medesimamente i sopradetti contrasti facendo al suo nimico.
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Sertorio, vedendo che Antimo con molta ragione si difende; determinato di metter fine alla sua contesa; macca un tratto; poi si debolisce: et in quello instante volta un dritto fendente; et con quello colse alquanto Antimo, sopra la spada stanca.
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Laqual botta Antimo hebbe, precioche esso ando fuora di tempo, allhora che Sertorio gli macco la spada, dovendosi esso mantenere nella giustezza; nella quale egli si trovava, quando, quando si fermo primeramente.
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Lámina 20
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Torquato Attore Metello Reo
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Torquato per conto di honore entro con Metello in campo franco, con una spada sola per cimentarsi seco; et condottosi a fronte di Metello, si fermo in passo in guardia di fuora; et alquanto alto, contra di cui Metello si fu fermato in guardia di dentro.
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Torquato Attore quivi cerca di andare sempre inanzi, fingendo di punta, per impegnare con la trovata la spada nimica. Metello allo incontro ovviando, quando da u lato quando dall’altro;  che la spada non gli sia dal nimico trovata: con questo ovviamento, va pur tuttavia perdendo campo, tanto che esso si trovo condotto quasi presso alla sbarra, et corde, dello steccato; dove egli si delibero con buone coltellate di vedere se puo tenere lo aversario lontano: mettendosi con questo disegno; con molta prestezza, con dritti, et roversi semplici, et ingannevoli, da alto, et per mano: contra il Torquato a coltellare.
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Torquato dall’altra parte; ben dotto, et sicuro nel parare; va secondo la occasione, parando, quando di dentro: quando di fuora, non mancando tuttavia di tenere il nimico soffogato. Per la qual cosa Metello vedendosi a tal modo condotto, volto un roverso sgualmembrato verso la testa di Torquato con mota prestezza.
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Torquato allhora, contra quel roverso, volto subito il filo buono della spada di fuora: et cacciandosi inanzi insino alla guarnitione della spada dell'aversario: hebbe quel roverso parato, et havendo di subito con la man stanca preso la spada di Metello dentro della guarnitione, gli diede un dritto sopra la testa. Dal quale volendosi Metello difendere, bisognava che esso prima ben fermato contra le finte nimiche et non perdendo campo, facesse mostra di fingere: et se esso voleva pur coltellare, dovea abbassar la vita; et coltellare per mano; et alcune fiate travagliando il nimico fingere di voler entrare di punta. Che non e dubbio, che quando esso hebbe tirato il suo roverso, si poteva aiutare, cansando alquanto di vita, dalla banda dritta di Torquato; andando dalla banda detta inanzi; prima col piede drito; cansando poi un poco il piede stanco; nel riportarlo di dietro del piede dritto. Perche se cosi havesse fatto, havrebbe fatto duo principali effetti, fra gli altri; l’uno che esso non sarebbe stato preso; l’altro che harebbe ovviato, che Torquato non gli havrebbe potuto tirare quel dritto. Peroche esso gli sarebbe stato talmente a cavaliero, con la spada; che a Torquato non sarebbe messo bene a tirargli quel dritto.
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Lámina 21
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Martio Attore Attilio Reo
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Martio, per provar il suo detto in causa di honore; entra in campo libero con Attilio; co una spada sola, et quivi si fu fermato bene inchinato in passo a basso: ben coperto; in guardia di dentro. Attilio parimente fermossi, contra di Martio nel medesimo modo.
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Martio a cui toccava esser il primo a ferire: come Attore; incomincio a cercare di trovar la spada di Attilio; con quella medesima fermata; con la quale esso si era prima fermato. La qual cosa notando Attilio, scode di subito la sua spada, et si servi di una notabile, et bellisima scossa; la qual fu questa, che scodendo va inanzi.
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Allhora Martio, subito ritorna a trovare la spada di Attilio, di novo la scode, et la riporta di dentro della spada dello aversario: di modo che contra tutte le trovate, che uso Martio, per trovargli la spada; esso si aiuto con le sopradette scosse.
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Martio piu forte si assicura, et comincia a trovar la strada, per trovar la spada nimica, dall mezo in dietro; et la trova di dentro a basso, benn di dentro a basso, ben fermato di dentro, come si i detto dinanzi.
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Attilio vedendosi trovata la spada dall’aversario, dal mezo in dietro; stando con dubbio, che volendo a scoder la spada; non gli manchi il tempo; et che Martio in quello instante, non gli dia una punta, si giusta, et sta saldo contra la trovata nimica: aspettando cio che voglia far il nimico.
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Martio allhora macca forte, con misura, la spada di Attilio; et piu forte gli con la contramacca; allhora Attilio di subito si fa debile; et cambia la spada sopra quella di Martio; et voltando poi tosto la palma della mano stanca, sotto la guarnitione di dentro, della spada di Martio; gli prese la spada; mettendo il dito grosso nello anello della spada a basso: et con la palma della mano alla spada; subito gli prese la spada; et riportandola in dietro; gli diede’una punta nel petto.
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Ora la difesa che Martio, in quel punto, havea da fare per difendersi da quella punta; dovea esser questa, che esso con ragion potea, come diremo altrove; anchora che fosse da Attilio trovato dal mezo in dietro; scoder la spada; et sentendosi maccare, dovea maccar giusto; et non lasciarsi trasportare fuora di tempo. Overamente facendosi debile, coprirsi dal mezo in dietro della spada et alzado il pugno, abbassare la punta. Conciosia che con questa ragione governandosi  non sarebbe stato dallo aversario suo, ne ferito en preso.
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Lámina 22
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Coriolano Attore Scevola Reo
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Per diffinire con le arme, certa loro differentia di honore si condussero in steccato Coriolano, et Scevola; con una sola spada; Dove Coriolano di subito si fermo ben voto, et giusto in guardia di dentro: et Scevola in guardia di fuora; bravamente, et benissimo fermato.
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Coriolano Attore, di subito va, et trova di fuora la spada di Scevola, et trovatala con molta prestezza, lascio tre o quattro dritti sgualembrati, verso la spalla stanca di Scevola; discendendo insino al ginocchio.
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Scevola quivi contra quei dritti, voltando subito il filo buono della spada in guardia di dentro; per poter poi piu sicuramente parar quei dritti; risponde al nemico, a luogo, et tempo, nel modo medesimo, i gia detti dritti.
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Allhora Coriolano, non havendo potuto ferir Scevola; gli trova la spada di dentro, poi cambiado le dette botte, va raddoppiando molti roversi per testa: aiutandosi col passo: et in quel tempo anando col piede stanco, verso la man dritta di Scevola: riporta subito il piede dritto davanti dell stanco.
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Scevola quivi volta il filo buono della spada; portandolo in guardia di fuora: contra quei roversi, et cosi gli hebbe parati.
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Coriolano allhora vedendo che Scevola non gli faceva altro contrasto, se non solamente di attendere a parare; con molta prestezza gli trova la spada di fuora, et gli la impegna dal mezo in dietro. Poscia con la man stanca gli prende il pugno dellla spada; et mette per difesa la sua spada, contra la spada nimica; et abbassando poi il pugno della sua spada, di sotto la spada di Scevola; gli diede della guarnitione sopra i denti; mettendo in quello instante; la lacca del suo ginocchio, et tutta la gamba dritta; dietro della gamba dritta del nimico: et tirando la sua gamba di dietro, spingendolo con la mano di sopra addosso per adietro; lo mise quasi in terra. Per la qual cosa, Scevola fu sforzato di arrendersegli.
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In tal caso la difesa, che dovea far scevola; era questa. Che Scevola nel punto che Coriolano gli impegno la spada di fuora, dal mezo in dietro: subito esso dovea cansar di vita: et movendo il piede stanco, verso la man dritta di Coriolano; riportare con prestezza, il piede dritto davanti del stanco: et portar di subito la gamba stanca inanzi; et non la dritta come fece. Imperoche se egli cosi havesse fatto; non sarebbe stato preso, anzi non havendogli Coriolano fatto contrasto; esso sarebbe stato da lui preso. Come si dimostra in altra parte. Appresso di cio, oltra l’alto cadere della gamba; il rimedio era, portar la gamba sua inanzi: perche cosi facendo si sarebbe aiutato:
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Lámina 23
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Claudio Attore Nerone Reo
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Claudio, et Nerone, venuti insieme; con una spada sola a duello: per giustificatione della verita; Claudio si fermo dinanzi in passo, in guardia di dentro; piu tosto alto, che basso Nerone face il simigliante: fermandosi, come face Claudio, nella medesima guardia. Claudio subito perche era Attore: va contra di Nerone; et con la trovata gli impegna la spada dal mezo indietro. Nerone stasaldo; et ben che possa far contrasto al nimico; nol fa: ma si lascia trovare. Sapendo che lo avantaggio delle trovate consiste in colvi, che acquista tempo per ferire lo aversario.
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Claudio trovando il nimico ben piantato forte, et giusto; et che non fa punto caso della sua trovata; anzi che pare, che cerchi prevenire il tempo; cacciandosi inanzi, si mette a maccare leggiermente la spada contraria: et cio fatto, ritorna subito alla sua giustezza.
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Nerone allo incontro sta saldo; et sentendosi maccare la spada, previene subito ne si lascia mover fuora della sua giustezza: la onde Claudio comincia a maccare piu forte; ma con giustezza, et in quello instante, va un passo col piede stanco dalla banda dritta del nimico: riportando subito il piede dritto inanzi del stanco; con animo di levare allo aversario la spada fuora di giustezza. Allhora Nerone se gli oppone anchora al contrario: mettendosi contra la spada nimica, a contramaccare; ma con giusta ragione: et vedendo il nimico andar col passo per discoprirlo; va esso anchora di sfacendo il passo: andando col medesimo modo di Claudio.
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Claudio quivi delibera di non voler scodere la spada: sapendo che lo avantaggio dellla vera peritia delle arme, si intende molto meglio da colvi, che da occasione, che lo aversario scoda; che scoder esso.
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Nerone dall’altra parte fa il medesimo disegno, di non voler scodere; et non si lascia levare alcuno avantaggio: andando sempre disfacendo tutto quello, che il nimico va pensando di fare. Per la qual cosa amendue furono tenuti per benissimo intendenti di cotale heroica scientia: et dal Signore del Campo; perche la querela loro era leggiera: furono fatti restare insieme amici:
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Lámina 24
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Horatio Attore Flaminio Reo
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Da poi che si furono condotti in steccato, Horatio, et Faminio, per decidere con una spada sola; la controversia loro di honore; Horatio si fu fermato in passo ben voto di vita; et appresentato in guardia di fuora. Et Flaminio per contra, si fu fermato in guardia di dentro: et parimente in passo, et a basso.
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Horatio subito che si fermo; standosi sopra la medesima fermata; perche era Attore, si mosse, et correndo diterminato verso la banda dritta di Flaminio; entra di punta alla volta della faccia nimica.
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Flaminio vedendo cio, si giusta in filo: portando un poco la spalla stanca in dietro: et col medesimo tempo, con ragione si difese da quella entrata di punta.
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Horatio quivi da capo si rimette nella sua prima guardia; et va fingendo di voler entrare; quando di dentro, et quando di fuora: affine di trovar luogo di poter entrare.
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Flaminio allhora contra quelle finte, finge esso anchora: stando bene avertito, di non creder di maniera alle finte del nimico; si lasci trovare fuora di tempo.
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Vedendo Horatio come lo aversario insino allhora, si era accortamente da lui difeso; comincia a tentare di trovargli la spada; continuando tuttavia nella fermata sua di fuora; si come facea Flaminio, nella fermata sua di dentro. Cosi tentando Horatio va un passo inanzi per fianco col piede stanco; riportando presso il piede dritto, davanti del stanco; verso la man dritta del nimico: et poi alzando un poco il pugno della spada, abbasa la punta di quella verso terra; et incrocichhia con quella trovata, la spada di Flaminio, per di fuora. Dove Flamino, per difendersi dalla detta trovata; si alzo tosto con la spada: il perche Horatio in quello instante cambia la spada di dentro, per dare una punta a Flaminio.
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Il quale facendosi in quel punto subito in filo, paro la nimica punta: et nel parare si lascio alquanto trasportare fuora di tempo. Di che essendo Horatio accorto; con molta prestezza ricambio la punta di fuora; et entrando cola spada, cacciandosi addosso al nimico; gli diede una gran punta nella gola; et di subito gli prese anchora il pugno della spada.
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Qui e da sapere; che se voleva Flaminio da quella punta difendersi; bisognava che esso si guardasse di non si lasciar trasportare fuora di tempo, quando egli ando a parare la punta di dentro; Percioche questo suo errore, fu cagion del suo danno. Appresso dovea esso in quello instante; che Horatio scosse la punta per ferirlo di fuora; come face; col canso di vita portare inanzi, per fianco il piede stanco; et riportare il dritto, davanti del stanco: che cosi ragionevolmente difeso si sarebbe.
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Lámina 25
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Emilio Attore Sulpitio Reo
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Emilio, per ricuperamento dell’honor suo; condottosi con Sulpitio in steccato a singolar battaglia con una sola spada; si fermo ben fermato in passo, in guardia di dentro, dove allo incontro si fermo Sulpitio anchora in passo in guardia di fuora.
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Emilio, si come era Attore; incomincio a tentare di trovar la spada di Sulpitio di dentro: il quale battendo con la sua punta della sua spada, la spada di Emilio: lascia un dritto sgualembrato verso la spalla stanca del nimico: il quale dritto fu da Emilio con gran prestezza parato; con lo andare in quel tempo inanzi sul dritto; con la sua solita guardia di dentro; et col volgere il volgere il filo buono contra la offesa della spada nimica, et parato quel dritto; va tuttavia inanzi per impegnare la spada di Sulpitio. Il quale scodendosi di vita, et di spada, insino attanto che trovo tempo; lascio un fendente per testa; a Emilio.
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Emilio allhora veduto quel colpo; voltando il filo buono della sua spada, in guardia di fuora; cacciandosi nel parare ben inanzi; non solamente hebbe parato quel roverso, ma subito con la sua man stanca, batte la mano di Sulpitio di sopra in giu verso terra; et gli diede una gran coltellata di dritto sopra la testa.
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Sulpitio volendosi quivi da quella battuta, et colpo difendersi; ilche esso poteva facilmente fare; dovea, vedendo Emilio cacciarsi inanzi a parare; girar subito la vita; et portando inanzi per fianco il piede stanco, riportar tosto il piede dritto davanti del stanco; verso la spalla dritta di Emilio: che se cossi havesse fatto, non screbbe stato dal nimico offeso. Poteva egli medesimamente, subito che il pugno della spada, gli fu battuto, abbasare la testa, sotto la guarnitione della spada nimica; et alzando tosto la man stanca per incontrare la guarnitione del nimico. Prenderla nel tempo che la spada di Emilio discendeva da alto a basso, per ferirlo. Percioche egli con tal modo havrebbe impedito quella botta; et preso la guarnitione del suo aversario.
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Lámina 26
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Trebonio Attore Lepido Reo
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Trebonio da Lepido mentito: si conduce seco ad abbattimento, con una spada sola: per purgar si della recevuta mentita; et subito giunti ambi duo nello steccato; Trebonio fermossi in guardia di fuora; et Lepido dall’altro canto in guardia di dentro; l’uno et l’altro ben fermati giusti et politi.
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Trevonio Attore; che stava fermato in guardia di fuora, al quanto alto; vedendo che Lepido con la guardia di dentro, gli stava contra molto ben giusto; et con la punta della spada, molto ben gli soffogava il pugno della spada; se ne va con la spada, et con la vita, in un medesimo tempo abbassando: stando tuttavia nella medesima guardia; per fuggire lo impedimento della punta della spada di Lepido; per poterlo poi piu sicuramente ferire.
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Lepido che conosce molto bene, che lo aversario si abbassa; con tal disegno, abbassandosi esso anchora gli tiene tuttavia con la punta della sua spada il pugno soffogato.
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Trebonio veduto il suo disegno fallito; ritorna a poco a poco, ad alzarsi con la vita, et con la spada; non si volendo con giuditio, alzar tutto a un tempo; accioche Lepido non lo serrasse, et ferisse in quel tempo di punta. Lepido medesimamente con la punta al pugno si va sempre alzando; et opponendosi per lo continuo, a quanto gli disegna contra il nimico.
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Trebonio allhora finge di voler determinatamente far una entrata di punta alla volta della faccia di Lepido; il quale dubitando che quella punta non gli andasse alla faccia; con molta prestezza; oppone contra la punta nimica il filo buono della sua spada; in guardia di dentro, come prima si era fermato, cansando alquanto la spada stanca inanzi.
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Ma Trebonio che non voleva entrare dalla banda di dentro; se ben havea finto con violenza di volervi entrare; subito cambia la spada di fuora; et col voltare un poco la vita, fuora della spada nimica, caccia la sua spada a cavaliero della spada di Lepido; et gli da una gran punta nel petto mettendo tutto a un tempo la man stanca contra la guarnitione della spada nimica.
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Lepido, ben che quivi voltasse il filo buono della spada, per difesa di quella punta; non puote pero pararla. Imperoche non disface il canso di vita, che face Trebonio; per fuggir la dua spada: allhora  che egli gli fece quella entrata di punta. Il contrario del canso di Trebonio, era che Lepido girasse la vita, sopra il piede dritto: et che si fosse voltato col braccio stanco, et con la man stanca, verso la banda dritta del nimico. Pero che esso a questo modo, si sarebbe dalla nimica punta agevolmente difeso.
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Lámina 27
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Pallante Attore Diomede Reo
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Pallante per certa offesa, ricevuta da Diomede; lo chiede a gaggio di battaglia, con una sola spada, et entrati ambi duo nello steccato. Pallante si fu fermato, ben piantato voto, et polito in guardia di dentro. Il  medesimo face Diomede; percioche egli si fermo nella medesima guardia di Pallante.
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Pallante come Attore, di subito si come stava fermato va a trovare la spada di Diomede; il quale sentendo si trovare, scondendo la punta della sua spada un filo di coltello, disotto la spada del nimico; gli trova la spada di fuora.
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Pallante, che si contenta di esser stato trovato; si caccia inanzi; portando il forte cioe, il mezo in dietro della sua spada; a cavalier della spada nimica; per dargli una punta nel petto.
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Diomede allhora; subito si fortifico contra quella entrata; et porto fuora la punta; che gli veniva di fuora ma non volto punto la vita; la onde’egli si ritrovo tutto discoperto; et allargato di dentro. Del cui errore Pallante accortosi, tosto cambio la spada di dentro; et diade a Diomede una gran punta nel petto. Et prendendo gli la spada presso alla guarnitione; riportandogliela in dietro; glie la levo di mano: come appar nella figura di sopra.
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Egli e cosa chiara, che Diomede si sarebe difeso della punta nimica: et che esso non sarebbe stato da Pallante preso: se egli havesse, come volea la ragione; mosso la vita in quel tempo. che esso ando con la sua spada contra la punta di fuora. Impero che egli si sarebbe trovato a tempo, a parare la punta di dentro. Essendo la regola di questa scientia di arme; che movendosi la spada dall’una guardia all’altra; che si debba insieme mover anchora la vita; col passo a vero col canso di vita, come in molti luoghi di questo mio trattato, mi ricordo di havere insegnato, et dimostro.
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Lámina 28
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Atentor Attore Deifebo Reo
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Antenor condottosi con Deifebo a risigar Duello, con una sola spada; per mantenere il suo honore, entrato che fu in steccato col nimico; egli si fermo in passo, a basso, in guardia di fuora: et Deifebo dall’altro lato si fermo parimente a basso, in passo in guardia di dentro. Antenor Attore subito abbassa la punta della spada, di sotto della spada di Deifebo; et va cercando con la punta di investirlo di punta di fuora.
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Deifebo veduto cio, che cercava di fare lo aversario; volta subito la vita, et il filo buono della sua spada, contra la entrata di punta: et giustandosi la hebbe parata.
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Antenor allhora cambia la spada, et entra con la punta di dentro il perche Deifebo ritornando subito a voltare il filo buono della spada in guardia di dentro: con buona ragione si difese dalla punta nimica.
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Deifebo quivi di novo si rimette, nella solita sua guardia; et finge di volere di novo entrare, di dentro; per far che Antenor vada fuora di tempo alla parata di quella finta; accioche trovi sicuramente la spada di fuora; et gli ne riusci lo effetto; Perche Antenor ando fuora di tempo, contra la punta di dentro, il perche Deifebo abbasso subito la punta della sua spada, sotto quella dello aversario, et cambiandola di fuora, gli trovo et impegno’la spada: et subito che gli l’hebbe impegnata, gli prese la guarnitione della spada, et spingendola contra i denti del nimico, gli diede con la spada una gran punta della pancia.
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La difesa che havea da fare Antenor, contra la presa, et punta della spada di Deifebo; dovea esser di questa maniera; che Antenor principalmente non dovea andar fuora di tempo, quando esso ando alla parata della finta di dentro di Deifebo: ma dovea andarvi ben giusto. Et dapoi che esso fu trovato dal nimico di fuora: dovea di subito giustandosi con la spada, portare la gamba stanca, inanzi della dritta. Conciosia, che egli a questo modo , si sarebbe sicuramente da quella offesa difeso.
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Lámina 29
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Curione Attore Trebatio Reo
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Curione per aggravio del suo honore, si condusse in steccato con Trebatio; con una sola spada per ammazzarsi seco; dove giunti, amendue si fermarono a un tempo medesimo a basso con la vita, et con la spada; in guardia di dentro piegando la vita quasi insino a terra; et tenendo le spade a paro, a paro.
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Curione a cui toccava andar a trovare Trebatio, vi ando et con molta prestezza, et hora da un lato, et hora dall’altro, gli fa di bellissime finte, cacciandosi sempre inanzi col fingere. Il perche Trebatio anchora non cessa con altre finte dar sospetto, et trabaglio al nimico.
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Curione allhora dopo molte finte, trova la punta della spada del nimico: et gli la macca a terra; il che vedendo Trebatio, subito la scode. La onde Curione di novo gli trova la spada di fuora; et gli la ritorna a maccare a terra; et Trebatio allo incontro va con molta prestezza scodendo sempre la spada.
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Curione per cio comincia a trovar la spada dello aversario, dal mezo indietro, col forte della sua spada: trovandola, et ritrovandola; secondo che il nimico l’andava scodendo, maccandogliela sempre verso terra.
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Trebatio per voler quivi con molta fortezza contrastare, nel contramaccare; essendo fermato di dentro: Curione si fece debile: et con molta agilita, condusse la spada del nimico fuora di tempo: perche cambiando subito la spada, et voltando la vita; gli diede col pomo della spada, una gran botta sopra li denti: et col mettergli la gamba dritta, dietro della gamba dritta nimica, lo roverscio a terra.
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In questo caso la difesa di Trebatio, dovea esser questa. Prima che Trebatio nel contramaccare, non passasse i termini convenevoli di questa arte: come si e detto altrove; conciosia che il contramaccare fuor di misura, fu il suo primo errore. Appresso dovea Trebatio, contra il pomo della spada del nemico, che lo offese: cansare almeno di vita: mettendovi la man stanca per riparo. Et quando esso si lascio metter da Curione la gamba dietro della sua; dovea ricambiando subito la gamba; portarla dietro di quella del nimico. Imperoche se egli cosi havesse fatto, si sarebbe benissimo contraguardato da quella offesa.
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Lámina 30
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Tiberio Attore Cesareo Reo
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Tiberio per provare a Cesareo con una spada sola; che esso ha fatto da mal Cavaliero a offenderlo, con soperchieria; si condusse con lui, in campo chiuso. Dove entrato egli si fermo in guardia di fuora: et Cesareo dall’altro canto, in guardia di dentro., amendue ben fermati, et politi, Tiberio Attore, entra di subito con una entrata di punta al petto nimico; per difesa della quale, Cesareo si volta presto di vita, et porta alquanto in dietro la spalla stanca; et giustandosi con la spada; da quella punta sicuramente si difese.
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Tiberio allhora ritorno a fermarsi; et fermato finge di voler fare la medesima entrata di punta: alla quale non credendo Cesareo; va sempre tenendogli la punta della spada, alla faccia: accioche volendo Tiberio entrare, non lo possa fare; se prima non trova modo, di levar via la spada, che lo impedisce.
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Tiberio in tal caso, va di lungo, con gran prestezza a trovare la spada nimica di fuora; dal mezo inanzi insino appresso alla guarnitione della spada;  et in quello instante, abbassa la vita sotto la spada, et mettendo il braccio dritto a traverso del petto del aversario; et la mano al braccio stanco, et la gamba dritta, dietro della gamba stanca di Cesareo; procaccia con questi modi, di levargli la possanza da ogni banda. Et dopo questo, ricambiando subito la spada, la quale era di fuora, di dentro; per assicurarsi che la spada non gli potesse nuocere; con questa presa, con molta prestezza, et laggiadria; misse il nimico a terra: il quale di subito se gli arrendette.
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Ora per dire del modo, con che Cesareo, si poteva difendere da cotale presa; dico che Cesareo dovea subito, che la spada di fuora gli fu trovata; contramaccare tosto, la spada di Tiberio; et cacciarla a terra, con la forte, et giusta contramaccata. Et di piu egli dovea girar la vita sopra il piede stanco in dietro per traverso il piede dritto; aiutandosi altra di cio, con la sua man stanca; che in tal guisa, egli si saria con bonissima ragione, da quella presa benissimo difeso.
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Lámina 31
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Metio Attore Polinice Reo
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Metio, et Polinice, si conducono in steccato; per diffinire con una spada sola, certa loro querela di abbattimento; et entrati in campo, tutti duo, si fermarono in guardia di dentro.
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Metio, che era Attore; essercitato nelle coltellate di tutto tempo; di mezo tempo; et di contratempo; et parimente dotto nelle scosse, nelle maccate; et contramaccate; et anchora esperto nelle finte, di infinite maniere. Et medesimamente sicuro in tutti i modi, nella vera, et perfetta scientia delle arme. Subito che egli si fu appresentato con la spada; va detterminato, et ben giusto; con una punta perdi dentro, in faccia  a Polinice, et subito cambiando la spada, di sotto della spada nimica; ritrovandosi gia inanzi insino alla guarnitione dello aversario; trova la spada di Polinice di fuora; et cacciandosi inanzi gli mette il braccio dritto a traverso del collo; et la gamba dritta, dinanzi alla dritta; et opponendo la sua spada, contra quella dello aversario; battendogli a questo modo il sedere; lo caccio a terra, senza fargli altro male. Per la qual cosa Polinice se gli arrese. Del quale atto Metio fu da tuti gli astanti, che quivi si trovarono sommamente commendato.
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Volendosi Polinice difendere da questa presa, principalmente si dovea ben giustare, voltando la vita in filo, et con la spada ben giusta in guardia di dentro; difendere la entrata di punta qual li fece Metio verso la faccia; non lasciandosi trasportar punto fuori di tempo; che a questo modo Metio non haria si facilmente trovato luogo di cambiare la spada per di fuori; et di prenderlo , et oltra di questo quantunque Metio havesse con tanta prestezza cambiato la spada, come egli face, dovea Polinice usare questo secondo rimedio subito che era di voltare in quel tempo il filo buono della sua spada di fuori giustandosi, et fortificandosi, et cansando al quanto di vita, andar un mezo passo col piede stanco verso la man della spada nemica, riportando subito il piede dritto avanti del stanco, che a questo modo si saria con molta ragione honoratamente difeso.
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Lámina 32
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Polidoro Attore Troilo Reo
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Polidoro, et Troilo, condottisi in steccato, a spada et pugnale; per obligo di honore: Polidoro si appresento in gran passo; con la gamba stanca inanzi; tenendo il braccio del pugnale cosi ben disteso, che il pugnale avanzava la punta della sua spada: et la guarnitione della spada appogiata al fianco suo dritto: et la punta della spada, verso la vita nimica. Troilo all’incontro si appresento in passo, et si fermo in guardia di dentro: tenendo il pugnale bene accompagnato con la spada, come si vede nella figura di sopra.
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Polidoro anchora che esso si fosse fermato sopra quella guardia, che piu tosto si puo chiamare guardia di aspettatione, che altramente: nondimeno sostenendo quivi la persona di attore; cerca col pugnale levar via la punta della spada di Troilo: per potere poi, o coltellare, o entrare di punta: come meglio gli torni.
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Trolio allo incontro vedendo, che il nimico cerca di battergli la punta della spada, col pugnale, va in quel tempo abbassandola; cercando tuttavia di serrare Polidoro, per di fuora:
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et pero va sempre col piede stanco verso la man dritta nimica portando dinanzi del piede stanco, subito il piede dritto; per serrare lo aversario di fuora: come quello che conosce esser maggior vantaggio il serrare il nimico di fuora; che il serrarlo di dentro: cosi per causa del pugnale nimico; come perche egli sa, che il suo aversario trovandosi serrato di dentro; con piu facilita puo scodere la sua spada: et coltellare, massimamente con lo aiuto del pugnale: cosa che esso non potrebbe fare, trovandosi serrato di fuora.
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Polidoro allhora havendo veduto, che Troilo con un cosi bel modo, il va serrando, che non trova tempo di poter far cosa alcuna: percioche havea pensato che il nimico dovesse mettersi a coltellare; contra le quai coltellate, si persuadeva di sicuro; col pararle di punta, o di taglio; in quel tempo di entrare, e di ferire lo aversario: et a questo fine esso si era appresentato sopra quella guardia; conoscendo che Troilo non cerca altro, che di cacciarsi inanzi, per serrarlo, et ferirlo poi di punta; cercando esso di fare anchora il medesimo; va contra la serrata della spada nimica; girando la gamba dritta in dietro, verso la man del suo pugnale; et portando sempre la punta della sua spada, contra la punta della spada di Troilo aiutandosi con quel giro di vita; venne per lo continuo a disfare tutto quello, che il suo contrario faceva; per serrarlo; et per trovargli la spada. Di maniera, che ambiduo da chi gli vide, menar le mani furono tenuti per huomini eccellenti en maneggi delle arme: et da comuni amici costretti a riconciliarsi insieme.
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Lámina 33
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Fabio Attore Livio Reo
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Fabio per non mancare all’honor suo, si condusse con Livio in steccato; al guiditio delle armi; a spada et pugnale, dove Fabbio come Attore, che egli era; si fu fermato in passo; con la gamba dritta inanzi, in guardia di fuora: col pugno della spada in dietro: et col braccio del pugnale ben disteso inanzi. Livio dall’altra parte, fermossi anche egli in guarida di dentro: accompagnado bene il pugnale con la spada.
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Fabio essendo in questa sua querela Attore; batte col pugnale, la punta della spada di Livio; et poi gli caccia di subito una stoccata alla volta del petto.
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Livio che stava benissimo avertito, in quello instante, che la punta della spada gli fu battuta, abbassa un poco la punta della sua spada; per scoderla dal pugnale nimico; et appresso va col piede dritto, un passo verso la man stanca di Fabio; et fattosi ben giusto, con la spada, et col pugnale, insieme accompagnati; paro honoratamente quella stoccata, et subito gli rispose di un dritto, alla volta del braccio del pugnale.
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Fabio allhora per difesa di quel dritto; subito voltando il filo buono della sua spada; accompagnata col pugnale, in guardia di dentro; hebbe quel dritto parato; et fatto questo l’uno, et l’altro si ritorno a rimettere nella sua prima guardia.
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Fabio pure ostinato di stare su quella guardia, sopra della quale stando, sa che per coltellare essa porta assai tempo; et che non puo servirsi se non di punta; tanto piu fidandosi dal pugnale; di novo incomincia con le finte a travagliare Livio; con disegno di trovado scoperto; per poterlo sicuramente poi ferire; Ma Livio standosi pur saldo contra le finte di Fabio; va anchor esso fingendo; accioche il nimico, no tanto, non habbia cagione di cercar di offenderlo; quanto anchora di difendersi.
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Fabio quivi fingendo di voler batter un’altra volta, col pugnale la spada di Livio; subito abbasa la punta della sua spada; et battendogli la spada, gli tira un gran dritto fentende per testa.
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Livio in quel tempo, con tutto che la spada gli fosse da Fabio battuta; si giusta prestamente; et con un canso di vita; et con la spalla stanca in dietro; paro molto bene quel dritto. Cuero che egli poteva in vestire con buona ragione lo aversario; entrando di punta, serrando con la spada il pugnale; allhora che Fabio abbaso la punta della sua spada; per battergli la sua.
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Lámina 34
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Affranio Attore Ottone Reo
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Afranio condottosi con Ottone allo abbattimento, con spada et pugnale; per differentia di honore; si fermo nello steccato, contra il suo nimico, a basso in guardia di fuora; in passo; col braccio del pugnale molto ben disteso; tenendo il pugnale contra la spada di Ottone; Ottone allo incontro, si fu fermato in passo a basso in guardia di dentro; havendo il pugnale accompagnato con la spada.
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Affranio, come Attore; tenta hora di dentro, et hora di fuora; di trovare la spada di Ottone; dalla meza spada inanzi; la quale Ottone va sempre politamente scodendo: en per tutto cio si lascia levare punto del suo campo.
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Affranio di nuovo delibera di voler pur trovare la spada di Ottone; percioche esso sa che trovata che gli habbia la spada; sara sicuro di haver tolto via ogni impedimento, et nocumento, con che lo aversario, gli potesse nuocere. Poi che egli non gli ha potuto trovare la spada; dalla meza spada inanzi:
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et per haverla il nimico sempre cosi politamente scossa; si delibera di trovargli la spada dal mezo in dietro: et percio fare si ferma ben saldo; et fingendo di voler entrare di punta, da quel lato; dove si trovava fermato; va subito inanzi per fianco; verso la man dritta del nimico; col piede stanco; et riportando subito il piede dritto inanzi del stanco; abbassa in quello instante, la punta della sua spada, incrocichhiddo da alto, a basso, et dal mezo in dietro la spada di Ottone; et facendo un mezo canso di vita; come si vede nel disegno, diede una pugnalata nel petto a Ottone.
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 +
Ottone ando bene allhora col suo pugnale alla parata della botta del petto; et fece lo atto per volersi difendere da quella botta; ma fu tardo; percioche gia quel corpo, havea preso lo avantaggio alla offesa allhora, che esso si appresento alla difesa.
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Se Ottone voleva a tempo difendersi da quella offesa; egli dovea portare la gamba dritta inanzi; quando Affranio gli trovo la spada. Imperoche Affranio non gli harebbe tolto avantaggio alcuno. Appresso esso havrebbe con facilita portato fuora col suo pugnale, la pugnalata, che il suo nimico gli diede:
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Lámina 35
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Ascanio Attore Lauso Reo
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Ascanio per mantener l’honor suo, si condusse in steccato con Lauso; a spada et pugnale; et quivi appresentatosi, si fermo molto bene in guardia di dentro; accompagnando la spada col pugnale. Di lui non men bene si fermo Lauso; alto in guardia di fuora; appresentando il suo pugnale con la spada di Ascanio.
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Ascanio Attore, va con la punta della sua spada soffogando il pugno della spada di Lauso: ilquale allo incontro va scodendo il pugno; alzandolo pur sempre alquanto; et per esser cosi dallo aversario soffogato, viene a perder del Campo.
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Ascanio allhora abbassa la punta della spada, sotto quella del nimico; poi la scode di fuora; et scossa che l’ha, trova la spada nimica di fuora; insino presso alla guarnitione; et subito che vede haver gliela impegnata; gli da del pugnale nel petto, una gran pugnalata.
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Lauso in quel punto, fa quanto sa, et puo, per voler col pugnale portar fuora la punta del pugnale nimico:
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ma vedendo no esser stato presto alla parata; inchina la schiena in dietro; pensando cosi facendo, diminuire la botta; et fece peggio. Pero che piu tosto dovea inchinarsi inanzi: percioche haverebbe portatto la pancia in dietro. Il che esso no fece, per haversi voluto inchinare indietro.
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 +
Et per venire alla difesa che dovea far Lauso, contra quella pugnalata; dico che egli dovea, quando fuda Ascanio trovato di fuora; col medesimo modo, con che fu trovato, cacciarsi con la punta della sua spada inanzi, verso la vita dello aversario ; maccandogli la spada verso terra; che non tanto non gli sarebbe stata quella trovata al disavantaggio; ma a grande avantaggio. Dovea esso anchora parare quella pugnalata; che gli fu da Ascanio tirata, al contrario di quello, che egli fece; portandola fuora col filo; et non col piatto del pugnale. Percioche il suo pugnale si trovo haver poca forza, nel portar fuora la pugnalata di Ascanio: si per la tardezza, con la quale esso ando alla parata; si perche fece la parata col piatto del pugnale; come si e gia detto.
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Lámina 36
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Tarquino Attore Celio Reo
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Spinto dall honor suo Tarquino, chiamo Celio allo steccato; per provarli la sua intentione: con una spada, et pugnale; dove amendue appresentatisi, Tarquino si fermo in guardia di fuora: ben fermato con la spada, et pugnale. Et Celio dall’altro lato, si fermo ben appresentato in guardia di dentro.
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Tarquino, a cui toccava provare: come intendente, et prattico nello esercitio delle arme; havendo determinato di veder toto il fine di questo suo abbattimento; va deliberato inanzi; et trova dal mezzo in dietro dalla spada di fuora, la spada di Celio, et subito col pugnale per di dentro, fa duo effetti: prima gli impegna la spada; et poi gli da una pugnalata nella gola. He di chio contento in quel medesimo tempo. Ritirando a se la sua spada; che era attaccata di fuora, alla spada dello aversario; gli diede anchora una punta nella pancia, di modo, che in un medesimo instante, lo feri col pugnale, et con la spada. Il perche Tarquino fu quivi da tutti i circonstanti, sommamente lodato di scientia, et di valore.
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Ora per dire come Celio si havesse potuto difendere dalle due punte nimiche, dico, che esso contra la trovata, che gli face Tarquino della spada di fuora; dovea allhora molto ben giustarsi; et fortificare molto bene la spada col pugnale; perche se cosi havesse fatto, il nimico non harebbe potuto dargli quella pugnalata. Se egli come ho detto, giustandosi havesse accompagnato il pugnale, con la spada. Oltra di questo, se esso havesse solamente abbassata la punta della sua spada, col canso di vita; altre voltre ricordato; si sarebbe difeso da quella punta. Conciosia cosa, che e molto meglio; senza comparatione; et piu sicuro; difendersi dalle punte delle spade; con le medesime spade, che col pugnali.
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Lámina 37
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Regolo Attore Pollione Reo
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Regolo, per non esser tenuto calunniatore, chiamato Pollione in steccato: per verificarli il suo detto; con una spada, et pugnale; entrato in campo col nimico; si fermo, bene accompagnato havendo il pugnale con la spada; in guardia di dentro. Contra del quale Pollione con la spada, in guardia di dentro. Contra del quale Pollione con la spada,  et col pugnale, si fermo in guardia di fuora.
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Regolo, che era molto intendente, et bene esperto nel maneggio dell’arme: cupido di ricuperare il suo honore; considerando che non era da perder tempo, nel coltellare, di che sorte, che si fosse; ne anchora nelle finte; va risoluto di lungo con la sua spada; et trova di fuora la spada di Pollione; trovandola un poco piu, dalla meza spada in dietro, et trovatala, porta subito la gamba stanca, con un gran passo inanzi; et col pugnale havendo anchora ritrovata la medesima spada nimica di fuora, insino presso alla guarnitione, portandola subito col pugnale a basso; diede a Pollione una pugnalata nel petto; et scodendo nel medesimo tempo la sua spada, gli diede anchora con la spada, una punta nella pancia.
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Di maniera che in un medesimo tempo, feri il nimico col pugnale di punta; et con la spada.
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In tal caso la diefesa di Pollione contra le due punte nimiche di Regolo, doveva esser tale. Dovea egli prima, contra la trovata della spada nimica; fortificarsi con la sua spada; con giusta misura; et contra la trovata del pugnale; poteva poi far duo effetti: l’uno aiutarsi col suo pugnale; l’altro con un canso di vita impegnarle la spada di Regolo; voltando subito con aglilita la spada; et ricansare dalla banda del pugnale dello averario con la vita. Imperoche a questo modo, non solament havrebbe portato fuora la entrata di punta del pugnale nimico; ma haria trovato di poterli lasciare un gran dritto per testa.
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 +
Che se ben Pollitione ando alla parata, contra la punta della spada di Regolo, col suo pugnale; nondimeno per cagione degli errori suoi; detti poco fa; oltra la tardanza usata nello andare alla detta parata; esso resto in un medesimo tempo, ferito dal pugnale, et dalla spada dello averario suo.
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Dapoi che si e detto; Sacratissima Maesta; degli abbattimenti della spada sola, et cosi della spada, et del pugnale; ragionevole cosa e che volendo noi seguire l’ordine di questo nostro trattato; veniamo hora a scrivere alcuna cosa di quelli abbattimenti, che si fanno con la spada et con la imbracciatura della Cappa. Le quali imbracciature si possono fare in duo modi; si come la Mta Vostra, potrai chiaramente vedere; ne fatti seguenti.
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Lámina 38
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Clario Attore Vespasiano Reo
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Clario Attore condottosi a Duello con Vespasiano: per contesa di honore: a spada et Cappa: subito udito il segno di menar le mani con lo aversario; caccia mano alla spada; et con la mano stanca poi piglia la Cappa appresso il Cappino; et subito a un tratto, se la avolge intorno al braccio.
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Vespisiano anche egli caccia prima mano di subito alla spada; et poi fa un altro modo d’imbracciatura; il quale modo piace piu di ogni altro, che si possa fare: Egli subito che hebbe cavata la spada del fodro; con la mano stanca, se la volto a traverso i fianchi; et dapoi pigliando con gran galanteria tutta la sua Cappa; subito senza perdita di tempo, se la trovo tutta sopra il braccio.
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Questo modo di imbracciare la Cappa che face Vespasiano; fra gli altri molti avantaggi, che egli ha , vi ha anchora questo; che si ha la Cappa in liberta, di poterla lanciare addosso al nimico; quando ne pare di farlo: anchora che l’huomo la si trovasse ben piegatta, sopra el braccio.
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Quantunque io non laudi il parar le botte con la Cappa; quando si possono parare con la spada. Conciosia che noi ci debbiamo servire della Cappa, a stretto bisogno di parare; o vero in caso di volerla trarre in testa al nostro nimico: o pure quando noi havessimo addosso piu di uno, che ci volesse offendere.
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Clario subito imbracciato la Cappa, senza ponto fermarsi, comincia a salutar Vespasiano con buone coltellate libere, et inganncuoli, con molta politezza et leggiadria.
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Vespasiano, ne per questo punto si marrisce di cuore, anzi si caccia inanzi tuttavia parando, havendo ben la Cappa accompagnata con la spada; et non tanto si cura di parare, come di rispondere; anchora al suo aversario; con gagliarde coltellate, di modo di che, et l’uno et l’altro , con tanta prestezza me narono le mani senza lor danno alcuno; che vedendo li Signori del Campo il loro abbattimento si ugualmente ruiscito, li partirono, et gli fece amici:
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Lámina 39
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Planco Attore Cassio Reo
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Planco aggravato nell’honore, da Cassio; si condusse con esso lui, a spada et Cappa in campo: dove entrato, come Attore; si appresento; con grandissima sodisfattione de riguardanti; ben fermato: alto con la punta della spada, verso il petto di Cassio; et con la Cappa con buona ragione imbracciata; tenendo il braccio della cappa benissimo disteso.
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Cassio allo incontro si fu fermato ben polito, suelto, et ben voto in guardia di dentro; tenendo il braccio della spada ben disteso; con la imbracciatura accompagnata appresso alla guarnitione della sua spada. Come amendue si possono vedere nelle figura di sopra.
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Planco quivi con molta leggiadria di persona, et fierezza di cuore; incomincio con dritti, et roversi, di ogni sorte lunghi, et politi: cosi liberi come ingannevoli, tirare alla vita di Cassio; i quai colpi; Cassio non meno dell’aversario dotto nelle difese; senza perder nulla di terreno; hor di dentro, hor di fuora, della sua spada; va con giusta misura, destramente parando.
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Planco ritorna allhora sempre nella sua guardia; et in ella comincia con molte belle finte di punta, di finger di voler entrare alla vita di Cassio; et alle volte assicurandosi della Cappa, che teneva inanzi per difesa; lanciava delle stoccate al nimico.
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Cassio stassi quivi sicuro, et saldo; contra le finte nimiche. Sapendo che la finta non e quella che faccia la botta; ma che ella fa solamente la strada aperta al ferire: et contra le stoccate che gli vengono lanciate da Planco, si difende solamente col torle suso, con la meta della spada inanzi: portandole di fuora col giustarsi; et con la Cappa accompagnata con la spada: andando un mezo passo inanzi per fianco; verso la mandritta nimica. Et andando prima col piede stanco, et riportando subito il piede dritto davanti del stanco; con molta ragione, et arte; hebbe tutti i colpi di planco parati. Di maniera, che essendo l’uno, et l’altro della loro maestria sommamente lodato; fuorono dal Signor del Campo partiti et fatti restar amicci:
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Lámina 40
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Sestilio Attore Volunnio Reo
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Sestilio per non restare in dubbio del suo honore; chiamato Volunnio in campo chiuso; venuti allo incontro l’uno, dell’altro; Sestilio molto perito nella scientia delle arme; si delibera essendo suo il carico di provare: senza perdita di tempo; di trovare solamente; voglia, o non voglia: al primo tratto la spada di Volunnio; et trovarla talmente sicura, che non tanto Volunnio non lo possa offendere; ma ne anchora scodere la sua spada. Et per tanto essendosi esso fermato in guardia di fuora; et lo aversario in guardia di dentro; l’uno, et l’altro, in passo a basso; con le Cappe bene imbracciate, et accompagnate con le spade loro; Sestilio subito va inanzi per fianco; col suo piede stanco verso la mano della spada di Volunnio; et crescendo inanzi col piede dritto; et abbassando la punta della sua spada verso terra; trova la spada nimica quasi presso alla guarnitione; et la porta fuora di tempo, con la trovata, et subito portando inanzi la gamba stanca, davanti della dritta; getta la Cappa in Capo allo aversario, come nel disegno espressamente si vede.
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Volunnio allhora, se fosse stato ben instrutto della ragion delle arme; volendo difendere dalla spada, et Cappa del nimico; bisognava che fosse andato alla difesa, alla quale esso poteva andare in piu modi. Percioche egli primieramente poteva contra la trovata della spada di Sestilio, cansarsi in quello instante di vita; et sarebbe stato ben fatto; et portando il piede stanco davanti del dritto; voltar il filo falso della spada, con l’agilita della vita, contra la trovata nimica. Pero che a questo modo; fra gli altri; egli sarebbe stato con avantaggio sopra della spada del nimico: et con facilita haria potuto atterrare la Cappa di quello: et con molta peritia difendersi dall’una, et dall’altra offesa; che Sestilio gli fece.
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Lámina 41
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Mutiano Attore Torano Reo
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Mutiano mentito da Torano; per rilevarsi dalla ricevuta mentita si conduce seco a duello: con spada, et Brocchiero; et entrato in campo si appresenta con la gamba stanca inanzi in passo; col Brocchiero ben fermato in mano; et col braccio del Brocchiero ben disteso: portando la spada in dietro a basso con una sbarrata.
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Torano dall’altra parte si fu fermato con la gamba dritta inanzi, in passo in guardia di dentro: col Brocchiero ben accompagnato, con la guarnitione della spada.
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Mutiano allhora, che era Attore; incomincia da quel lato, dove egli si ritrova fermato; a tirare di sotto in su, con molta prestezza: de li montanti, et tirati i montanti, trovandosi di haversli portati alti; subito gli raddoppia dietro, un roverso sgualembrato, et presto ritorna su la sua prima fermata.
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Torano quivi difesa de li montanti, si caccia inanzi, per prevenire quei colpi: et nel modo, col quale si era fermato; si difese da quei montanti. Il che vedendo Mutiano, scosse di subito la sua spada; et tiro un roverso al nimico: contra del quale ando Torano; et col filo buono della spada; voltato in guardia di fuora, prestamente si difese.
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Mutiano essendo gia tornato nella sua solita guardia; standosi fermato; comincia con gran prestezza a tirare alcuni dritti tondi; l’uno presso all’altro, per testa allo aversario. Da i cui colpi, egli a questo modo, con molta arte, arditamente si fu difeso. Percioche andando esso contra quei dritti tondi, col filo buono della spada, fortificata col Brocchiero: et acompagnando il passo, fatto prima con la gamba stanca, verso la spada nimica; et da poi riportando di subito il piede dritto inanzi del stanco; venne con molta destrezza a schermirsi da quei colpi.
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Lámina 42
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Menesteo Attore Rutiliano Reo
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Menesteo per non starsi in contumacia del suo honore, sfido Rutiliano in steccato; a spada et Brocchiero; dove essendo entrati ambi duo; l’uno dall’una parte; et l’altro dall altra; Menesteo Attore, subito con molta ragione; si fermo quasi in guardia di fuora: accompagnado ben la spada col Brocchiero: et tenendo il filo buono della sua spada, contra la offesa, che gli potesse venire dal nimico.
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Rutiliano quivi contra di Menesteo si fermo egli parimente in guardia di chiamata a basso: bene accompagnando il Brocchiero con la spada; stando aspettando per sostenere la persona di Reo; cio che voglia fare il nimico, come e di sopra figuratto.
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Menesteo non meno prattico, et saputo, nel maneggio delle arme di quello, che fosse il suo contrario; conoscendo molto bene, per lunga prattica, et esperientia; tutto quello che puo far il nimico; sopra quella sua fermata; et quanto esso anchora possa fare, contra il suo aversario: va molto bene considerato;
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et governandosi co termini ragionevoli, si caccia pian piano inanzi; et tenendo saldo il pugno della sua spada; finge solamente con la punta di quella, di volerla abbassare; per trovare la spada di Rutiliano; cacciandosi tuttavia piu sempre inanzi.
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Rutiliano dall’altro canto, che intende egli anchora la ragione delle arme; poi che a lui tocca solamente a difendersi; con tutto che esso sappia, che la sua postura, o fermata, che vogliamo chiamarla; possa fare molti tratti; come sarebbe fra gli altri; batter di sotto in su la punta della spada del nimico; et tirargli di buone coltellate lunghe: o vero travagliarlo con buone punte: nondimeno scodendo la sua spada, di sotto quella di Menesteo; fingendo di voler entrare hora da una parte, et hora dall’altra; ben che non voglia entrare; stassi solamente aspettando, che il nimico venga a cercarlo; come a lui per ragion di Duello si appartiene di fare.
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Menesteo anchora con la punta della sua spada contra finge; et sta aspettando che Rutiliano determinatamente entri di punta di fuora; come gli venne fatto. Imperoche Rutiliano ben fortificato il Brocchiero, con la spada, entro per dargli una punta nella spalla dritta. La qual entrata di punta, Menesteo con molta maestria, con alzare solamente la spada, in guardia di fuora; tirando in quel tempo il piede stanco, appresso del dritto; et bene giustandosi; paro bravamente.
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Lámina 43
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Varrone Attore Ligario Reo
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Varrone per non lasciare l’honor suo in pendente chiamo Ligario in steccato; per risigar seco duello; con una spada; et brocchiero. Et giunti in campo, Varrone si appresento contra Ligario in guardia di fuora; col Brocchiero unito benissimo alla spada, secondo la ragione di esse arme. Ligario si appresento dall’altro lato, medesimamente fermato molto bene in guardia di dentro; col suo Brocchiero giunto alla spada. Varrone a cui quivi toccava esser primo a colpire; tiro duo dritti lunghi, alla volta delle gambe di Ligario; il quale abbassandosi gli paro prestamente con la sua fermata di dentro. Varrone vedendo che lo aversario para molto bene le sue coltellate; incomincia a ricircare, hora di dentro, et hora di fuora, di trovare la spada di Ligario; dalla meta della spada inanzi; ma Ligario con buona ragione va sempre la sua spada scodendo.
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Varrone allhora si caccia inanzi; et trova la spada nimica, insino presso alla guarnitione; atterrando la spada sino a terra. Il perche il nimico cerco con molta prestezza, di alzare la sua spada in alto: la quale di gia era suggeta alla spada nimica. Ma Varrone in quello instante porto inanzi la gamba stanca; et caccio il suo Brocchiero
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il suo Brocchiero sotto alla guarnitione di Ligario et gli caccio la guarnitione quasi presso alla faccia: et subito ricovrando la spada in dietro, gli diede una gran punta nella pancia.
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Quivi il modo, con che si dovea Ligario difendere da quella offesa, dovea esser tale; che Ligario contra la trovata di Varrone poteva di subito con un canso di vita, verso la man del brocchiero; voltando con agilita, il filo falso della spada; difendersi da quella trovata. Percioche cosi facendo non sarebbe stato suggetto ne’alla soffogatione del Brocchiero; ne alla punta della spada del nimico.
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Sora vediamo; con tutto che Ligario facesse quivi tutti gli errori; se vi era modo alcuno di levare almeno fuora la punta della spada di Varrone: dicho che si; et che lo poteva fare con molta facilita: portando solamente in quello instante, che si trovo soffogato col Brocchiero, la gamba stanca inanzi, sul dritto della vita nimica. Pero che con questo modo havrebbe col suo brocchiero portato fuora la punta che gli tiro Varrone.
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Lámina 45
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Clodio Attore Gabinio Reo
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Clodio, et Gabinio; condottisi per differentia di honore, in campo libero, et franco: a spada, et rotella; tutti duo si furono fermati, in guardia di dentro: con le rotelle molto bene accompagnato alle spade loro.
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Clodio, che sostenea la persona di Attore: ricerca di trovare la spada di Gabinio; come colvi che conosce, che volendo servirsi di coltellate, di qualunque sorte si sieno; non gli riusciranno ad effetto; si per la sicurezza che ha lo aversario suo nella spada sola; di difendersi dalle coltellate; si anchora perche ha la rotella accompagnata con la spada. Percio trova la spada nimica di dentro, in quello atto, che ambiduo si trovarono quivi appresentati: et appresso incomincia a maccargliela, per veder se la puo levare; o condurre fuora di tempo. Il che vedendo Gabino, macca esso anchora: non passando i termini ragionevoli delle arme.
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Clodio allhora mette la rotella in guardia contra la spada del nimico; et subito la porta a basso, verso le gambe
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verso le gambe di Gabinio: il quale va subito a incontrare la spada di Clodio, da basso, come nel disegno si puo vedere. Per la qual cosa l’uno, et l’altro restarono pari, nelle trovate di spade, di meza coperta da basso.
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He si vide allhora fra loro alcuno avantaggio: non se lo havendo guadagnato nell’uno, nell’altro.
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Quivi tutti duo, dopo lo essersi cosi trovati, contrastano qual piu di loro vaglia nel maneggio di cosi fatte arme. Clodio vedendo stare Gabinio cosi ben giusto attaccato alla sua spada, disegna di volere un altra volta alzarsi come prima si erano trovati: poi mutando pensiero non lo volse fare: sapendo che lo aversario anchora; non havea causa, se non di alzarsi: tanto piu, quanto che lo havea veduto sempre con molta ragione seguitare nel contrasto la sua spada. Percio gli macca un poco la spada; poi fa atto di volersi cacciare una punta nella coscia: il che gli sarebbe riuscito facilmente; se Gabinio nel sentirsi maccare la spada: non havesse fatto altro rimedio, che fortificarsi con giustezza: ma esso allhora contra della finta della spada di Clodio; lascio la sua spada pure attaccata a quella di Clodio; et cansando alquanto di vita verso la man della rotella del suo contrario si assicuro che quella punta, non lo puote offendere.
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Lámina 46
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Sergio Attore Lisippo Reo
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Sergio per mantenere l’honor suo; chiama in steccato Lisippo: dove una spada; et con una rotella; intende di provargli il suo detto. Sergio giunto che fu in campo, subito si fermo in guardia di fuora: et Lisippo allo incontro suo, in guardia di dentro: l’uno et l’altro, con le loro rotelle benissimo imbracciate accompagnate alle spade loro.
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Sergio quivi che ha carico di provare; va di lungo un mezo passo col piede stanco; et riportando subito il piede dritto davanti del stanco; verso la spalla dritta di Lisippo; ben accompagnato con la sua rotella; abbassa un poco la punta di sotto della spada del nimico; et pigliando solamente tanto campo, quanto e un filo di coltello; sotto la spada di Lisippo; si caccia inanzi; et gli trova la spada a meza spada, et trovata subito caccia la rotella garbatamente con molta arte; contra la spada nemica; et subito impegnatali la spada; gli da un roverso sopra la gamba dritta; appresso il ginocchio. Come appare di sopra. Il che a Sergio successe molto bene; et secondo il suo disegno, cosi per la molta peritia,
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che esso havea nelle arme; come perche Lisippo non gli face contrasto alcuno.
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Lisippo in questo abbattimento, poi che egli si era fermato bene contra lo aversario suo; dovea sostentare la sua guardia. Imperoche, che vale lo appresentarsi bene, et con bel modo; se non si sa poi sostentare, et difendere la sua fermata? Lisippo, oltra che poteva con molti contrasti di punta, et di taglio; massimamente da basso; dar contra la trovata di sergio; non lo face: et come ben esperto in questa professione; mostro che a posta egli si lasciasse dallo aversario trovare. Ora poi che esso si lascio cosi trovare, cosa ragionevole fia, che io qui dimostri con qual modo esso dovea contrastare con la nimica trovata, et come dovesse ritrovare il nimico; et difendersi da quella botta.
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Dovea adunque Lisippo, se volea difendersi da quella botta; trovato che esso si senti da Sergio; giusto molto bene, et polito con giustezza fortificarsi contra la spada nimica. Perche , se esso in quel tempo si fosse cacciato inanzi, con la spada, haria portato il forte della spada addosso al debile della spada di Sergio: et cosi lo havrebbe trovato. Contra poi la trovata della rotella, dovea Lisippo subito crescere inanzi un passo, con la gamba stanca; et mettere la sua rotella contra la guarnitione della spada di Sergio, di fuora: che in questo modo si sarebbe esso difeso da quel colpo. Oltra che haria potuto anchora, in quel tempo sbrigare la sua spada, dalla rotella dallo aversario. La qual cosa non tanto gli sarebbe stata utile, per difesa; quanto anchora per offesa.
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Lámina 47
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Acrisio Attore Danao Reo
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Tratto dall’honor suo Acrisio, si condusse con Danao, ad abbattimento; con una spada e Targa: et nel punto di menar le mani si fermo in passo, con la gamba stanca inanzi; col braccio della targa ben disteso; et con la guarnitione della spada appresso al fianco dritto: et con la punta della sua spada drizzata contra Danao.
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Danao parimente si fermo in passo, con la gamba dritta inanzi: bene accompagnando la targa con la spada: in guardia di dentro, come per il disegno di sopra si vede, dove appare che l’uno, et l’altro si stia in guardia di aspettatione.
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Acrisio Attore, havendo ben inanzi la targa; batte un poco la spada di Danao; et subito crescendo con la gamba dritta inanzi, gli caccio una punta alla volta della pancia: et cio fatto, ritorno prestamente a portar la gamba, dove egli di prima si fu fermato.
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Danao sentendosi batter con la targa la spada; si giusta, et cacciandosi alquanto inanzi, con la spada accompagnata con la targa; con molta prestezza hebbe parato quella punta nimica.
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Acrisio di nuovo rimessosi; come si e detto; nella sua guardia; va travagliando con bellissime finte di punta il suo aversario; per vedere selo puo discoprire da un lato, per ferirlo. Il perche Danao se gli oppone al contrasto con le finte, fatte con buona ragione: di modo che Acrisio vede chiaramente che per tal strada non puo eseguire il suo intento. Per la qual cosa, mutando proposito, tenta con la trovata della spada di levar via lo impedimento della spada nimica; che gli puo nuocere; et per cio ricerca; come ho detto; di trovare la spada del nimico; hora da alto, a basso, hora sul dritto di dentro, hora di fuora: et tenendo la punta della spada giusta alla vita; talhora tenta di trovarla di dentro, et talhora di fuora; con la trovata da basso: mettendo la punta della spada, verso terra incrocicchiando cosi a un modo, come all’altro; la spada di Danao. Le quai due trovate, con tal modo fatte, noi chiamiamo l’una, che e quella di fuora trovata di tutta coperta da basso; l’altra, che e quella di dentro, trovata di meza coperta da basso.
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Danao molto prattico in questo essercitio; hora scode la spada, da un lato, hora dall’altro: secondo la occasione; nello scodere la spada, cacciandosi sempre inanzi; per non perder tempo alcuno. Il che dimostro, a chi vide il loro abbattimento, quanto l’uno, et l’altro intendesse benissimo il maneggio delle arme.
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Lámina 48
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Tiburtio Attore Thirreno Reo
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Tiburtio per levare ogni sospetto, che havere si potesse del suo honore; venne a singolar battaglia con Thirreno; a spada et Targa, et nello steccato si fermo in guardia di fuora, contra Thirreno, che si era fermato in guardia di dentro. Dove havendo con molta leggiadria di persona, et ardir di cuore; con bellisimi contrapassi, passeggiato il Campo: perche era Attore, incomincio a tirare allo aversario, di ogni sorte di coltellate: delle quali piu volte si e fatto mentione.
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Thirreno allo incontro; dopo lo haver fatto i medesimi contrapassi; parando sempre arditamente le coltellate, che Tiburtio gli tirava: con le medesime gli rendeva la risposta: il che era cosa bellisima da vedere.
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Tiburtio vedendo Thirreno difendersi molto bene da lui; et non solamente difendersi, ma salutarlo anchora con buonissime coltellate; fa novo disegno: fra se dicendo; Se Thirreno e prattico, et dotto nello abbattimento stretto: et cosi va di lungo, et trova la spada del nimico di dentro; la qual trovata e chiamata meza coperta da basso: et mettendo subito la sua targa, contra la targa nimica: tenta portar fuora della giustezza della vita la spada di Thirreno: per dargli poi una punta nel fianco dritto.
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Thirreno quivi non rifiuta la trovata di Tiburtio, ne gli fa contrasto alcuno: se non che quando si sente maccar la spada, se la fortifica in mano; et come quello che conosce molto bene il disegno del nimico, sista ben coperto, et non si move di vita; nel di spada; se non tanto quanto Tiburtio gli en da opportuna occasione. Conoscendo che solamente gli basta difendersi; senza mettersi a rischio, che volendo offendere lo aversario, non gli dia occasione di trovare, qual che minimo tempo, di ferirlo. In questo mentre, essi furono partiti: et accommodati nella loro differentia.
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Lámina 49
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Acron Reo Martiale Attore
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Martiale per non stare in dubbio del suo honore; si condusse alla giornata con Acrone, che era mancino, con una spada sola. Et perche Martiale Attore era drittiero, egli si fermo con la sua spada in guardia di dentro; pero a cavaliero di fuora della spada di Acrone; il quale se gli era appresentato allo incontro, con la spada sua di fuora; perche era mancino.
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Quivi si vide da Martiale usare il piu raro, et sicuro contrasto, che si possa usare contra un mancino: il quale e questo, di tenere sempre la spada del mancino di dentro. Il che pare che sia contra lo uso commune, et parer di molti; i quali vogliono che la spada mancina, si debba tenere piu tosto di fuora, che di dentro: senza allegare la ragione, che gli mova ad havere cotale credenza.
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Acrone, che molto ben conosce avantaggio, che esso ha, tenendo la sua spada mancina sempre di dentro; ve la tiene per lo continuo: imperoche ella cosi sta sempre a Cavaliero della spada nimica; et gli la tiene cosi suggetta, et soffogata, che ella non gli puo fare nocumento alcuno: il che essa spada non farebbe; se la sitenese di fuora.
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Perche il mancino in quel caso; con facilita la potrebbe scodere: et guadagnarsi quello avantaggio, che si guadagna il dritto, coltenere la spada mancina soffogata di dentro.
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Martiale dall’altro canto; per le ragioni sudette; non attende ad altro; che di serrare la spada al nimico, per di fuora, in dentro; come si vede nel ritratto di sopra. Et con tal ragione ad ogni suo volere, tiene la sua spada ne fianchi di Acrone.
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Acrone allhora si trovo esser a mal partito; vedendo che Martiale lo ha serrato; et trovatagli la spada, con uno cosi raro, et non piu usato modo: il quale mai piu, non gli accadette. Nondimeno con tutto cio cerca di voler scoder la spada di fuora. Ma non resta Martiale per quella scossa, nel tempo che Acrone scode la spada, di dargli una punta; et di novo di ritrovargli la spada nel modo detto dinanzi.
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In questo certame, il modo che dovea tener Acrone, contra Martiale; era, che esso cercasse anchora di tenere la spada del nimico, sempre di dentro: peroche a questa giusa, egli non solamente si sarebbe da lui difeso; ma havrebbe anchora guadagnatto quello avantaggio, che Martiale si guadagno contra di lui, con questa maniera di trovare.
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Lámina 50
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Polibio Attore Sicanio Reo
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Condottosi per cura del suo honore in steccato Polibio, che era mancino, con una sola spada con Sicanio, che era dritto: Polibio quivi si appresento subito in guardia di dentro; contra Sicanio che se gli era appresentato in guardia di fuora.
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Polibio subito: come Attore; incomincio con buone coltellate di dritti roversi, lunghi di tutto tempo, et di mezo tempo, secondo il bisogno; et parimente di coltellate di contra tempo; hora tirando lebotte libere, hora ingannevoli semplici, et hora doppi: hora con le finte di punte; di bellisime sorti; sempre a cacciarsi inanzi.
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Sicanio allo incontro va con buona ragione, sempre parando i colpi dello aversario: non passando punto i termini dell’arte: et disfacendo sempre le finte nemiche; con le contrafinte; cerca tempo con le trovate, et ritrovate, et col maccare, et contramaccare; dalla sua spada, et a tempo, et luogo facendo alcuni cansi di vita; tanto fece che trovo tempo; nel quale face una entrata di punta di fuora:
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portando la spada di Polibio in dentro; insino presso alla guarnitione: come appare nelle figure di sopra: et gli diede una gran punta nel petto. Ora la cagione perche Polibio havesse quella punta nel petto; fu questa. Perche polibio si lascio con la entrata di Sicanio, sforzare la sua spada di fuora in dentro talmente, che esso non hebbe tempo di scoder la spada; ne di fare allo aversario alcun contrasto.
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La difesa tra le altre, che Polibio poteva fare, contra quella entrata di punta: da poi che egli non hebbe tempo di scodere la sua spada senza manifesto danno: doveva essere di fortificarsi contra la spada di Sicanio: et giustandosi andare in quel tempo, un mezo passo col piede dritto; riportando subito il stanco, di dietro del dritto; verso la banda stanca del nimico: che a questo modo si sarebbe da quel colpo difeso. Poteva egli anchora portare la gamba dritta in dietro: abbassando la punta della sua spada verso terra: conciosia, che con agilita, et facilita, haria portato fuora quella punta.
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Lámina 51
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Chorebo Attore Acilio Reo
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Chorebo per chiarezza della verita, chiamo Acilio in steccato; dove segui il loro abbattimento con due spade, per ciascuno. Quivi i duo Duellanti si appresentarono nel Campo, molto ben politi, et garbati.
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Chorebo Attore, quivi si fermo in passo, con la gamba stanca inanzi: con la spada che tenea nella man mancina; in guardia di dentro: et con quella che havea nella man dritta fermata in dietro alto: mostrando di voler discendere con gran furia di colpo.
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Acilio allo incontro di Chorebo, si fu fermato con la gamba stanca inanzi in passo: con la spada della man mancina, in guardia di dentro, et subito presentato si attacca con la trovata alla spada mancina dello aversario; et si ferma la spada della man dritta al galone; con la punta giusta verso la vita nimica: aspettando che la spada di Chorebo alta discendesse; non solamente per difendersi; ma se trovera occasione; anchora per ferire. Horebo vedendo Acilio cosi ben fermato; et che lo aspetta; dubita discendere con le coltellate: tanto piu,
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perche ha la sua spada mancina, soggetta et impegnata alla spada mancina del nimico: la quale egli teme che in quel tempo, che voglia calare con la botta, lo aversario non lo investischa parando et anchora di punta. Et percio egli fa atto di voler abbassar la punta: et di voler entrare di punta; parendogli assai meglio, et di manco tempo: poscia havendo meglio pensato sopra il fatto suo; dubita che discendendo di punta, Acilio anchora in quel tempo non entri di punta; et lo ferisca, o vero che si feriscano amendue.
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Per tanto muta proposito, et pensa di volersi cacciare tanto inanzi, con la trovata della spada mancina, che possa con ella ferire di dentro di punta il nimico: imaginandosi che Acilio dovesse opporre la spada dritta, alla difesa della sua punta: et in quel tempo lo potesse ferire, di una gran coltellata sopra le testa; o vero sopra la gamba dritta.
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Acilio quivi sempre si difese, dalla spada mancina del nimico: con la sua spada mancina. Cacciandosi esso anchora inanzi ben giusto; et con la spada dritta, stando sempre saldo, et ben fermato nella sua principiata guardia di Chorebo arditamente si difese. Et cosi il loro abbattimento; con grandissima sodisfattione, di chi vi si trovo presente; hebbe honorato fine.
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Lámina 52
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Mezentio Attore Dardano Reo
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Per non esser tenuto dal mondo in cattivo predicamento di honore; Mezentio si ridusse in steccato, con Dardano; con due spade: et amendue nello steccato si fermarono a questo modo. Cioe, Mezentio con la spada dritta in guardia di fuora: et con la spada mancina in guardia di dentro. Et Dardano contra Mezentio, con la spada dritta in guardia di fuora: et con la mancina in guardia di dentro.
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Questi duo Duellanti, modo intendenti, et esperti, in tutti i maneggi delle arme; et spetialmente nel piu commune, et usitato: che e la spada sola: la quale veramente ottiene il principato, fra tutte le altre sorti di arme: non curano in questo loro abbattimento, di usare coltellate di qualunque sorte sisiano; non di finte larghe, non di strette: sapendo che nelli abbatimenti della spada sola; si sono veduti, et benissimo considerati, simili modi di ferire: de quali noi se en vagliamo, cosi nello offendere, come nel difendere. Per tanto come essi si furono nel modo detto di sopra presentati;
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Dopo cio incominciarono amendue a maccarsi le spade: hora in un medesimo tempo; hora l’una spada senza l’altra. Et quando l’uno macca; l’altro macca anchora; ma con giusta maccata; per non si lasciar portare fuora di tempo. Dove maccando alle volte Mezentio, contramacca anchora Dardano; et quivi  si fa debile di subito, per tirare la spada dello aversario fuora di tempo. Ma Mezentio maccando con giusta misura: non va pero contra la spada nimica, quando colvi si fa debile: ma si sta a suo luogo et nella sua fermata. Et di qui aviene, che quando l’uno cerca di voler scodere una delle sue spade; l’altro in quel tempo lo va a serrare di maniera, che non gli lascia tempo di potere far cosa alcuna. Et percio che amendue erano egualmente periti in quello armigero essercitio: quando quivi pure aveniva, che l’una delle spade loro, si fossero scosse, essi di subito tornavano a trovarle, et a impegnarle. Di modo, che con questi, et altri bellissimi contrasti, i duo Cavalieri lunga pezza contrastorono insieme. Et piu lungamente havrebbeno contrastato, se il signor del Campo, non gli havesse partiti: et posti d’accordo.
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Lámina 53
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Terentiano Attore Fortunio Reo
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Terentiano, per levar l’honor suo fuora di sospitione, dimando Fortunio a Duello: et entrati il di della giornata, l’uno et l’altro in campo; Terentiano che teneva carico di Attore; si appresento ben raccolto, et polito, sopra la vita; con una spada di una mano et meza; che con tale arme dovea seguire il loro abbattimento; et col filo buono della sua spada, volto contra il filo della spada di Fortunio: come si vede nel disegno di sopra.
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Fortunio quivi allo incontro di Terentiano, si appresento a basso, con la guarnitione della spada appoggiata alla coscia; et con la punta della spada quasi presso alla terra.
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Terentiano che havea incominciato a colpire il nimico, ben che da quello gli fosse battuta la spada: non si lascia pero portare fuora di tempo.
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Fortunio torna allhora a batter col filo falso la spada nimica; et tutto a un tempo gli tira un dritto, per dargli sopra le gambe: et tirato quel dritto, se ne ritorna nella sua prima guardia.
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Terentiano, con tutto che Fortunio gli havesse battuto la spada, col non si haver lasciato portar fuora di tempo, hebbe quel dritto parato.
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Fortunio di novo torna a battere col medesimo modo la spada nimica; et subito battuta, in luogo di un dritto, lascia al nimico un roverso, verso il braccio dritto della spada.
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Terentiano per haversi lasciato battere, essendosi portato al quanto fuora di tempo, a gran pena puote parare quel roverso; nondimeno esso fu cosi presto a voltar con giustezza il filo buono, che hebbe quella botta con ragione parata.
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Fortunio allhora havendo veduto, che le sue botte di coltellate non gli erano riuscite; pensa di tirarle medesime botte: radoppiandole, et ingannandole verso la testa nimica. Poscia in uno instante muta proposito, di cio non fare: sapendo che lo aversario suo, era molto dotto nella scientia della spada; et ottimo schermitore, et paratore; et che pero non gli haveria potuto fare, nocumento alcuno. Percio comincia a finger di voler di novo battere; et poi non batte la spada nimica; ma cerca di entrare di punta per di dentro.
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Terentiano di cio accortosi, contra la finta della battuta, ando inanzi per investire Fortunio in quel tempo di punta. Ma havendo Fortunio scossa la spada; et entrato di punta, si volto subito con un canso di vita; et con molta leggiadria, paro quella punta. Et qui fini il loro contrasto; havendogli il Signor del Campo, partiti: et per valorosi huomini sommamente commendati.
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Lámina 54
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Pompilio Attore Volpiano Reo
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Tanto e rigorosa la legge dello honore, che trovandosi Pompilio aggravato nello honore, da Volpiano: havendolo chiamato a battaglia; et esso venutovi: Pompilio con una spada, da una mano et meza; fattagli appresentare dallo aversario; si fermo in guardia di fuora: con la spada bene impuganta. Volpiano anche esso se gli fermo allo incontro; in guardia di dentro; tenendo con molta ragione, la sua spada in mano.
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Pompilio quivi con molta prestezza col filo falso della sua spada; essendo Attore, ando a trovare Volpiano; et due volte gli batte l’una, dopo l’altra, la spada: lasciandogli di subito, dopo le due battute, un gran dritto sgualmembrato verso la testa.
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Volpiano in quel punto si fortifico la spada in mano verso le due battute di Pompilio; talmente che esso non gli puote portare la spada fuora di tempo. Et appresso con molta prestezza, contra il dritto del nimico, tornando in guardia di dentro; si come si era prima fermato; con buona ragione; si difese da quella botta.
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Pompilio havendo tirato quel suo dritto, ritorno esso anchora in guardia di dentro; et di novo torno a battere la spada nimica due volte; l’una dietro all’altra di fuora; come havea gia fatto, col filo falso della sua spada: et instantemente lascia un gran roverso, verso la testa di Volpiano.
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Volpiano intento al fatto suo; va con giustezza a incontrare le due battute di Pompilio; et fortificatasi ben la spada in mano, giustandosi, havendo contra quel roverso ben voltato il filo buono della sua spada, con molta arte, et honoratamente da quel nimico roverso di difese.
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Pompilio vedendo a buona prova, che il suo contrario, da suoi colpi benissimo si difende; si delibera di no voler piu coltellare: et con cotale risolutione, va di lungo, et trova a meza spada, la spada di Volpiano; et subito che esso l’ha trovata, incomincia con molta destrezza a contrastare; hora con fortezza, hora con agilita; contra la spada nimica. Et havendo trovato con questa maniera, occasione di poter entrare di punta, o di dentro, o di fuora; spera secondo che se gli offerira la occasione; di poter sicuramente entrare.
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Volpiano che molto ben conosce il disegno nimico; esso anchora stassi saldo, et giusto; contra la trovata di Pompilio; et fortificandosi parimente, quando con fortezza, et quando con agilita, va disfacendo cio, che l’aversario suo disegna di fare contra di lui. Per la qual cosa, essendo stati tutti duo conosciuti; da chi havea loro dato il Campo, per prodi et saputi Cavalieri furono da lui partiti; et per lui fatti amici.
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Lámina 55
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Sicinio Attore Salieno Reo
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Sicinio delibero di condursi in steccato; per risentimento del suo honore, con Salieno: et cosi di accordo vennero allo abbattimento, con una spada da due mani, per uno. Sicinio, giunto che fu Salieno nello steccato, dove esso la aspettava; subito si appresento in filo, con la gamba stanca inanzi alquanto, in passo; tenendo lo spadone in dietro a terra; dalla banda sua dritta. Quivi dall’altra parte si fermo Salieno in guardia di dentro, stando in passo col filo buono dello spadone, contra la offesa dello spadone nimico.
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Sicinio allhora, che era Attore; con quella fermata di sbarattata; batte una volta col filo falso del suo spadone, lo spadone di Salieno; et incontinente cresce un gran passo; portando la gamba dritta, davanti della stanca; et gli tiro un gran dritto alla volta delle gambe.
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Salieno subito va per difesa, a incontrare la battuta dello spadone del nimico; et andando in quel tempo un mezo passo, col suo piede stanco, verso la man dritta di Sicinio;
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abbassando alquanto la vita; nella medesima sua guardia di dentro a buon filo; hebbe quel nimico colpo parato.
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Sicinio subito che hebbe tirato quel dritto; si trovo appresentato in guardia di dentro: et incomincio con molte belle sbarrate, hora di roverso; hora di dritto; andare sempre prima alla battuta dello spadone, et tirar alla volta del nimico.
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Salieno allhora; contra la opinione di alcuni di poco giuditio; i quali dicono, che il parare e nocivo, contra le sbarrate; si va cacciando inanzi; talhor di dentro; et talhor di fuora; secondo che gli facea bisogno; con molta industria, et ottima ragione parando le botte; che Sicinio gli hebbe tirato.
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Lámina 56
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Salustio Attore Crispino Reo
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Salustio per verificare, che lo affronto, che gli havea fatto Crispino, fosse da mal Cavaliero lo chiamo al Campo franco, per combatter seco con le arme, che lo aversario, come Reo, portasse le quali arme furono duo spadoni da due mani; l’uno per se, l’alto per Salustio.
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Crispino entrato in campo, si fermo contra Salustio, che erra attore; a basso in passo con la gamba dritta inanzi: tenendo il manico dello spadone appoggiato alla coscia; et la punta di quello giusta verso la vita del nimico. Stando aspettando, cio che voglia fare Salustio.
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Salustio vedendo Crispino si ben fermato, non fa conto di largarsi; ne di far tempo alcuno, per tirargli dello spadone: dubitandosi nello largarsi, che Crispino in quel tempo, non lo ferisca di punta. Per cio egli si delibera con la trovata dello spadone, di levar prima via, lo impedimento dello spadonde dello aversario; accio che quello non gli possa nocere; per ferirlo poi sicuro; et per far cio, cansa un poco di vita verso la man dritta di Crispino; et alzando ben la guarnitione dello spadonde;
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et di quello abbasado la punta, va di fuora; et trova con molta politezza lo spadone nimico, come nel disegno di sopra si puo vedere.
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Crispino allhora si lascio trovare, disegnando per la medesima via; che esso fu trovato entra di punta con tutto cio che egli conoscesse, che il canso di vita, che Salustio havea fatto, quando lo ande a trovare lo aiutava tanto, che sotto il suo spadone, egli era tutto benissimo coperto.
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Salustio, subito trovato lo spadone di Crispino; alzo molto presto la punta; per dargli una punta nella faccia: cosi come stava attacato allo spadone del nimico.
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Crispino vedendo questo; come quello che stava benissimo avertito; alzo presto lo spadone, contra la punta nimica; et col filo buono del suo spadone, porto fuora quella punta, aiutandosi in quel tempo, con un mezo passo, et canso di vita; fatto verso la man dritta di Salustio. Et con questo modo havendosi da quella punta nimica animosamente difeso. L’uno, et l’altro, fu da padrini con licentia del Signor del Campo, partiti: et honoratamente acquetati.
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Lámina 57
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Eraclio Leonida Cassandro
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Fu Leonida, da Cassandro, et Eraclio, suoi nimici, assaltato, con le spade nude, et cappe imbracciate.
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Cassandro l’uno de gli assalitori; subito da un canto si appresento Leonida; ben fermato in guardia di dentro; et l’andeva serrando con le punte. Dall’altro canto se gli fermo contra Eraclio, compagno di Cassandro; con la Cappa inanzi; et con la spada in alto; in atto di voler ferire.
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Leonida trovandosi quivi serrato in mezo, da i detti suoi nimici; non si perdendo pero punto di cuore; si copri tutto sotto la spada: voltando lapunta di quella; contra di Cassandro, et il filo della spada contra la offesa di Eraclio. Et cio fatto, cerca di levare con la cappa, fuora la punta di Cassandro. La qual Cappa, eoli tiene sempre contra la spada del nimico. Lasciando alle volte di buone coltellate a Eraclio. Et tuttavia guardando per lo continuo la spada di Cassandro, finge di voler entrare di punta; per schifare, che Cassandro non lo soffoghi; le quali finte egli fece subito, che hebbe tirato le coltellate a Eraclio.
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Dopo cio, alle volte egli fingeva di voler tirare di punta; et tuttavia coltellava alla vita di Eraclio.
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Eraclio in tanto, et Cassandro; l’uno con le coltellate, et l’altro con le punte, salutavano Leonida molto bene.
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Leonida quivi si aiuta con le mani; et co piedi; et con la Cappa, a difenders; parando, et cansando, con la vita, secondo che portava la occasione. Sempre cercando di volersi tirare dalla banda dritta di colvi, che piu lo molestava: per meglio potersi difendere. Et cosi bene li riusci questo suo buono aviso; che egli da Cassandro, et da Eraclio, suoi nimici, con molto cuore, et sapere, honoratamente si difese.
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Lámina 58
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Rifeo Oreste Eleno
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Erano alle mani insieme; a spada et cappa; Rifeo, et Heleno; de quali l’uno che fu Rifeo, si era fermato inguardia di fuora; et l’altro che fu Heleno si era fermato a basso in guardia di chiamata, stando ad aspettare cio che Rifeo volesse fare.
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Oreste loro commune amico, quivi sopragiungendo al fatto, vedendo questi duo suoi amici, che vogliono far quistione; caccia mano alla spada, et imbraccia la Cappa, et si caccia infra di loro per partirgli. Et si vi caccia con si buon modo, et ordine; che volendo con ragione fare, che essi non si facciano male alcuno: esso anchora volendo giovar loro, non venisse ad haver danno. Per tanto egli va prima a trovar Rifeo, che piu su l’atto di voler ferire lo aversario; et gli trova la spada di sopra; et la caccia con la trovata fuora di tempo; cosi della sua vita; come di quella di Heleno: et subito volta la sua cappa contra la spada di Heleno; come si vede nel ritratto. Stando tuttavia benissimo avertito; cosi contra Rifeo, come contra Heleno;
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che vedendo levarsi alcun di loro, et far atto di ferirlo; di fingere con la punta della sua spada, di voler entrare di punta; o vero di voltarsegli di subito a trovare la spada da alto in giu; et di atterargliela a terra. Egli con questo modo, et ordine, gli hebbe con grande arte, et bravura; finalmente senza alcuno loro, et suo danno partiti.
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Lámina 59
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Entello Attore Elimo Reo
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Furono condotti da Padrini loro, per causa di honore: Entello, et Elimo: con un arma di asta curta, per ciascuno; con calce ferrato, et pungente. Et entrati nello steccato; si fermorono ambiduo in guardia di dentro; ben politi, et giusti, come ne dimostra il disegno di sopra.
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Entello, che era Attore, incomincio a far corre l’asta inanzi, con la spinta del braccio dritto; per la mano stanca: et con questo modo caccio una punta per di dentro a Helimo.
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Elimo allhora in quel medesimo modo che si trovo fermato, si giusto, et porto fuora quella punta: et subito che l’hebbe portata, rispose egli anchora a entello, di un altra simile punta. La quale fu da Entello col medesimo modo, et con molta prestezza parata.
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Entello ritorna a cacciare un’altra punta al nimico, per di fuora: la quale havendo esso con giustezza prestamente battuta, tosto caccio a Entello, un altra punta parimente di fuora.
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Entello quivi con la giustezza dell’asta; movendo alquanto il passo contra la lanciata di punta dello aversario, la porto fuora con molta prestezza;
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et di gia ritornato sopra la sua prima fermata: havemdo veduto, che le punte lanciate di dentro, et di fuora al nimico; non haucano fatto alcuno effetto; incomincia a fingere di voler pur tirare le medesime punte; pensando di ridurre con quello atto Elimo fuora di tempo: et con questo pensiero va cambiando le dette punte; hor di dentro, hor di fuora.
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Elimo contra le finte di Entello si ferma giusto; et non crede tanto, che si lasci portare fuora di tempo: ma si sta molto bene avertito, et a segno: et sempre a questo modo si trovo a tempo a parare, hora di dentro, hora di fuora, tutte le punte, che dal nimico, gli furono lanciate.
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Quivi essendo stati tutti duo conosciuti pari di arte; et di valore; furono da superiori  amorevolmete partiti.
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Lámina 60
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Druso Attore Silvio Reo
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Druso, et Silvio, per decidere certa loro controversia di honore, si ridussero in steccato; con un’arma di asta per uno. Dove Druso Attore; di subito si appresento giusto; et lancio a Silvio con molta prestezza, ingannevolmente due punte verso il petto: le quali Silvio paro fuora: con giustarsi ben l’asta in mano; et col cansare alquanto la vita; nel parar quella lanciata; et subito che parando si fu difeso; egli anchora lancio una punta verso le gambe di Druso.
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Druso contra la punta, tiratagli da Silvio alle gambe; abbasso di subito la punta dell’asta di dentro; et porto fuora la punta del nimico; ritirando presto il passo: come si vede disegno.
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Silvio parando con prestezza a la punta da basso; alzo la punta dell’asta; et tiro una lanciata di punta, verso la faccia di Druso.
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Druso allhora subito levo esso anchora la sua asta; et alquanto cansando la spalla stanca in dietro, et giustandosi, porto fuora la punta della faccia: et havendo parato quella punta; finse di tirare una punta nella faccia di Silvio,
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accioche esso alzandosi alla difesa da alto, restasse in quel tempo con la vita discoperta da basso.
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Da poi fatto di subito quella finta; ritorna da basso a lanciare la medesima punta; verso la gambe del nimico.
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Silvio quivi va prima contra la finta della faccia, con buona ragione; il che fu causa, che esso si trovo poi a tempo a parare la punta da basso: nel modo medesimo; che havea fatto  prima. Et qui fini il loro abbattimento: essendo stati amendue giudicati, per saputi et prodi guerrieri; da chi gli vide menar le mani.
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Lámina 61
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Timoleone Attore Archidamo Reo
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Venne in steccato Timoleone, contra Archidamo, per causa di honore. Et quivi giunto egli si appresento con una arma d’asta; et con buona ragione si fermo di subito in guardia di dentro. Si come si era parimente appresentato Archidamo, contra di lui.
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Quivi Timoleone, che era Attore; con molta attillatura, et prestezza, facendo di bellissime finte; con la punta dell’asta. Lancio due punte, sempre con inganno di ferita ad Archidamo. L’una di dentro, et l’altra di fuora.
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Archidamo dall’altro canto, vedendo il suo nimico, che cosi arditamente lo viene ad assaltare con le punte; esso anchora si mette a contrafingere; et cacciandosi sempre inanzi, cerca col passo di guadagnare il campo a Timoleone.
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Timoleone vedendo che lo aversario con buona ragione, non solamente gli va disfacendo le finte, che egli facea; ma anchora cercava di levargli il campo; si delibera di trovare l’asta del nimico:
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sperando con cotale trovata, di trovare contrasto sicuro contra il nimico; pero egli si giusta ben l’asta in mano; et essendo tutti duo appresentati a basso in guardia di dentro; abbassa la punta dell’asta; et facendosi ben voto con la vita, incrocichhia l’asta nimica da basso; pensando per la medesima strada che ha trovato l’asta nimica; cacciargli una punta nella gamba stanca, la quale Archidamo havea inanzi.
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Archidamo che allhora ben conobbe il disegno del nimico; come quello che era molto saputo nelle trovate; non solamente non fa contrasto alcuno, contra quella trovata; ma si lascia trovare, a bella posta; et stando molto ben avertito, da basso: et coperto; cerca di levare fuora della sua vita, la punta dell’asta; di Timoleone; accio che esso non lo possa ferire nella gamba; ne voltargli col calce dell’asta, una botta per testa. La onde, tanto piacque al Signor del Campo l’arte, et il valore, di questi due duellanti: che non vuole, che lo abbattimento loro; andasse piu inanzi: et gli parti con lo amicargli insieme.
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Lámina 62
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Gaio Attore Crasso Reo
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L’honore, a cui niuno de beni temporali, et mondani: se puo aggvagliare; condusse Gaio a cimentarsi con Crasso, in steccato: dove lo abbattimento loro segui con un arma di asta.
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Guiunti questi duo Cavalieri in Campo; Gaio; che era Attore; si fermo in guardia di dentro, contra Grasso: il quale si fermo anchora nella medesima guardia, nella quale si fu Gaio fermato.
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Gaio allhora di subito lancio una punta al piede dritto di Crasso: la quale Crasso con gran prestezza a tirando il passo portandola fuora col l’asta da basso, hebbe benissimo parata.
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Gaio da capo finge di tirargli la medesima punta a basso; pensando di trovare il nimico in quel tempo discoperto da alto: ma vedendolo andar alla parata da basso; gli tiro quella punta verso la faccia; la quale punta Crasso con giusta misura ando tosto a parare: imperoche solamente con lo alzare l’asta et bene giustandosi; l’hebbe arditamente parata.
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Gaio da capo finge di tirargli la medesima punta alla faccia, pensando di trovare il nimico in quel tempo discoperto da basso:
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ma vedendolo andar alla parata da alto, gli tiro quella punta verso le gambe. La quale punta, Crasso con giusta misura, et solamente con lo abbasare l’asta. Et col bene giustarsi l’ando con prontezza a parare; molto valorosamente.
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Gaio allhora cambia mano con l’asta; et va a meza asta di dentro, a trovare l’alta di Crasso: il quale andava medesimamente contra la trovata della meza asta di Gaio: sapendo tutto quello, che esso Gaio puo fare. Di modo che amiduo quivi in tal modo havendosi trovati; incominciano a contrastare col sapere, et col valore di guadagnarsi il tempo di ferire lo aversario.
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Gaio macca l’asta nimica; per fare che Crasso ancho esso macchi, pensando di farsi in quel tempo debile; per portare l’asta di Crasso fuora di tempo: onde poi lo possa ferire.
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Crasso quivi macca egli anchora; nel tempo che si sente dal nimico maccare: ma va maccando con giustezza, per non andare fuora di tempo; et quando Gaio si fa agile: esso non vuole andare dietro alla agilita della sua asta; ma restasi a suo luogo ben coperto. Il che fu cagione, che giudicandogli il Signor del campo per duo valenti huomini; gli partisse; pigliando sopra di se, la loro differentia.
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Lámina 63
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Neottolemo Reo Germanico Attore
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Germanico Attore, per giustificacione della verita si condusse con Neottolemo in campo franco alla giornata; a cui Neottolemo, che era Reo; face portar due arme d’asta: l’una per se, et l’altra per Germanico.
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Questi duo guerrieri, dopo le fermate loro, l’uno contra dell’altro; con buonissima scientia, et arte: si ferono con molta prestezza, et leggiadria di bellisime finte: et fingendo amendue hora di voler tirare a basso, hora ad alto; si lancioarono di bellisime punte: dandosi subito fatta la riparata, l’uno, et l’altro, di bravissime risposte; le quali punte tutte, hora di dentro, et hora di fuora, con molta giustezza; facendo a luogo, et tempo, il passo: da me in tanti luoghi descritto; furono da loro parate, con grandissimo ardire, et maestria.
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Germanico a cui l’honor suo era molto caro: stando fermato in guardia di dentro; finse di voler lanciare una punta nel peto a Neottolemo; et subito alza tutta l’asta di fura della sua testa
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et tutto a un tempo entra con una punta nella gola al nimico: et gli face una gran ferita.
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Neottolemo vedendo venire la punta nimica, subito caccio inanzi alla parata; con la parata; et trovata della meza asta: ma con tutto questo suo ragionevole disegno, non puote far tanto, che egli non restasse ferito da quella punta: dalla quale esso si saria agevolmente difeso, cansandosi solamente alquanto in dietro, con la spalla stanca; et con l’aiuto della medesima sua asta; gia principiato: ma perche non lo seppe fare, esso rimase malamente ferito. Et quivi la loro giornata habbe fine.
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Lámina 64
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Formione Attore Stratonico Reo
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L’honore, il quale he tanto imperio sopra gli animi honorati, fu quello che trasse Formione, ad entrare in steccato con Stratonico; per conservare di esso suo honore. Questi duo Cavalieri si condussero a cimentarsi con una arma d’asta, per uno: per dare chiara notitia al mondo del loro valore.
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Formione subito entrato in campo: come allo Attore si spetta di fare ando contra Stratonico, col passo grande inanzi; hora con l’una gamba, et hora con l’altra, il simile fece Stratonico: sino che si furono appresentati per menar le mani. Quivi tosto incominciaro a travagliarsi l’un, l’altro; con molta astutia, et inganno: et con le punte dell’aste si tirarono; quando alla faccia; et quando alle gambe; et quando al petto; de ramazzotti per testa: et altre bellisime botte: procedendo ambi duo con quella debita ragione; che altre fiate e stata da me ricordata, con la quale l’uno, et l’altro honoramente si difese.
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Formione qui grandemente si travagliava per atterar lo aversario: ma conoscendo che colvi nel gioco largo di Asta, bravissimamente da lui si difende: muta proposito: et si delibera di trovare l’asta di Stratonico: et con questo pensiero va di lungo: et ciio gli riusci: percioche col calce dell’asta, trovo l'asta del nimico, per di dentro; et trovata, subito a poco a poco; si va cacciando inanzi; sempre giustandosi col calce dell’asta maccando con molta ragione l’asta di Stratonico.
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Stratonico allhora contra la maccata di Formione, si fa hora forte, hora agile, con animo di portar l’asta del contrario fuora di tempo; accioche trovandolo discoperto, lo possa sicuramente ferire.
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Formione che era ben dotato del saper delle arme: conoscendo quanto possa fare Stratonico con quel suo disegno; sempre se gli oppone con misura; secondo la occasione: hora con fortezza, et hora con algilita; tenendo lo aversario molto ben soffogato; col detto Calce. All’ultimo determinando di voler uscire d’impaccio; va, et col calce della sua asta: havendo prima messo la gamba dritta inanzi; batte l’asta di Stratonico: et poi ritorna subito a dietro col calce.
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Stratonico allhora, che volse venir dietro con la sua asta, al calce dell’asta di Formione; si ritrovo fuora di tempo. Il che vedendo Formione, di subito con la gamba stanca inanzi; voltando la punta dell’asta diede una gran punta nel petto a Stratonico.
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Stratonico ando ben per parar quella punta; et fece l’atto della punta; ma non si trovo a tempo: per la gran prestezza che uso Formione, nel lanciare quella punta; et per la perdita del tempo che esso Stratonico face, nell andar al parare. Imperoche se egli in quel tempo che Formione ando a ferirlo, havesse subito cansato la spalla dritta in dietro, portando la gamba stanca inanzi; aiutandosi della sua asta, nell’atto che esso fece; il quale manco di prestezza si sarebbe senza dubbio veruno; da quella botta nimica difeso.
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Lámina 65
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Posata di asta
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Lámina 66
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Calimaco Filemone
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Filemone trovandosi a Cavallo, incontrando Callimaco suo nimico, che era a piedi, caccia subito mano alla spada; sperona, et lascia la briglia al Cavallo; et alzando la spada su in alto, pensa col Cavallo andar adosso a Callimaco: et con la spada ferirlo su la testa.
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Callimaco, all’incontro, che si trovava a piedi; caccia egli anchora mano alla spada, et pugnale: et per principale sua difesa, si acconcia in atto di canso di vita; per fuggir l’impeto del Cavallo nimico: et alzando il pugnale in alto, contra il colpo della spada di Filemone; tiene la sua spada alta, per dare sopra le gambe del Cavallo del nimico.
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Lo atto che uso quivi Callimaco, cosi contra il Cavallo, come contra Filemone suo nimico: non poteva veramente secondo il caso, esser piu accorto ne migliore; atteso che esso elesse piu tosto, et per miglio partito, dare di taglio nelle gambe al Cavallo; che ferirlo di punta nella vita. Come co lui, che sapeva benissimo, che ferendo il Cavallo nella vita; egli non restarebbe per quella ferita,
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di andare inanzi: et di aventarsegli addosso. Il che non potra fare se si trovera ferito nelle gambe: perche egli sara costretto, per tal ferita di cadere di subito a terra, da poi la cui caduta, esso restera poi talmente patrone del suo aversario, che egli potra poi fare di lui cio che vorra. Massimamente havendo esso usato in quel tempo si bello, et accorto atto, di cansare il Cavallo: et di trovarsi col pugnale contra la spada di Filemone suo nimico.
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Tavola
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di tutti i nomi de’gli abbattimenti,
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in diversi modi compresi nella opera
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Di spada sola
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Il modo di cacciar mano a la spada
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La prima fermata doppo cavata la spada
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La seconda fermata
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Scipione, et Annibale
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Pompeo, et Curtio
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Fluvio, et Flavio
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Hortensio, et Fabritio
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Papirio, et Valerio
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Ottavio, et Marcello
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Costante, et Bellisario
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Alessandro, et Dario
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Detio, et Bruto
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Lutio, et Mario
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Pulfio, et Vareno
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Rutilio, et Furio
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Semrponio, et Carbone
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Cornelio, et Labieno
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Domitio, et Traiano
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Sertorio, et Antimo
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Torquato, et Metello
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Martio, et Attilio
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Corioliano, et Scuola
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Claudio, et Nerone
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Horatio, et Flaminio
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Emilio, et Sulpitio
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Trebonio, et Lepido
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Pallante, et Diomede
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Antenor, et Deifebo
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Curione, et Trebatio
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Tiberio, et Cesareo
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Metio, et Polinice
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Spada, et pugnale
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Polidoro, et Troilo
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Fabio, et Livio
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Affranio, et Ottone
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Ascanio, et Lauso
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Tarquino, et Celio
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Regolo, et Pollinice
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Spada, et Cappa
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Clario, et Vespasiano
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Planco, et Cassio
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Sestilio, et Volunnio
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Spada, et Brocchiero
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Mutiano, et Torano
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Menesteo, et Rutiliano
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Varrone, et Ligario
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Lauro, et Aquilio
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Spada, et Rotella
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Clodio, et Gabinio
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Sergio, et Lisippo
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Spada, et Targa
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Acrisio, et Danao
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Tiburtio, et Thirreno
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Spada sola contra il Mancino
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Martiale, et Acrone
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Polibio, et Sicanio
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Con due Spade
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Chorebo, et Acilio
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Mezentio, et Dardano
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Spada d’una mano, et meza
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Terentiano, et Fortunio
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Pompilio, et Volpiano
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Spadoni da due mani
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Sicinio, et Silieno
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Salustio, et Crispino
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Difesa da due di spada, et Cappa
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Leonida, Cassandro, et Eraclio
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Uno che partisce duo, che si vogliono offendere
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Rifeo, Heleno, et Oreste
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Arme di asta
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Entello, et Elimo
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Drufo, et Silvio
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Timoleone, et Archidamo
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Gaio, et Crasso
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Germanico, et Nettolemo
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Formione, et Stratonico
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A Cavallo
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Filemone, et Calimaco
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Il dialogo delli Secreti dell’ arme
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Giovan Antonio Lovino a li honorati et valorosi giocatori d’arme
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Le parti che convengono al giocatore
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Soneto al S. Luigi Arluno
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Il Ragionamento di Mi: Gio. Antonio Lovino col Sr. Luigi Arluno, sopra la scienza dell’arme.
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Dapoi che voi, Mi Giovani Antonio mio; per la bonta del S. Iddio; havete datofine; con mia grandissima contentezza; all’opera della scientia delle arme, la quale voi et havete deddicata al Christianissimo Re di Francia; mi sarebe sommamente caro, che noi in questi nostri ameni, et dilettosi giardini; per schifare quel tanto dannato vitio dell’otio; ragionassimo alquanto di questa scientia; la quale tanto a me pieace; et parimente ad ogni altro honorato gentilhuomo, et Cavaliero, Imperoche mi sarebbe principalmente caro d’intendere quale fosse il suo principio, quale il mezo; et quale el fine. Per tanto M. Giovan Antonio mio, non vi rincresia, per l’affettione grande, che voi mi portare; di sodisfare; quanto in voi sia; a questo mio honorato, et ragionevole desiderio. LOVINO Sr. mio nobilissimo il quale con la vostra molta liberalita, et cortesia, legate, et obligate chiunque vi conosce, et prattica, come spetialmente havete legato me: che per letante cortesie da voi ricevute, vi sono, et debbo essere immortalmente obligato, vi supplico; non pur priego; che vogliate commandarmi senza risparmio alcuno. Percioche io nessun altra cosa altrettanto desidero, et quanto il farvi cosa accetta, et grata. A.R. questo tutto viene dalla vostra cortesia, et ne sono sicurissimo, et ve ne ringratio assai, ma lasciando la belle parole da pare; io vorrei; come poco inanzi vi dissi; che incominciaste a dire alcuna cosa intorno alla scienza della arme; et fra le altre, onde ella habbia havuto il suo principio: LO. So ben Signor, che troppo ben sapere quanto io posso dirvi intorno della detta scienza; nondimeno per compiacervi, molto volentieri, in tutto quello che per me si possa, sono qui apparecchiato; per dirvi cio che io ne sapero; et mi sovenira degno della vostra humanissima dimanda. Dovete adunque sapere principalmente questo, che questa scienza, con tutte le altre insiemo; et dono, et gratia di DIO, concessa all’huomo; accioche egli difender si possa da gli nimici della nostra santa, et catolica Chiesa. I quali  come lupi arrabbiati, non pensano altro, per lo continuo che occidere, et sbrannare il nostro povero popolo fedele. AR, so molot bene, che ella e dono di DIO; ma se ella e dono di DIO; come e veramente: onde procede, che essa se insegna, in cotanti modi, concio sia cosa, che altri la intende, et vuole a un modo, et altri in altro modo. LO. E verissimo cio che voi dite, Signor mio carissimo; nondimeno, come io vi havero distinto onde proceda la diversita di questi modi; sono sicuro che voi restarete sodisfatto, et chiaro del vostro quesito. Per tanto dico che alcuni sono i quali hanno il dono di tal scienza di DIO, ma non l’uso di esso dono. Et questi sono coloro,
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Et questi sono coloro, che sanno ben parlare di questa scientia, ma non la sanno insegnar ad altri; ne sono da se atti a metterla in esecutione. Altri dopo questi, sono quelli, che hanno una semplice prattica di essa scientia. La quale per se la mettono in esecutione; ma non hanno theorica, ne lingua, di saperla altrui insegnare. Questi tali sono solamente buoni per se, man no per altri. Altri sono ultimamente, che hanno il dono, et l’uso insieme di esso dono: et questi sono quelli, che con la theorica, congiunta con la prattica; sanno mettere questa scientia in esecuttione per se: et la sanno con bel modo, et ordine, ad altri anchora insegnare; come ella va veramente insegnata. Et questo ultimo dono; senza comparatione; piu perfetto de gli altri duo sudetti. A. R. Mi ha sommamente sodisfatto questa vostra distintione, ma vorrei anchora sapere, et che lo mi dichiaraste, che vuol dire, che alcuni biasimano il parar le coltellate; alcuni biasimano le finte; altri lodano in manopolare; o vogliamo dir, batter la punta della spada con la mano; altri il giocar discoperto: alcuni dannano la frequentia del ferire di taglio; alcuni altri il giocar in passo. La onde, percioche queste tante, et si diverse opinioni, mi mettono il cervello a partito, et mi lasciano inresoluto; vorrei volentieri sapere quale sia intorno di cio la vostra opinione: perche a quella mi attenero; et prestero in dubitata fede: sapendo che la vostra scientia in cotale professione, e scientia di mera verita: et non di corrotto abuso. LOV. Son contento di risolvervi brevemente questa questione; et a ciascuno di questi dispareri dare la sua dichiaratione. Et prima dico, che non e cosa da comportare, ne da sentire: che il parar le coltellate sia giamai da biasimare; anzi egli e da esser grandemente lodatto. et imperoche nessuno non sara giami sicuro in questa scientia, se egli non sara buon patrone. et benvero, che tutte le coltellate non sono da pararsi; come sono le lontane; le quali non vengono alla vita: ma si ben quelle che vengono alla vita: et spetialmente quelle, fatte con la ragione della trovata della spada; perche questa necessariamente son la de esser parate, se non vogliamo pararle con la vita istessa.
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Oltra di questo, le finte medesimamente non si debbono biasimare, ma sommamente lodare. Percioche. Quantunque la finta non sia quella, che dia la botta; ella e pero quella, che discoprisse, et fa la strada alla botta. Il perche io concludo, che chi non sa ben fingere, et dalle finte difendersi; ha poca intelligentia di questra nostra scientia. Ora per rispondere a quelli, che laudano il batter la spada con la mano; a questi tali rispondo con una ragione, a questo modo; Et prima dico loro, che il sapere ben manopolare; che il medesimo che batter la spada con la mano; sia da biasimare; questo non diro io giamai; anzi il lodero sempre, mentre che egli si faccia sicuramente, ma biasimero bene il soverchio uso di quello. Conciosia cosa, che in questa scientia: o per dir meglio prattica, di batter la spada con la mano; non e cosa lodevole, ne sicura; la molta frequentia di quella, come si puo a buona esperientia ogni giorno vedere. Perche molti per tal frequentia, sono restati stroppiati della mano; et molte fiate anchora occisi:
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per voler mettere ogni loro difesa nella battuta. La qual battuta non si deve usare se non a luogo, et tempo, et a cosi streto bisogno; che per la occasione non si possa far di manco. Percioche egli e molto meglio, et piu sicuro, et parare, et ferire, in un medesimo tempo; si come in tutti i mei discorsi in cio fatti: chiaramente’ho dimostro il che benissimo si puo fare: che mettersi a pericolo alcuno. Imperoche oltra gli altri accidenti, alle volte accade, che altri andando per batter la spada nimica, la falla; et esso resta in quel tiempo tutto discoperto; di maniera, che la vita, la quale debe restare con la spada in filo coperta, viene a mostrare tutto il peto discoperto al nimico. Appresso, per dimostrar che il parare di coloro che lodano il giocare discoperto; sia men che buono; mi convien prima dirvi, le opinioni, et ragioni loro; per poter poi con piu saldi fondamenti, dargli la risposta, che segli conviene. Dico adunque che il fondamento di costoro e questo, che col giocare discoperto si da causa evidente allo aversario; et parimente cuore di andar piu risoluto, et coraggioso a ferire; vedendo il luogo discoperto, che vedendolo coperto. Pensando essi che in quel tempo, che il nemico va per ferire, cansando di vita, e scondendo la spada di punta, et di taglio; di ferir lui. Et questo e tutto il loro fondamento, et disegno. Ora questi tali, che con questo fondamento cercano di mantenere questo loro erroneo parare; io mi movo a rispondere con queste mie ragione fondate sodamente sopra il vero; dicendo, che molto meglio e il giocare coperto, che il discoperto, et la ragione e questa; percioche colvi, che sara instrutto nella scientia delle arme; secondo quello che io ho scritto in questo mio volume; giocando coperto; come dovera giocare; e giocar si deve, andera sempre inanzi a trovar la spada, et il nimico. Percioche  andando cosi coperto inanzi con buona ragione, trovera, et soffogara lo aversario suo; et non metterassi a pericolo, stando discoperto; ad aspettarlo. Peroche il piu delle volte suole accadare; et egli e accaduto a questi tali; i quali hanno trovati giocatori che sono andati con tal ragione a ferirgli, nel luogo discoperto; che essi non tanto non hanno potuto haver tempo di cansare ne di scoder la spada, ne di punta, ne di taglio; come era il loro disegno; ma ne anchora si sonopotuti trovar a tempo di presentar loro alcuna difesa; di modo che essi ne sono poi restati malissimo trattati. Contra quell’altri poi che biasimano il ferire di taglio; ho da dire, che bisognarebbe, che essi distinguessero come intendono questo ferir di taglio; et non quali ragioni, et fondamenti lo biasimano: accioche se gli potesse addurre la ragione in contrario. Nondimeno, anchora che questi tali, non alleghino cioche gli move ad haver cosi fatto parare; ma solamente si stanno sul biasimare il ferir di taglio; io per tutto cio non voglio laseiar di dire quello, che io sento di questa loro torta opinione. Et primo io dico, che la spada non fu fatta a caso; ma con ordine, et con misura: et che ella ha duo fili; et una punta. Et cosi i fili della spada, come la punta di essa, sono fatti per ferire,
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et parare, e non altramente, volendo adoperar l’huomo, et farsi perfetto nella scientia delle arme; gli e piu che necessario, che esso principalmente sappia ben coltellare di ogni sorte di coltellate: accioche secondo la occasione egli se ne possa servire, contra il suo nimico. Appresso di cio, come esso si sara benissimo esercitato nelle coltellate lunghe di tutto tempo, cosi ingannevoli, come semplici, talmente che le sappia tirare con giusta misura; egli dovera poi essercitarsi nelle coltellate di mezo tempo, fatte con la trovata della spada; et dopo questo egli passera alle coltellate di meza spada: fate hora con le maccate, et hora con l’agilita. Percioche esso con questo bellisimo ordine, et maneggio di ferire, si fara prattico, et sicuro, a parare tutti il detti colpi, talmente, che cio che esso fara ad altri, sapera anchora nella medesima sua persona schermire. Piu in oltre deve egli cominciare ad esercitarsi nelle punte; tenendo il medesimo ordine delle coltellate; hora lunghe di tutto tempo, hora semplici, hora ingannevoli, hora con le trovate; hora a meza spada; quando scodendo , et quando maccando; et ferir di punta senza maccata; servendosi tal hora della punta; et tal hora del taglio. Perche a questo modo esercitandosi, sapera misturare tutta la sua scientia: et a luogo, et tempo, cavar fuora con vive ragioni, hora punte, hora tagli: in tanti modi imparati; che esso in ogni occasione, che gli sia data dallo aversario suo, gli havera apparecchiati, per offenderlo. Dalche si puo raccogliere, che tutte le coltellate, en modi sudetti, sono molto bene, et necessariamente, da sapersi tirar: avvertendo pero di sapere, secondo la occasione; qual modo di coltellare si possa sicuramente usare, affine che la scientia habbia il suo buono, et dovuto effetto. Concio sia cosa, che volendo noi ferire il nimico di una coltellata lunga; che in prima ci havesse soffogati, et seratti, questa non sarebe cosa ragionevole: percioche megliosaria investirlo di punta. Per la qual cosa, il giocatore deve molto bene aprir gli occhi, per conoscere il luogo, il tempo, et il vero avantaggioso modo del ferire. Imperoche noi potremo ferire lo averario di coltellate lunghe di tutto tempo; se egli ne sara lontano, che in quel tempo che gli tiramo, esso non ne possa soffogare. Ma vedendone la spada nemica vicina, sara molto meglio con la trovata, o battuta della spada, levare via prima la spada, che ci puo nuocere: et appresso con la insegnata mia ragione, sicuramente coltellare. Ora per risolutione dell’ ultimo vostro quesito; circa il giocare in passo; vi rispondo, che io principalmente laudo il giocar voto, et unito; spetialmente quando egli sara appresentato dalla cinta in su, della vita dell’huomo. Imperoche questo debe essere il primo uso, et modo; che ha da sapere il giocatore. Il quale, poi che in questo si sentira molto bene esercitato, et che lo sappia ben fare, egli si potra poi fare prattico del giocare in passo: massimamente dalla cinta in giu, della vita dell’huomo: perche a questo modo egli sara piu ben piantato; et stara piu forte in passo, essendo appresentato dalla cinta in giu; che stando voto. Peroche, se egli sara cosi appresentato, potra a tempo e luogo, et quando gli parera utile, et bene; farsi in passo; et ritirarlo, facensosi voto;
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come meglio gli piacera, et tornera bene di fare. Et cosi IDDIO lodato; ho finito di risolvere i questi fattimi da V.S. Signor mio singularissimo: pregandovi che vogliate perdonarmi, se io fuori di ogni mio costume; son stato in cio molto piu prolisso, che io non dovea che veramente non ho potuto far di manco: essendo stato costretto a cosi dover fare; volendo con bonissimo ordine risolvere cosi fatta quistione. A.R. Veramente  voi con cosi salde, et vere ragioni, et naturali discorsi, havete sodisfatto intieramente a tutti i miei quesiti; che io per me non sarei mai satio di udirvi ragionare. Ma poi che io ho inteso la risolutione vostra, fatta intorno della proposta questione; haverei anchora molto caro di sapere ad uno ad uno, i modi da difendermi da questi, che hanno cosi fatti pareri; occorrendo ch’io mi trovassi in fatto a dimostrar loro il contrario, delle loro men che buone ragioni. LO. Vostra signoria ha molto ben ragione. Il perche io hor hora, mi sforzero di sodisfare, quanto in me’ sia; a questo suo lodatissimo desidero: col darle contra di costoro, che biasimano le cose da lei di sopra ricordare, opportuni, et sicuri rimeda. Et primeramente dico, che trovandosi V.S. contra alcuno di quelli, che biasimano il parar le coltellate; ella usara questo rimedio, di coltellare loro addosso di coltellate lunghe; avertendo principalmente, che tirando le coltellate, elle non la trasportino fuora della vita nimica. Et appresso se essa vedesse, che tirando le sue botte, il nimico non le volesse parare, ma le lasciasse andare vote; aiutandosi a fuggirle col canso della vita; V.S. vedendo questo, essendo gia per strada, tirando le sue coltellate con la detta ragione; ella si fermera, la dove si trovera con la botta; perche la si trovera a tempo di entrare addosso al nimico di entrata di punta il quale sara sforzato a parar quella punta con la spada; o vero torla su la vita. Contra i medesimi parimente sara questo rimedio molto profittevole, et buono, che subito, che essa si sia loro appresentata; cacciarsi ben inanzi, et soffogandogli ben al pugno della spada: trovargli la spada, o vero con la battuta della sua spada, battendo la punta della spada nimica di sotto in su, constrengere lo aversario di necessita a parare, o con la vita, o con la spada: come gia si e detto. Oltra di cio, V.S. pigliera questo altro rimedio, contra quelli, che stanno sul batter la spada dello aversario, con la mano; di tener la punta della sua spada, sotto il pugno della spada nimica: serrando col passo, et con la spada, il nimico dalla banda della spada: perche a questo modo, non se potra batter la spada, se non con grandanno dello aversario. Contra quelli altri anchora, che se li appresenteranno discoperti; essendo la spada in tempo, essa la voltera contra la loro fermata; in tanti luoghi recitata; col filo buono contra di loro. Andando a serrar il nimico come gia dissi; dalla banda della spada. Et vero se la spada nimica sara fuora di tempo; che V.S. non sara tenuta a ricercare quella spada; ma le bastera solamente serrarlo, come si e detto dinanzi: voltando pero sempre il filo buono, contra la spada contraria: se ben non fosse in tempo; accioche venendosi al ferire, trovi il buon contrasto del filo buono della spada.
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Peroche cosi facendo si puo con facilita serrare il nimico, et investirlo di punta. A.R. Questi vostri avisi, sono tutti ottimi, non che buoni; contra la disciplina di questi cosi fatti giocatori: i quali si lasciano da loro cosi poco ragionevoli pareri. Ma io non contento di cio, vorrei di piu sapere, se fosse possibile; come sia l’arte vostra cosi sottile, et eccellente: che tirandovi il nimico delle coltellate: siavi pur esso quanto si voglia vicino; et esse sue botte gagliarde et leggiere; che elle, non tanto non vi fanno mai rendere la spada; ma parche diano sopra di un incudine. Oltre che non vi possono mai toccare la guarnitione della spada: cosa degna veramente di molta maraviglia: et tanto maggiormente, quanto che voi in tal caso, non perdete mai campo; anzi vel gadagnate. LOV. La vostra dimanda, signor mio amatissimo; fattami intorno al far morir le botte, con cosi fatto modo: et a difendere sempre la guarnitione della spada, percioche e cosa di grandissima importanza; come quella chesi appartiene alla perfettione di questa scientia: So desiderarei, con buona vostra gratia; differire in altro luogo; dove credero di aprirvi distintamente tutto il buono, et bello, di cotesto mio secreto. A.R. Fate come vi piace, il mio virtuosissimo Vs. Giovan Antonio, imperoche io, non meno in ogni altro tempo, che in questo, havero caro d’intendere questo vostro bellissimo, et rarissimo secreto: Ma perche io ho veduto nella lettera deddicatoria a S.M. Christianissima, che voi havete in animo di comporre un altra opera: mi sarebbe, oltra modo grato, di sapere di che trattara tale opera: poi che in questa, che siete al presente, per indrizzare alla prefata. Mta si tratta di questa scientia; in tutte quante le sorti di arme. LO. Signor mio; ho pensato di fare un libro; nel quale con le sue figure; io mostrato tutte le fermate, che communemente sogliono usare, primieramente i Signori Francesi; gli Spagnuoli; i Portoghesi, Romani, Napolitani, Fiorentini, Bolognesi, Ferraresi, Mantovani, Savogini, Modonesi, et altr nationi. Discorrendo in esso mio libro tutti i fondamenti che essi fanno; et le ragioni che adducono sopra tali loro guardie, et all’incontro delle loro, vi mettero le mie fermate: dicendo contra delle fermate loro, quale sia il mio parere. Talmente che tutta la fatica che io ho fatto, et quanto in ventiduo anni ho acquistato; che mi sono esercitato in questa professione; voglio; quanto a me sia possibile; che nel mio detto libro distesamente si veda, et comprenda; la qual opera credero fermamente che alla prefata S.Mta non debba esser discara. A.R. Questa di vero sara una fatica molto singolare, et degna. Et per aventura non piu mai veduta. LO. Sia adunque lodato il datore de tutti i beni; Il quale co i santissimi raggi della celeste sua gratia, mi ha dato sopra ogni mio merito; questo tanto di lume. AR. Ditemi qual e la prima cosa, che debba sapere colvi che vuole intendere questa vostra scieza. Lo. La principal cosa che debe sapere colvi che vuole intedere questa scieza, e il be saper tener la spada in mano: et questo, bisogna che noi lo impariamo da maestri di questa scieza.
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A.R. come, no e la natura quella, che ci insegna a tener la spada in mano, et a maneggiarla? Lo: Signor, no che no e la natura, mai maestri di questa arte, che cio ci insegnano; come vi ho detto. AR. Oh non vediamo noi tutto di molti saper tener la spada in mano; et maneggiarla, senza haver cio appreso da maestri? LO. Questo e vero; nondimeno il tener ben la spada in mano; et con essa esercitarsi; se non e fatto, secondo la ragione di questa scientia; non si puo dire, se non impropriamente, che quel tale sappia ben tener la spada in mano; et ben maneggiarla. Per tanto bisogna che cio ci sia mostrato da maestri di questa arte.
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A.R. Donde procede questo? LOV. Questo procede, perche la natura, non e stata cosi cortese a noi, come a gli altri animali; i quali subito che sono nati, senza difficulta si volgono allo operare; come vediamo tutto di per esperientia. Imperoche il Cagnuolo subito nato; se egli sara gettato nell acqua cosi di subito si mettera a nuotare, et altri animali incontanente che nati sono, stanno, et caminano; cosa che non fa l’huomo, il quale subito nato, per molti mesi inutile allo operare, stassi legato nella culla; covaghiti, et co pianti, dimostrandoci apertamente, come la conditione dell’huomo e molto piu infelice, et misera di quella, di tutti gli altri animali. Bisogna adunque come si e detto, imparare da maestri, et dal saper loro, a tener ben la spada in mano. Et per dire horamai a V.S come si dee tener la spada in mano: dico che la spada si deve fermare ben in mano; facendo che i duo diti ultimi piccioli, vadano a basciare appresso alla palma della mano: et il dito secondo, dopo il grosso; vada a traverso del traverso della guarnitione di essa spada. serrandolo ben forte con la guarnitione: et dapoi mettere il dito grosso addosso alla spalletta della spada. Peroche la spada cosi stara piu forte in mano: ne sara facilmente sforzata nella mano, di chi talmente se l’havera acconcia in mano. Appresso, poi che la spada si sara ben posta in mano: chi debbiamo appresentare in guardia o di dentro o di fuora la qual guardia di fuora, noi chiamiamo guardia di tutta coperta; si come quella di dentro, dimandiamo guardia di meza coperta. Ma perchioche i detti nomi non sono suoi propry, io ho piu tosto voluto dimandare le due sudette guardie, sotto questi duo altri nomi; molto loro piu propry, et convenienti, delli sopradetti: cio e guardia di dentro, e di fuora. Conciosia, che la guardia di fuora, dimando io quella, che si appresenta col filo buono voltato fuora della vita: dopo la spalla dritta: et cosi perche la fermata e tutta fuora della vita: et pero ella e da me dimandata guardia di fuora: in luogo di guardia di tutta coperta. L’altra guardia poi di dentro, io cosi la dimando; perche la guarnitione della spada, la metto giusta all incontro della spalla stanca: et anchora perche la spada stassi dentro della vita; et non di fuora. Per queste ragioni io dimando questa guardia; guardia di dentro; tanto piu che il filo buono della spada, ha da stare al contrario dell’altra guardia; cioe voltato in filo; per scontro alla detta spalla stanca, come in tanti miei disegni si potra benissimo vedere. Vi aggiungo questo avertimeno.
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Che convien tenere la braccia ben distese; la spada giusta; col pugno, et il piatto della spada verso terra; accioche il filo buono resti contra l’offesa della spada nimica. Et occorendo l’andare dall’una, all’altra guardia; andar sempre col medesimo ordine: Imperoche cosi si andera, et sicuro et coperto. Avertendo per principale aviso, di non andare con la spada senza far il passo della vita nel modo, intanti luoghi ricordato. Percioche andando con la spada senza il passo; si resta in pericolo del roverso; et andando col passo senza la spada, si resta in pericolo del dritto. La qual cosa non occorrera, andando noi ben uniti, col passo, et con la spada; con vera giustezza; perche a questo modo ci assicuriamo dall’uno, et dall’alltro pericolo. A.R.L. Per certo questo vostro cosi ottimo avertimento. Et utile ricordo; mi e piu; che dir mi sappia; piaciuto: insieme con quegli altri particolari, da voi inginiosamente tocchi: molto profittevoli, et necessari, massimamente a chi fa professione di maneggiar bene tutte le sorti d’arme. Tuttavia io vorrei che mi deste a sapere onde auviene che voi fate tanto capitale della trovata della spada: della quale io, ne in scritto, ne fuora di scritto; ho giamai udito ragionare: LO. Son sicuro, che V.S non habbia mai letto in alcun libro, ne in alcun luogo udito ragionare, intorno al secreto della mia trovata della spada, et doverere, signor mio; credere per fermo; che se l’huomo giocasse eccellentemente di spada, et cosi di ogni altra sorte di arme, et non sapesse che cosa sia con ragione trovar la spada nimica; questo tale si potrebbe dire; che non sapesse nulla; a paragone di colvi, che sapesse ben trovarla. Imperoche la trovata della spada, e tutto il nervo, et fondamento di tutta la scientia delle arme. Conciosia, che trovando la spada del nimico. Si viene a levar via tutta la offesa, che da lui ne possa venire. La quale poi che ella si e levata; l’huomo resta patrone; et e in poter suo, di fare cio che esso si voglia, contra lo aversario suo; senza alcuno suo nocumento. Si fanno poi con questa trovata tanti altri belli abbatimenti, di meza spada; con quelle belle scosse, gia altrove dette, oltra i tanti altri inestimabili secreti; come V.S. piu volte ha veduto fare; et spetialmente nello vietare che il nimico non possa mai coltellare di niuna maniera: essendo egli sicuro, nel tempo che esso si allargara per voler coltellare di esser serrato, et soffogato, con la trovata della spada, et della vita. A.R.I. Bellissimi , et utili particolari sono questi da spersi. Per tanto ditemi digratia anchora, in che consiste il trovar la spada nimica? Et con che modo? LO. La spada nimica Signor, cosi di dentro come di fuora, si dira trovarsi ogni volta, che colvi che va a trovarla, la trovi con vera scientia. La qual scientia principalmente consiste in questo, che nel trovarla si faccia, che la punta della spada del nimico, sia fuora della giustezza della sua vita; et che la punta di chi la trova, sia giusta, verso la vita nimica. A.R.L. Poi havete cosi bene, et con cosivere, et vive ragioni, sopra i particolari della vostra trovata discorso; che io ne resto benissimo sodisfatto. Pero vi prego; ne vi rincresca la fatica di dirmi; qual de duo habbia maggior vantaggio,
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o colvi che aspetta, che gli sia trovata la spada; o colvi che la va a trovare?. LOV. Questo vostro quesito veramente e molto ragionevole: Percioche i pareri sono in cio contrari et diversi. Concio sia, che alcuni di cono, che colvi che aspetta ha maggior avantaggio; perche ogni poco errore, che saccia colvi, che vada a trovar la spada dell aversario lo fa piu facile al ferire. Da costoro, la opinione mia e tutta diversa, et contraria, presupponendo tuttavia sempre la vera ragione del trovare. Imperoche, se chi andera a trovare la spada nemica sara come ho gia detto; esperto; et prattico nelle trovate; molto meglio sara per lui lo andare inazi sicuro, et trovando levar via la ofesa della spada contraria; che stare ad aspettarla. Perche lo aspettare; oltra la su detta ragione; mostra piu tosto pusillanimita che valore. E vero che bisogna avertire cosi nel parar, come nello andar a trovare; di andarvi con la spada giusta, et col passo fatto in un medesimo tempo. Peroche, andando; come gia si e detto; con la spada senza il passo, si sta in pericolo del riverso, et col passo senza la spada, in pericolo del dritto. Di modo che lo andar col compasso, et con la spada giusta non ci portera pericolo alcuno, ne dall’uno, ne dall’altro alcuno nocumento. AR.
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Onde e che molti ragionano, et lodano il giocar stretto di spada? LO. Il giocar stretto di spada, si intende quando l’uno soffoga talmente l’altro; che volvi non puo ne di punta, ne di taglio, prevalersi della spada, che esso ha un mano contra il suo aversario. Il modo principale che si tiene in cio, si e serrar la spada; et la vita nimica; et entrare di punta, nel tempo che il nimico vuole far lo atto del ferire. Il secondo modo e sempre soffogare il pugno della spada al nimico. Il terzo et ultimo sara con la trovata, et maccata della spada, non lasciar mai al suo aversario, haver tempo di poter far cosa alcuna: come se esso non havesse la spada in mano. A.R.L.V. Ora vorrei intendere, qual habbia maggior vantaggio, o colvi che macca la spada nimica con giustezza; o colvi che con la scientia dell’agilita, si oppone contra la maccata? LOV. Senza dubbio alcuno, maggior et piu sicuro avantaggio ha colvi che con ogni giustezza macca, che quello con agilita si oppone contra la maccata. Percioche, qual con giustezza macca starssi sempre a cavaliero alla spada del nimico; et e da presupporre che chi con giustezza macca, sia in prima che egli venga alla scientia del maccare; molto ben practico, et dotto; nel gioco della agilita.
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La ragione poi perche lo agile resti inferiore e, percioche egli e sforzato a scodersi di vita, et di spada.
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Per lequali due scosse, si fa tempo di spada. Il che non accade in colvi che macca per dritta linea. AR.
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Haverei caro d’intendere in quanti modi si scode la spada? Et qual sia, di tutti gli altri, piu utile, et sicuro? LOV. Signor mio; alcuni sono che nello scodere della spada,scodeno al quanto la vita, et la spada; et si ritirano in dietro. Et dicono, che con la scossa di spada,  fatta a questo modo si ritorna poi piu gagliardao suso; contra la spada; et la vita nimica. Alcuni altri socodeno la spada, ritirando in dietro il pugno della spada: il qual modo, senza dubbio, e molto peggio del primo. Per tanto la scossa giusta,
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giusta, et sicura, che si debe fare; la quale e la mia, da me usitata; che non perde tempo; et e senza pericolo alcuno; e tale scodere anando in quel tempo inanzi a ferire: cansando di vita, scodendo la spada piu inanzi, che sia mai possibile: non tanto sotto la spada contraria; quanto anchora sin sotto le ascelle delle braccia nimiche. Et si puo fare questa scossa sicura; se chi la fara, faralla con ragione; et col modo da me insegnato; se ben ella si facesse sotto a guarnitione, per guarnitione. L’altra scossa poi giusta, che si deve fare di taglio, essendo noi a meza spada; si fa a questo modo, si cansa di vita da quel lato, dove scodendo si vuole riportare la spada ; avertendo pero di non staccarsi via dalla spada nimica; se non tanto, quanto ne basti a scoder la spada; non si allargando piu di un filo di coltello; che tanto ne basta: accio che lo aversario non ci ferisca in quel tempo; averendo in un medesimo tempo, di cansar di vita; et di scodere. AR. Ditemi questo anchora, se noi siamo obligati a para le botte, a basso o no? Et con cual modo? LO. Il buono giocatore che sia fermato ben vota; et giusto; in una delle due guardie principali; ogni volta che esso non si lasciera battere, ne trovare la spada; et che vedra che la botta non gli possa giungere alla vita; con la votezza, et col canso di vita; potra lasciar di parar la botta; senza pericolo alcuno. ARL. Quanto i vostri savi ammaestramenti, et ricordi, pienide infinita cognitione, a me sono sempre accetti, et cari: come quelli, che mi vengono da persona, che io molto amo; et da cui mi sento molto amare: tanto maggiormente mi sforzero di porli in esecutione. Et ben che quello che io ho inteso hoggi nel vostro bellissimo ragionamiento, mi paia bastante a instuire, et fare un perfetto giocatore, di ogni sorte di arme; non dimeno io vorrei pur anchora in tendere, et con brevita sapere, cioche prima, che poi; et che successivamente per ordine; si debba insegnare per far l’huomo ben erudito, et intelligente, in questo maneggio di arme. LOV. Eccomi Signor mio humanissimo; apparecchiato a rispondere, alla vostra convenevole dimanda; et pronto a compiacervi in tutto quello, che per me si possa. Prima adunque se insegntra a colvi che vorra imparare questa scientia; a tener la spada in mano; con quei modi, che si fono detti di sopra. Dapoi a far i passi lunghi; a tirar dritti, et roversi, et stoccate semplici di tutto tempo; et a difendersi.
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Appresso si gli farano fare tutti i sudetti colpi sempre con inganni, et se gli mostrera a difenderli di tutto tempo; con li montanti, discendenti, et traversanti. Dopo questo, si gli faranno fare le medesime botte ingannabili di mezo tempo; et poscia tutti i predetti colpi, di contratempo. Quincisi gli insegnaranno le finte di punta; con travagliare il nimico sempre di punta: discorrendolo hora da un lato, et hora dall’altro. Oltra di cio si mostrara a trovar la spada nimica; levando via la offesa della punta; et poi a coltellare. Et con questo si gli mostrera a trovare la spada del nimico dal mezo inanzi; et a entrare di punta. Parimente a pligliar lo avantaggio dell’aversario;
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et a entrare dal mezo indietro della spada. Ora poi che il giocatore havera imparato tutte le sudette cose; et si sara assicurato nelle trovate della spada; et fatto destro nelle scosse di quella; et si sara similmente esercitato nel gioco dell’agilita; con le scosse; et sara fatto presto delle mani, et di piedei, con passi giusti, fatti a luogo., et tempo; non senza bisogno; resta che egli si eserciti nel gioco della fortezza; con le maccate della spada: nelle quali maccate, esso non dovera sempre cercare di voler scodere la spada; ma di dar cagione al nimico, che la scoda prima: col tenergli sempre sotto la spada soffogata. Piu in oltre, esso si havera da essercitarsi nel gioco della meza spada; con la fortezza, et con la agilita: accompagnate alla ragione; che habbiamo altrove insegnato. Ultimamente dovera egli esercitarsi anchora, nelle entrate libere di punta; et cosi di subito prendere il nimico con le prese; da me insegnate gia nel trattato mio della sicienza delle arme; et cosi di non lasciar mai haver tempo alcuno al nimico, di potersi prevalere della spada, che esso terra in mano. Et percioche questo e quanto hora mi e souvenuto di discorrere intorno a questa scientia; faro qui fine; levando a V.S. hormai la fatica dello urdire; et a me quella del ragionare. AR. Il vostro ragionamiento, M Gio Antonio mio, mi e stato tanto grato, et caro; che io son stato per lo continuo attentissimo ad ascoltarvi: come quello che ho sentito con mia grandissima sodisfattione; particolarmente ragionare di questa vostra scientia: la quale, sopra tutte le altre , sommamente mi diletta, et infinitamente piace. He sara mai che io non vi sia tenuto, della felice giornata, che mi havete data; et della infinita obligatione, con la quale mi havete immortalmente obligato. Ma perche gli augelletti di questi giardini, col canto loro piacevolissimo, ci dimostrano la vicinita della sopravenente sera; sara benissimo fatto, che ce ne andiamo a cenare. LOV. Andiancene, Signor mio affabilissimo.
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Giovani Antonio Lovino, a gli honorati, et volorosi giocatori
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di AR MI E
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Convien al Giocator, che d’ogni sorte
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D’arme maneggi: haver prima buon core:
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Di ragion appagarsi: et spender l’hore.
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In farsi ognihor piu exercitato, et forte.
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Convien ch’egli habbia anchor per fide scorte,
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Le man pronte, i pie presti: e al suo migliore
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L’occhio intento, et acuto: en mai fuore
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Di ragione, et di tempo, il piede porte.
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Convien con maestria faccia quest’arte,
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Et con ragion en parli; et sia cortese
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Sempre nel pratticar; d’ogni altro a paro.
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Et che del suo saper faccia altrui parte.
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Con amor: cosi al mondo ei fia palese,
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A la patria, a gli amici utile, et caro.
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Al Signor Luigi Arluno, il Cavalier
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Vendramini
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Giovene illustre; altero lume chiaro,
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De l’honorata antica patria vostra:
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A cui di tanti suoi doni si mostra
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Cortese il Ciel; che v’e si amico, et caro;
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Per voi, d’honor d’ardente gloria, avaro;
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Hel cui petto il valor contende, e giostra;
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Col senno: hoggi s’adorna l’eta nostra
 +
Del bel pregio dell’arme eccelso, et raro:
 +
Poscia che’l buon Lovin, sol per vostr opra,
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De lo schemir n’ha mostro in dotte carte,
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Gli steccati, gli assalti, i campi, et l’armi.
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Felice Re, che solo a si grand’opra,
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E’letto fosti: et piu s’avien che ad arte;
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di tanti alti secreti, il petto t’armi.
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Latest revision as of 14:34, 5 June 2024

Modo di cacciare mano all spada
MS Italien 959, Bibliothèque nationale de France
Paris, France
MS Italien 959 I.png
folio 2r
HagedornLeng
WierschinHils
Type Fencing manual
Date ca. 1580
Place of origin Milan, Italy
Language(s) Italian
Author(s) Giovan Antonio Lovino
Dedicated to Henry III of France
External data Library catalog entry
Treatise scans

Modo di cacciare mano all spada ("Method of Putting Hand to the Sword", MS Italien 959), is an Italian fencing manual written in ca. 1580 by Giovan Antonio Lovino. It currently rests in the holdings of the Bibliothèque nationale de France in Paris, France.

Provenance

Italian transcripion by Luis Román Menéndez

Trattato sul maneggio delle armi e della spada di G.A Lovino Milanese, dedicato ad Enrico III; con un dialogo fra l’autore e Luigi Arluno su lo stesso argomento


Allo invitissimo et christianissimo Enrico III, re di Francia et Polonia:

Io non potrei mai, sacratissimo, et invittissimo Re, con parole bastevolmente isprimere quanto io sia stato per lo continuo desideroso di farmi conoscere dalla Maestà Vostra Christianissima, per quello affettionatissimo et humilissimo servitore che le son sempre stato et sarò mentre mi viva. Ma vedendo di non poter adempire questo mio honestissimo desiderio, se non col mezo di alcuna honorata et opportuna occasione, dopò molti discorsi fatti fra me stesso, come ciò potessi fare; finalmente mi si è appresentato il modo di scoprire à V. M l'affettione et servitu mia verso di lei, col mezo di una cosa molto convenevole all grandezza dello invitto suo animo; et all altezza del suo stato reale molto conforme. La qual cosa sarà l'opera, che io di questi anni scrissi intorno all prattica et theorica del bene, et con ragione adoperare, et maneggaire, tutte le sorti di arme.

Il che io tanto piu volentieri mi son proposto di fare; quanto che da molti iIlustri, et gran personaggi; ho inteso, come V.M sopra ogni altro suo magnanimo, et real pensiero; et tutta volta, et tutta data; a questa heroica, et principale professione delle arme: del che en posso fare ampia testimonianza al mondo, le grandi, et difficili imprese, da lei in questa sua giovenetta eta; condotte a votivo, et felice fine. La onde questo nostro secolo non fa per anchora risolversi, qual receva maggior ornamento, et splendore; o la Mta Vostra dalle arme; o le arme da lei. Io essendomi lungamente con molto prositto, honoratamente exercitato in detta scientia; la quale veramente e regina di tutte le altre scientie; come V.Mta potra giudicare col suo divinissimo ingegno; dallo armeggiare, et dallo exercitarsi, che ella fa tutto di nelle arme. Havendo scritto in questa facolta uno mio libro; et per giovare solamente; quanto in me sia; a tutti i gentilhuomini, et Cavalieri, che facciano veramente professione di arme; et di honore; ho preso animo, et sicurezza; col mezo del detto mio libro; di palesare alla Mta V. quello, che io per lo continuo, ho cotanto disiderato; cio e la infinita devotione, et servitu mia, verso la Christianissima sua corona. Per tanto io ho dedicato et consacrato à V. M esso mio libro, il quale le sarà saggio, et guida, di alcune altre mie fatiche, pur in tal materia fatte, che io tuttavia vado apparecchiando, per appresentargliele. Mando adunque alla M V. il libro per mano del molto generoso S Luigi Arluno, nobilissimo gentilhuomo Milanese: dal quale ciascuno honorato gentilhuomo, et Cavaliero, può honoratamente pigliare lo essempio del vero valore; et la forma della vera cortesia. Questo valoroso gentilhuomo mio principale, et caro amico, al quale per le infinite sue cortesie sono molto obligato, tutto desideroso di servire à V. M ha preso carico di appresentare il detto mio libro; alla Christianissima sua Corona, la quale priego humilmente sia servita, di accettarlo in dono, con quel benigno, et cortese animo, con che io tutto riverente glie lo porgo, et dono.

Et non guardando punto alla qualita del dono, ma all’animo di chi glie lo dona; si ricordi che non e minor laude, a un gran Re, lo accettare le cose piccole, di quello che sia il donare le grandi. Et a V.Mta. Con ogni riverenza mi inchino; et con ogni humilta bascio i sacratissimi ginocchi.

Di V. Mta Christianissima

Humilissimo servitore,

Gio: Antonio Lovino. Milanese.

Lámina 1


Havendo io veduto. Serenissimo Re il commune uso; anzi per dir meglio; piu tosto abuso; non tanto delle’persone idiote, che fanno questa professione di arme, quanto anchora di coloro, che in essa scientia hanno composto diversi volumi: circa il modo col quale l’huomo si debe appresentare per cacciar mano alla spada; nel che tutti tirati da una certa naturale inclinatione; si fer mano con la gamba dritta inanzi; senza punto considerare che la perfettione di questa scientia, consiste primieramente in non far cosa alcuna pericolosa ne di perdimento alcuno di tempo. Per tanto accio che la Maesta Vostra, possa col suo altissimo intelletto, conoscere’da queste mie ragioni, lavera, et nuda verita del fatto; dico che volendo l’huomo metter mano alla spada: col piede dritto inazi resta in quel medesimo tempo suggetto, et in pericolo, che il nimico non si gli faccia sotto, et che gli preda il braccio. Oltra che occorre anchora questo altro incommodo; che esso nel cacciar mano alla spada; fermato nel modo che si e detto di sopra; con fatica, et con disavantaggio di un palmo di spada puo cavare’la spada del fodro. Il che non gli auverra se esso si sara fermato col piede stanco inanzi; come si puo vedere nella figura di sopra,

--- --- come si puo vedere’nella figura di sopra, impero che egli in tal modo fermato potra con piu facilita cavar la spada del fodro: et nel medesimo instante, trovarsi appresentato in guardia: come chiaramente appare, nel seguente disegno; senza perdita alcuna di tempo, et senza mettersi a rischio di dar tempo al suo aversario: di poterlo in qual che modo soffogare.

Appresso, per haver anchora maggior avantaggio di spada, nel cavarla del fodro; molto giova in quel tempo, che essa si cava, far che la man stanca; la qual communemente si mette alla cinta della spada a basso, tiri in quello instante in dietro il fodro; percioche cosi facendo, si viene a cavar la spada piu tosto; per lo avantaggio che si piglia, nel tirar che si fa in dietro del fodro.

Ora, occorrendo che l’huomo si trovasse cosi vicino al suo nimico, che esso non havesse tempo alcuno di poter cavar la spada; egli potra; se si sara fermato, come di sopra; subito voltar contra la punta della spada, cosi con tutto il fodro; et in quello instante lasciar la gamba stanca in quel modo, che ella si trova; tirando solamente la gamba dritta in dietro; a modo di riverenza lunga; cacciando parimente tutto a un tempo, mano alla spada; il che si fara presto; per causa di quella ritirata; che si e fatta della gamba dritta in dietro. A questo l’huomo essercitandosi conoscera con la prattica che esso sara si presto a metter mano alla spada, come un altro al pugnale. Io potrei dire sopra di cio molte altre ragioni se io non cercassi di toccare in questi miei scritti solamente i punti principale, et necessari accio che la M.V prenda quel frutto, et senta quel gusto in questi miei componimenti, che io desidero di darle; col fuggire’ogni prolissita che potesse portarle alcuno fastidio:

--- --- Lámina 2

Prima fermata di spada

Dopo cavata la spada del fodro, senza alcuna perdita di tempo: il giocatore si trovera fermato nel modo di sopra come nella figura si vede: et potra batter di subito la spada del nemico, col filo falso della sua spada; et subito battuto, cescer un man dritto sgualembrato; portando con un gran passo, la gamba dritta inanzi della stanca. Percioche quel man dritto lo portera in guardia di dentro; chiamata guardia di meza coperta; la qual sara la seconda guardia, come nella figura disegnatta Vostra Mta potra pienamente vedere.

Ma perche suole alle voltre accadere che la spada nimica non si trova in tempo: per poterla battere; per tutto cio non dovera restare il giocatore, crescendo con la vita, far lo atto del battere; anchora che esso non battesse, et tirar il detto dritto lungo, et polito, avertendo nel tirarlo, di non si lasciar trasportare fuora di tempo; cio e fuori della linea della vita del nimico.

Havendo portato il giocatore il man dritto nella guadia di dentro; egli crescendo con la gamba dritta inanzi un gran passo; viene a batter la spada nimica, col falso della sua; et crescendo con la gamba stanca inanzi

--- ---

et crescendo con la gamba stanca inanzi, tirando un roverso, si trovera da capo nella guardia del dritto: gia da me detto: nel principio di questo mio ragionamento. La onde con questa mia introduttione l’huomo si fara agile, et destro: et tirera i suoi colpi da principio polti, et lunghi; alla giustezza della sua spada: et quando esso vorra batter per tirare il dritto, si trovera fermato di fuora giusto, con la punta della spada dritta, et il braccio ben disteso; et ben voltato il filo della spada: accio che il piatto della spada stia verso la terra. Oltra di cio, poi che esso havera tirato il dritto; nel modo gia recitato; egli si trovera, come si e detto; nella guadia di dentro; la quale tiene parimente il braccio ben disteso; la spada giusta, et dritta col filo buono voltato verso la spalla sua stanca; et egli ben voto, et raccolto nella vita. Ora queste due giustezze di fermate; o guardie principali, loro ragionevolmente si conviene; per esser le dette due gardie le piu utili, et le piu sicure; et quelle che ne possono piu giovare di tutte le altre guardie: per esser elle da se bastanti contra ogni altra guardia; che lo aversario possa usare. Conciosia che esse guardie solamente con lo abbassarsi, et alzarsi; secondo che il nimico si alza, et bassa; voltando sempre il filo buono contra la spada di quello; ci tiene sicuramente difesi dalla offesa nimica.

--- --- Lámina 3

Seconda fermata di spada

Da queste due guardie principali: delle quali noi chiamaremo; come gioa dicemmo; quella che e di fuori, guardia di tutta coperta; et quella che e di dentro guardia di meza coperta; si puo cavare una scientia di profondissimi secreti della spada: come a luogo conveniente di questo mio trattato; con lo aiuto del Signor IDDIO; faro alla Mta. Vostra espressamente conoscere. Per tanto accio che la Mta Vostra possa intendere l’ordine, che io intendo di tenere in questo mio libro; per darle perfetta cognitione di questa scientia; ho pensato per non le portare noia, et satieta di dimostrarle distintamente con buono ordine, sotto diversi nomi, et vari abbattimenti di varie sorti di arme: tutto quello, che possino fare duo huomini venuti alle mani; cosi nello offendere, come nel difendere, et non solamente nello abbattimento della spada sola; ma nelli abbattimenti di tutte le altre sorti di arme. Mta, percioche l’huomo non si debe porre senza il divino aiuto, a fare impresa alcuna; so priego la celeste bonta a prestarmi tanto di favore, et di gratia; che to possa attendere, et compire alla Mta V. Christianissima;

--- ---

et compire alla Mta V. Christianissima; quanto le ho promesso di fare nel presente mio libro; nel quale io fuggiro, come e mio solito, ogni prolissita superflua, che si possa fare, attendendo solamente alli saldi sicuri, et veri fondamenti del vero schermire, tralasciando diversissime sorti di guardie con li lor nomi, gia d’altri tocche; pericioche queste mie fermate, usate secondo la regola, et modo, da me descritte sono sicurissime, contra qualunque fermata si voglia; et in non molto intervallo di tempo; so con la theorica accompagnata con la prattica; faro riuscir ogni industrioso ingegno, in questa scientia dello schermire; a lodevolissima perfettione:

--- --- Lámina 4

Annibale reo Scipione attore.

Scipione hevendo chiamato Annibale, per causa di honore ad abbattimento; con una spada sola: entrato nello steccato, messo mano alla spada, si pose in guardia di fuora, contra Annibale come si vede nel disegno. Annibale, allo incontro si messe in guardia di dentro, tenendo la punta della sua spada al pugno di Scipione; per impedire che esso come Attore, non possa discendere al ferire. Per la qual cosa Scipione vedendo Annibale fermato si ben giusto, et polito; cerca d’altra parte, tutti i mezi, et modi, di potere senza alcuna sua offesa coltellare col nimico. Et per far cio si alzo un poco; il perche Annibale che dovea in quel tempo soffogarlo; non lo havendo fatto; Scipione trovandosi haver tempo, battendo prima la spada nimica; gli tiro un dritto igualembrato; crescendo nel tirarlo un gran passo, con la gamba dritta; et tenendo saldo il piede stanco; ilche fatto, subito ricuperando il passo, lo porto al luogo suo di prima. Quivi Annibale per difesa del dritto, tiratogli dal nemico; ando’ad incontrare quel colpo con la spada; giustando la spada, et portando alquianto la spalla stanca,


--- --- con un mezo canso in dietro, gli rispose con un roverso verso la gamba dritta: il qual roverso con prestezza, et con voltare il pugno della spada, fu da Scipione parato. Scipione ritornando a fermarsi nella sua guardia: per noi detta; tiro un roverso per testa ad Annibale, che fu da lui in cotal modo parato. Perche vedendo Annibale quel roverso u oltarsegli alla testa; trovandosi fermato nella guardia di dentro contra la guardia, nella quale lo aversario si era fermato; ando in quel medesimo tempo che il roverso si voltava un mezo passo col piede dritto, verso la man stanca nemica, riportando subito il piede stanco, dietro del dritto: voltando il filo buono contra il roverso: et con tal modo, havendo parato quel roverso; rispose a Scipione di un dritto alle gambe, il quale dritto su da Scipione con la votezza delle gambe; con lo abbassarsi della vita; et della spada, et con la fermata di dentro, destramente parato. Et havendo egli cio fatto; ritornando nella usata sua guardia; scosso il braccio et il pugno della spada in dietro: abbassando alquanto la punta della spada; caccio velocemente una stoccata alla volta del petto di Annibale; la quale fu da lui a questo modo parata. Che vedendo Annibale la punta nimica discendere da alto a basso, si giusto con la spada; et abbassando alqunto la sua punta, sotto quella di Scipione; con lo alzare subito la sua spada, con quella dello aversario infieme; facendosi con la spada, et con la vita, giusto; paro quella punta:


--- --- Lámina 5

Curtio reo Pompeo attore

Pompeo, et Curtio, Condottosi in Campo chiuso, per diffinire certa loro querela di honore; con una spada sola; Pompeo si fermo alquanto fuori in passo; et Curtio si fermo anchor esso in passo, in guardia di dentro. Pompeo allhora che era attore, col falso della sua spada batte due volte, l’una dopo l’altra, la spada di Curtio, et battuta crescendo di subito inanzi un gran passo, gli tiro un dritto tondo per testa.

Curtio quivi essendosi fatto forte contra le due battute di Pompeo, con lo andare col filo della spalla ad incontrarlo; vedendo venirsi il dritto tondo violentamente verso la testa, si giusta la spada, et la vita, contra quel dritto; et portando la spalla stanca in dietro; lo venne politamente a parare. Pompeo cio vedendo , di nuovo si rimette nella guardia suo solita; et Curtio nella sua prima guardia anchora. La onde Pompeo fingendo di voltargli un roverso; col filo buono della spada gli batte per due volte, l’una dopo l’altra. La spada: tirandogli un roverso tondo per testa.

--- --- Pompeo settendosi batter il falso della spada; subito volta il filo buono, et va ad incontrar le battute nimiche: et andando col piede stanco un mezo passo, contra la man dritta di Curtio, portando con prestezza il piede dritto dinanzi allo stanco, et voltando il pugno della spada, et giustandosi si trovo con la facilita haver parato quel roverso.

Pompeo vedendo che Curtio ha valorosamente parato quel suo dritto, et roverso; mutando partito, gli tiro un roverso finito, insino appresso alla guarnitione della spada di fuora; poi tutto a un tempo cambia il riverso in un dritto: credendo che Curtio nel voltar il pugno contra la sua finta, dovesse la sciarsi trasportare fuora di tempo; et restasse meglio discoperto al suo dritto.

Curtio non credendo del tutto alla finta del nimico: con giusta misura volta il pugno; poi vedendo cambiarsi nel dritto, volta il filo buono nella guardia di dentro; et giustando la spada paro felicemente quel dritto.

Quivi fingendo Pompeo un altra volta; ma per contrario; di tirar un dritto insino al pugno della spada dello aversario; lo cambio in un reverso di mano; il quale fu da Curtio col voltare tosto il pugno della spada, attamente parato:

--- --- Lámina 6

Fulvio attore Flavio reo

Essendo entrati in steccato per combattere con una sola spada, per causa di honore; Fluvio, et Flavio: Fulvio Attore si fermo in guardia alta, ben voto, et polito. Flavio per contra si fermo in guardia, detta guardia di chiamata a basso; aspettando che Fulvio discendesse: essendosi acconcio in modo che parea che invitasse Fulvio a discendere. Fulvio abbassa la punta della spada; et in quel tempo; va un mezo passo col piede dritto, seguitando il piede stanco di dietro del dritto; et battendo con la trovata la spada di Flavio , gli tira un dritto alla testa.

Flavio in quel medesimo instante, che Fulvio abbasso la punta, per battergli la spada; se gli havesse subito crescendogli addosso con la vita, et con la spada; impegnata la spada; lo harebbe investito di punta: ma perche non lo face, Flavio subito che Fulvio gli hebbe battuta la spada, et tirato il dritto; ben voto et giusto; fermandosi in guardia di dentro; hebbe quel dritto accortamete parato

--- --- hebbe quel dritto accortamete parato.

Fulvio da capo si rimette nella medesima guardia alta; et va fingendo di voler colpire Flavio, hora di punta, et hora di taglio; per portarlo fuora di tempo; et trovar modo di potere sicuramente ferirlo. Sia Flavio conosciuto il disegno dello aversario; fermato, et sicuro, sopra la sua guardia aspettativa: non crede punto ad alcuna finta del nimico: come quello che sa molto bene, che le finte non si fanno ad altro fine, che per iscoprire lo aversario: per poterlo poi piu sicuramente offendere.

La qual cosa vedendo Fulvio non potendo far mover Flavio punto fuora della sua fermata: gli caccia determinatamente una stoccata da alto a basso alla volta della faccia. La qual stoccata Flavio che stava con gli occhi ben aperti. Aspettando quello. Che volesse fare il nimico, battendo col falso della dua spada, la spada di Fulvio; portandola fuora della sua vita; subito che la hebbe battuta, si volto con un roverso, alla volta della gamba dritta di Fulvio: il quale roverso Fulvio con molta prestezza volto il pugno della sua spada, in guardia di fuori: ben voto, et polito: parando il detto roverso. Il qual roverso subito che Fulvio hebbe parato: remisse a Flavio per quella medesima linea, con che paro il roverso; una imbroccata di punta: la quale, riportando Flavio tosto il piede stanco: cansando il detto piede, et la vita di dietro alla gamba dritta: et abassando ben la punta della spada, porto fuora: cosi schifando la punta nimica.

--- --- Lámina 7

Hortensio attore Fabritio reo

Hortensio, et Fabritio: per querela di abbattimento, condottisi in steccato con una spada sola: Hortensio Attore, subito si fermo con la gamba stanca inanzi; con la guarnitione della spada al galone dritto; et la punta giusta contra di Fabritio; tenendo la man stanca inanzi per batter la spada di Fabritio. Fabritio dall’altra parte si fermo contra di Hortensio in guardia di dentro: et abbasando alquato la vita; stavasi aspettando cio che il nimico si volese fare: Hortensio cio veduto va tentando, et fingedo, insin che possa trovare tempo di assicuarare la spada di Fabritio. La qual fermata gli batte la spada con la man stanca; et gli caccio la punta per di dentro. Fabritio allhora trovandosi la punta battuta non la lascio pero portare fuora di tempo. Conciosia, che in quel tempo che la punta gli fu dallo aversario battuta, egli la abasso un poco; et la scosse verso la faccia di Hortensio, et nel medesimo tempo canso di vita, giustandosi col filo buono della spada in guardia de dentro; portando alquanto la spalla stanca in dietro: et restando in effetto con la vita giusta, et con la spada; hebbe con questo modo destramente parata la punta nimica.

--- --- In quel tempo Hortensio da capo si rimette nella sua solita guardia: et fingendo di voler entrare quando dall’uno, et cuando dall’otro lato; havendo trovato il tempo; abbassa un poco la punta della spada; et battendo la spada di Fabritio; subito gli tiro un dritto, per dargli nella gamba dritta.

Fabritio che dovea guadagnare quel tempo de inevestire Hortensio; allhora che egli abbasso la punta della spada, per batter la sua; non lo havendo fatto, prestamente ritiro la gamba dritta appresso alla stanca; et abbassando la vita; et giustando la spada in guardia di dentro; paro coraggiosamente il colpo di Hortensio.

Hortensio trovandosi fallito il suo disegno; va un mezo passo inanzi per fianco, verso la man dritta di Fabritio ; et determinato entra con una entrata di punta, per di fuori; di che accortosi Fabritio; che stava su lo aviso; con prestezza volto il pugno della spada, in guardia di fuora, contra la spada nimica, et politamente giustando la vita, et la spada; va un poco inanzi per fianco col piede stanco, verso la spalla dritta di Hortensio; et cansando alquanto dietro la spalla sua dritta; con ragione hebbe parato quel dritto nimico:

--- --- Lámina 8

Valerio reo Papirio attore

Papirio, et Valerio, venuti insieme a deliberato abbattimento in campo libero per controversia di honore; con una spada sola, amendue si fermanrono, ad un medesimo tempo, a basso in passo ben giusto; et in guardia di dentro.

Dove Papirio, che era attore; incomincio abbasare u npoco la punta della sua spada, sotto quella di Valerio: et battendola alquanto; gli tiro sempre alla mano; hor dritti, hor roversi tondi, hor sgualmembrati, et hor fendenti; tirandogli cotai colpi sempre con arte, et con inganno.

Valerio dall’altra pare; per difesa delli detti colpi; va volgendo il pugno della spada, hor da un lato et hor dall’altro; rispondendo al nimico di somiglianti colpi anchora; prevenendo, per esser il primo a tirare, che Papirio habbia causa di attendere a parare; et non a ferire.

Si che accortosi Papirio; si rimette nella sua solita guardia: tenendo saldo il pugno; et con molta arte, va fingendo con la punta della spada; non si allontanando pero con queste finte, dalla spada nimica; un filo di coltello.

--- --- Valerio anchora con simile modo di fingere, va disfacendo le finte dello aversario: et prevenendo alle sue finte; accioche esso non trovi tempo di ferire: ma prenda cura di solamente mettersi a difendersi.

Papirio allhora pure ansioso di voler entrare; fingendo di voler entrare di dentro con molta prestezza, entra di fuora; trovando la nimica spada dal mezo in dietro: talmente che la punta di essa se ne ando quasi a toccare il petto di Valerio. Il quale da tal colpo si difese a questo modo.

Imperoche, trovandosi Valerio quella punta vicina al petto; non havendo tempo di scodere la spada di punta; voltando subito tutta la vita; et portando in dietro la gamba, facendosi debile dinanzi; con la spada; et con agilita si difese, et con tal modo, havendo portato fuora quella punta, rispose subito a Papirio di un dritto fendente per testa; il quale fu da lui con gran fatica, et prestezza; sotto la spada coprendosi parato.

--- --- Lámina 9

Ottavio attore Marcello reo

Ottavio e dimandato da Marcelo, a singolar battaglia; con una sola spada: per causa di honore: questi ritrovandosi nel campo, amendue si fermarono in guardia di dentro ben giusti, voti, et politi: volgendo i fili delle spade loro, l’uno verso dell’altro.

Ottavio allhora; a cui come Attore tocca esser il primo a ferire; cerco di entrare di punta, per quella istessa via per la quale egli si e fermato: la qual punta Marcello porto fuora col filo della sua spada, bene et prontamente.

Di nuovo Ottavio si rimette a segno, nella sua principiata guardia: et con travagli politi di punta; va fingendo di volere entrare, hora da questo, et hora da quel lato; per veder se egli potesse condurre Marcello fuora di tempo.

Marcello quivi sta saldo contra le finte di Ottavio; et non gli crede punto; anzi in quel mentre che il nimico finge, esso si caccia inanzi; voltando sempre il filo buono, contra la nimica spada. Ilche veduto Ottavio, si torna un altra volta piu gagliardamente, et con prestezza a fingere; et nel fingere si caccia sempre piu inanzi.

--- --- Marcello parimente anchora contra finge; et porta fuora sempre la punta col filo buono della spada, dove il nemico le caccia.

Allhora vedendo Ottavio che Marcello gagliardamente si difende; determina di trovar la via di poterlo ferire: et con questo pensiero, si abbassa con la spada, et con la vita; et si discopre; accioche Marcello il seguitasse per investirlo. Ma gli ando fallito il pensiero; perche Marcello subito lo seguito di punta; per di fuoroa; andando ricercando la vita dello aversario.

Et in questo erro Marcello; che volendo pur seguitare Ottavio; doveva andare ben giusto; et volgere il filo buono, contra la spada nimica; perche esso cosi si sarebbe assicurato, che la spada di Ottavio, non l’havrebbe potuto offendere. Il quale errore conosciuto che hebbe Ottavio; con prestezza ritorno a segno in guardia di dentro; et entando sul dritto, con la vita in filo, entro con una gran punta di entrata nella spalla di Marcello.

Una cotale punta si potea parare in piu modi: de quali duo sono i principali. Il primo era, che Marcello dovea giustarsi presto col filo buono della guardia di dentro; mettendosi in filo di vita. Il secondo modo era alzare il pugno della spada, et abbassado la punda di quella, portar la spada nimica a terra; fuora della sua vita; andando in quel tempo un poco inanzi per fianco; riportando col piede stanco subito il piede dritto, dinanzi del stanco. Con questi duo modi si potea; come ho detto; Marcello leggiadramente difendere, da una cosi fatta punta:

--- --- Lámina 10

Costante attore Belisario reo

Costante con Bellisario si conduce in campo libero, et franco, per provarli con una sola spada, la intentione sua. Et quivi amendue giunti: Constante si fermo ben forte giusto, et polito, in guardia di fuora.

Bellisario allhora si pose all’incontro di Constante in guardia di dentro. Per la qual cosa Constante come Attore, cerco di cansar di vita, per fuggir la punta dell spada di Bellisario; per entrare poi risolutamente con una punta alla volta del petto nimico; pensando di volersi servire di entrata incurvata, o vogliamo dire piu tosto gobba.

Il perche vedendo Bellisario, che Constante cerca fuggire lo impedimento della sua punta; va seguitando di tenergli sempre la punta volta alla faccia: accioche Constante non corra inanzi. Per questo contrasto, che gli fa lo aversario non riuscendo a Constante il suo disegno; vedendo che Bellisario con la punta seguita va alla faccia; et che da quel lato non vedea strada sicura di poter ferire il nimico; muta proposito, et mutato finge di volere entrare di punta; nel modo gia sudetto: poscia con gran prestezza volta un gran ramazzone di roverso da alto a basso,

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alla volta della testa di Bellisario il quale ando di subito a prevenire la finta della punta nimica. Et da questo prevenimento; si causo tutto il suo giovamento. Et fu il suo prevenimento fatto a questo modo; cio e che esso alzo la punta della sua spada, a cavalier della spada di Constante; andando col piede stanco inanzi, per fianco della banda dritta del nimico; riportando subito il piede dritto davanti del stanco; et con questo modo maccando la spada di Constante a terra levo quella finta. La qual causo, che Bellisario non hebbe da far altro, per difendersi da quel ramazzone di roverso, che gli volto il nimico; se non di alzar la spada; coprirsi sotto, inchinare alquanto la vita; et portando fuora la spada di Costante; ritrovarsi in guardia di fuora giusto. Cosi esso si ritrovo di havere attillatamente quel roverso nimico parato.

Constante quivi si mette di novo, nella sua guardia di fuora; et assai travaglia Bellisario; con molte finte; per dargli a credere che esso voglia pur entrare, per quella strada; et finalmente dopo haverlo molto travagliato; va correndo per ferirlo. Contra del quale Bellisario, a questo modo si mosse alla difesa. Egli vi ando contra la spada; senza mover il passo, et la vita; come la ragion voleva, che dovesse fare, andando egli alla difesa, per loquale errore, esso resto discoperto di fuora. Di che avendutosi Constante, cambo la punta della spada; la quale era di dentro; riportandola di fuora; et prestamente u olto il filo buono contra la spada di Bellisario; et giustandosi, se gli caccio addosso con la spada, et con la vita; et gli caccio un palmo di spada per di fuori nell spalla dritta.

Hon e dubbio che Bellisario hebbe quella punta da Costante perche esso non mosse il passo, et la vita; quando mosse la spada. Hon dimeno se egli fosse stato presto, con un canso di vita: andando col piede tanto verso la spalla dritta nimica: riportando il piede dritto inanzi del stanco; voltando con giustezza il filo buono della sua spada, che esso si sarebbe da quella punta difeso.


--- --- Lámina 11

Alessandro attore Dario reo

Alessandro per certa offesa ricevuta da Dario; si condusse con essolvi al paragon delle arme; con una sola spada in steccato: dove Alessandro a cui come attore, toccava andare a trovar Dario; si fermo in guardia di fuora di tutta coperta, un poco alto co la vita; et con la spada; benissimo voto, et polito.

Dall’altra parte, Dario per contra si fermo nella guardia di dentro di meza coperta; Aspettando cio che Alessandro volesse fare. Alessandro allhora va di lungo, col piede dritto, verso la man dritta di Dario: et trovandoli la spada col filo buono, gli fa una punta in falso; accioche esso si alzi: poi lascia andare un dritto alla volta delle gambe del nimico.

Dario, nel tempo che Alessandro gli fa la punta in falso alla faccia; si giusta con la spada, et con la vita; et per difendersi da quel dritto; si fa ben voto: et abbassando la vita, et la spada; lo paro con la guardia di dentro.

La onde ritornando Alessandro nella sua fermata; fingendo un’altra volta di tirar un dritto a Dario; gli volge un roverso sgualembratro alla volta del braccio dritto; al quale Dario prevenne, andando contra la finta:

--- --- andando contra la finta: poi vedendo che il nimico volta il roverso giustandosi volta anche egli il filo buono della spada in guardia di fuora cosi parando quel roverso.

Quivi Alessandro finge di novo voler voltare il medesimo roverso; il che credendo Dario: ando con un violentia alla parata. Lasciandosi trasportare alquanto fuori di tempo. Il perche Alessandro di subito scosse la sua spada: che era di fuora; et la porto di dentro; et entrando detterminato diede una punta a Dario, il quale cansandosi nella vita, per fuggir quella punta; Alessandro cacciandosi inanzi gli prese il pugno.

Ora quello che dovea far Dario, per fuggir la punta, et presa di Alessandro; se ben esso si ritrovo al quanto fuori di tempo, nello andar che face alla parata; nel voltar il pugno contra finta del roverso nimico, era questo; che dovea giustarsi; tenendo la punta della spada alla faccia nimica. Imperoche se egli cosi havesse fatto; Alessandro non lo haverebbe en ferito, ne preso:

--- --- Lámina 12

Detio attore Bruto reo

Essendosi condotti insieme a singolar battaglia, con una sola spada; Detio et Bruto; per causa di honore giunti che furono nello steccato; Decio si fermo in guardia di fuora; ben voto polito. Et ben disteso. Et Bruto all’incontro si fermo in guardia di dentro; molto ben fermato.

Decio che era Attore: incomincio a tirar un montante da basso in alto alla faccia di Bruto; facendo glielo montare dalla banda stanca, et montato discese con un gran dritto sgualembrato.

Allhora Bruto, per difesa di quel montante, lo ando ad incontrare con la spada con giustezza: et paro quel dritto, con la fermata della guardia di dentro: abbassando politamente la vita.

Decio, havendolo quel dritto portato a basso; fice un altro montante di roverso, da basso, in alto; et gli replico dietro subito un roverso da alto, a basso: moltiplicando con prestezza a un dritto, et un roverso traversanti; finendo i duo colpi, con un fendente per testa.

Bruto quivi si face forte contra il montante: volgendo il pungo della spada, contra quel roverso; facendo con li colpi traversanti, et di guardia di dentro; dalla meza spada in dietro, con gran ragione riparo il roverso, et fendente.

--- --- Decio allhora ultimament si abbassa ben giusto con la vita, et con la spada: et finge di volere entrare di punta di dentro; alla cui finta Bruto credendo ando con la spada, senza mover la vita, fuora di tempo alla parata. Il perche Decio subito cambando la spada di scossa di punta, per di fuora; face a Bruto una entrata di punta nel petto. Et datagli quella punta incontinente gli prese il pugno della spada.

Se Bruto si voleva in quel punto, difendere da quella punta, et presa di Decio; bisognava che esso prima stesse saldo, ben fermato. Et giusto; contra la finta; et quando pur Decio fosse entrato di fuora, egli gli dovea con prestezza a voltare il pugno della spada, et giustarsi. Perche cosi facendo esso si sarebbe difeso da quella punta; ne dal suo aversario non sarebe stato preso.

--- --- Lámina 13

Mario reo Lutio attore

Lutio condottosi da solo a solo con Mario a cimentarsi con una spada sola, per interesse di honore; entrato in steccato, subito si fermo in passo; abbassando la vita, in guardia di fuora. Mario parimente si mise contra Lutio, in passo: incurvando la vita in guardia di dentro.

Lutio Attore, nel medesimo modo, che si fu fermato; con una entrata di punta voltossi alla faccia di Mario; dalla quale punta, Mario subito si difese, con giustarsi in filo con la vita. Peroche la porto fuora col filo buono della spada; nella guadia di dentro.

Lutio ritorno a fermarsi, nel modo sudetto: et fermato finge un’altra volta entrar, come prima havea fatto; et subito fatto lo atto, di voler entrare, lascia un dritto alle gambe di Mario. Il quale dritto fu da Mario in tal guisa parato. Conciosia che Mario levandosi giusto contra la finta della faccia; subito incrocicchia la sua spada di sopra a cavalier della spada nimica; et portandola di subito a terra, fuora della sua vita; mutandosi con un mezo passo fatto in quel tempo; et andando col piede stanco inanzi per fianto versola man dritta di Lutio; riportando tosto il piede dritto davanti del stanco; con tal modo venne a parare ragionevolmente quel dritto del nimico.


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Lutio vedendo non gli esser riuscita quella botta; da capo si ferma; nella gia detta guardia: et poi con gran prestezza cansa di vita, dalla banda dritta di Mario; et gli volta subito un roverso fendente per testa.

Mario allhora va a disfare il canso di vita, di Lutio; con lo andare un passo verso la man dritta di quello; et poi andando col piede stanco, a riportare subito il piede dritto davante del stanco; et appresso levando la spada in guardia di fuora: con grande agevolezza si riparo da quel roverso.

Inuittisimo Re, fa tuuti i colpi: che si fono vedutti, ne abbattimenti, sin qui da me descritti: ben che essi sieno con bonissime ragioni fatti: nondimeno niuno ve en ha; che a mio giuditio, si possa parangonare col colpo, che la Mta. Vostra vedera fare a Vareno; nel seguente abbatimento, contra Pulfio suo nimico. Il qual colpo, Christianissimo Re; e la trovata della spada nimica. La qual trovata, si come i dinari sono il nervo principale della guerra; cosi la trovata, e il nervo, et principale fondamento, della scientia delle arme. Imperoche l’huomo non puo havere la perfetta cognitione di essa scientia; ne puo sicuramente combattere; se esso bene. Et con ragione, non fa ritrovare la spada del nimico. Pericioche con essa trovata egli viene a levare tutto quello che lo aversario suo, puo fare contra di lui; con la spada sola. Come vuestra Mta. potra apertamente comprendere nello abbattimento che segue tra Pulfio et vareno:


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Lámina 14

Pulfio attore Vareno reo

Pulfio adunque, et Vareno, essendosi condotti a spada sola, in steccato; per conto di honore. Pulfio a cui toccava, per ragion della sua querela, esser il primo feritore; si fermo di subito in guardia di fuora, et Vareno in guardia di dentro

Pulfio essendosi cosi fermato; va subito, et risoluto, a trovare la spada di Vareno: il quale si era fermato nella guardia, che io dissi: et va col piede stanco inanzi, per fianco, dalla banda dritta di Vareno: et in uno instante riporta il piede dritto, davanti del stanco; et cosi levando da alto a basso, la spada di Vareno: con questa trovata cerca di esser patrone della spada nemica.

Vareno allhora, che non era manco di Pulfio dotto, in questa scientia; anchora che esso potesse fare dicoltellate a basso, di poco tempo; contra la trovata del nimico; pur si lascio da lui trovare: come quello che sapeva cio che trovandolo pottua far Pulfio: et cosi quello che esso poteva fare, trovando la aversario.

Ora havendosi l’un, l’altro, in tal maniera trovato. Vareno di subito levo la punta della sua spada. Che era di fuora; si come era parimente di fuora, quella di Pulfio; et abbassando alquanto la vita;


--- --- col mezo della spada in dietro impegno la spada di Pulfio; et tutto a un tempo si giusto per dargli della spada nel petto.

Pulfio in quel punto con grande arte, et destrezza, havendo col medesimo modo, retrovata la spada di Vareno; da quella punta, che da lui gli fu tirata; subito che da lui fu trovato, coraggiosamente si difese; solamente col giustarsi: et con lo alzare la sua spada, che era a basso, et riportarla in alto. Quivi si ritrovarono ambi duo, trovati di fuora a meza spada alto: Di modo che conoscendo il Signor del campo la scientia di questi duo Cavalieri, si vi intromisse si, che li fece cordiali amici:

--- --- Lámina 15

Rutilio attore Furio reo

Rutilio, et Furio; condottisi in campo libero per cimentarsi, con una spada sola, per conservatione dell’honor loro: Rutilio si fermo ben voto, et polito, in guardia di fuora, un poco alto. Allo incontro del quale si fermo parimente Furio, ben piantato, et polito; in guarida di dentro.

Rutilio Attore si mosse, et abbassando la punta della sua spada, sotto quella di Furio: subito alzando la punta di essa, si caccia inanzi; et trova a meza spada nimica.

Furio d’altra parte si lascia trovare; havendo prima voltato il filo buono della spada, contra la spada di Rutilio; come nella figura di sopra si vede.

Rutilio subito trovato che hebbe Furio, conosce che egli a’posta si e lasciato trovare: non gli havendo esso fatto contrasto nel punto, che Fu ritrovato; tuttavia vedendolo si ben posto, con la spada in mano; usa arte, et ingegno in questo gioco di meza spada; et ritrovandosi l’uno, et l’altro, ritrovato di fuora; Rutilio stassi ben attaccato con la sua spada alla spada de Furio; et andando col passo del piede stanco, dalla parte dritta del nimico; cerca col passo di guadagnare quello avantaggio: et di fuggire la spada nimica.

--- ---


Furio essendosi di cio molto bene accorto; vedendo Rutilio mover il passo; egli move anche il suo passo; et va con tal ragione verso la banda nimica: che per anchora fra loro non si vedea vantaggio alguno.

Rutilio dopo questo incomincia a maccare forte la spada di Furio; maccando giusto; et guardando col maccare di non passare i termini; per non andare fuora di tempo.

Furio allhora sentendosi maccare la spada si indebolisce et stassi avertitio; cercando con l’agilita di condurre la spada dello aversario fuora di tempo: per poterlo poi ferire.

La qual cosa havendo vedutto Rutilio; ritorna a maccare forte la spada di Furio; per fare che esso anchora macchi la sua; et facendosi poi debile; trovando il nimico fuor di tempo lo ferisce.

Furio quivi sentendosi maccare; macca esso anchora: ma cossi giusto maccano ambi duo; che non si lasciano trasportar fuora di tempo; un filo di coltello.

--- --- Lámina 16

Sempronio Attore Carbone Reo

Entrati in campo chiuso, Sempronio et Carbone; per decidere con la spada sola, certa loro causa di honore; ambiduo di subito quivi si fermarono a basso, in guardia di dentro.

Sempronio Attore, si mosse et ando a trovare la spada di Carbone; alzando il pugno et abbassando la punta; et incrocicchiandola da basso, come nel disegno si vede.

Carbone si lascia trovare; et subito che tutti duo trovati si furono, si alzarono un poco di vita: Carbone allhora levo la punta della spada, verso la faccia di Sempronio; facendosi ben giusto, et voto.

Sempronio per difendersi dalla punta nimica, fa il medesimo: levando anche egli la punta della sua spada verso la faccia di Carbone; et voltando il filo buono contra la spada del nimico; facendosi voto, et polito; con gran ragione, a questo modo, dalla punta di Carbone si difese.

Vedendo Carbone che la punta volta alla faccia nimica, non gli e riuscita; lascia di subito un dritto segante verso le gamba di Sempronio.

Sempronio allhora per difesa di quel dritto; subito abbassa la spada, in guardia di dentro, da basso; con la punta verso terra: la onde amendue si trovarono un’altra volta attaccati; et trovati di meza coperta da basso; come prima.


--- ---

Carbone quivi stando con la spada cosi incrocicchiato; caccia inanzi la punta della spada; per dare nelle gambe a Sempronio, et cosi porto fuora la spada di Sempronio; che quella non lo pote ferire.

Di nuovo Carbone abbandona la spada dello aversario; et alzatosi alquanto, caccia una punta verso il petto del nimico; abbasando subito el pugno contra la offesa della spada.

Sempronio alhora con molta aglilita, et ragione; paro quella punta: mettendo solamente in quello instante, che Carbone gli caccio quella punta; la sua spada di sopra, dal mezo inanzi, d’cavaliero della spada nimica: et portandola a basso, fuora della vita; si saluto benissimo da quel colpo.

--- --- Lámina 17

Cornelio Attore Labieno Reo

Cornelio, et Labieno; redottisi in steccato con una sola spada, ad abbattimento per chiarezza della verita: Quivi si fermarono ambiduo ben voti in guardia di dentro.

Cornelio che era Attore: va presto per ritrovare la spada di Labieno: et fitto abbassa la punta della sua spada, per batter con quella la spada dell’aversario: et subito battuta gli lascia un gran dritto sgualembrato; raddopiandogli di subito dietro un roverso; con gran prestezza di mano: coltellando continuamente con molta misura: accioche la spada da Labieno non gli sia trovata.

Labieno allhora con grande arte, et cuore; va tutti quei colpi arditamente parando: il dritto di dentro et il roverso di fuora; et alcuna volta gli va parando tutti di fuora: secondo che se gli appresenta la occasione: Cacciandosi sempre inanzi parando. Per la qual cosa Cornelio fu costretto per lo continuo colpire del nimico, ritirarsi, et perder tempo; insino che esso si trovo quasi alla sbarra dello steccato: do ve finalmente la spada Labieno gli fu trovata al mezo: l’uno, et l’altro di dentro.


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Cornelio in quel tempo, maccando un tratto la spada nimica: et subito fattosi debile, con la spada diede un roverso a traverso del fianco di Labieno.

Labieno hebbe quivi quel roverso; perche volse contramaccare; il che esso fece cosi forte, che Cornelio con la sua agilita, gli porto la spada fuora di tempo: onde egli si trovo tutto discoperto a quel roverso. Et cosi per questo egli resto battuto dal suo aversario.

Ora il rimedio, che con ragione poteva trovare Labieno al roverso che gli tiro Cornelio; doveva esser questo; Che poi che la spada gli fu trovata; maccando Cornelio; dovea esso anchora maccare; ma maccare si giusto, che la spada non lo trasportasse fuora di tempo. Appresso se egli poi havesse voltato al roverso nimico, presto il pugno della spada, con facilita lo havrebbe parato. Et in oltre se esso fosse stato ben giusto, con la punta della spada, verso la faccia di Cornelio; Cornelio con dificulta gli havrebbe potuto voltar quel roverso.

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Lámina 18

Domitio Attore Traiano Reo

Domitio si condusse con Traiano in steccato: con una spada sola, per verificare il suo detto: et entrato in campo; essendosi fermato Traiano in guardia alta; egli all’incontro si fu fermato con la punta della sua spada al pugno.

Et come che cio da alucuno non gli fosse ricordato; havendo carico di provare; ando a trovare Traiano: con una bellissima et sicurissima trovata di spada: stando in simil guardia fermato.

Fu la trovata di Domitio questa; che in quel medesimo tempo, che esso teneva la punta della spada verso il pugno, alzandola sopra la spada di Traiano, da alto a basso; trovo la spada nimica; et la porto con la maccata a terra; et poi si ritenne di fuora col filo buono attaccato alla spada di Traiano: andando in quello instante un mezo passo col piede dritto; riportando subito a dietro il stanco; verso la man stanca dello aversario. Il perche Traiano si trovo trovato, et suggetto alla spada di Domitio.

--- --- Traiano allhora che si trovo serrato, et trovato; subito va inanzi per fianco, col piede dritto; riportando di dietro il stanco; et volta un dritto fendente per testa a Domitio; dal quale dritto , esso con lo appresentarsi presto in guardia di dentro, et col giustarsi con molta ragione si difese.

Traiano di novo si ferma nella istessa guardia alta; et va cansando di vita: fingendo con la punta della spada; cosi per dare sospetto a Domitio di voler entrare hora da un lato, et hora dall’altro; come per far, che la spada non gli sia dal nimico trovata.

Domitio dall’altro canto; che benissimo intendea questo maneggio di arme; et quivi lo dimostro; co ogni buono aviso, e studio, non attende’ad altro, che a trovare la spada nimica: sapendo molto bene, che levando lo impedimento via della spada contraria: puo sicuramente ferire il suo nimico. Et per questo stassi saldo contra le finte di Traiano: et andando sempre inanzi serrando, da capo lo va a trovare; nel modo che habbiamo detto; et subito trovatolo; maccandogli la spada a terra; levo la punta della sua spada, et diede a Traiano una punta nel petto.

Hon e dubbio che Traiano allhora poteva, con piu modi; et con facilita difendersi da quella punta. Et fra gli altri questo era l’uno; se esso stando avertito quando Domitio levo la punta per ferirlo, havesse levato anchora la sua; cansandosi alquanto di vita; con la spalla stanca indietro; et giustandosi col filo buono, voltato in guardia di dentro. Percioche cosi facendo havrebbe parato quella punta.

--- --- Lámina 19

Sertorio Attore Antiamo Reo

Sertorio sostenendo la persona di provocatore; condottosi in steccato con Antimo; con una sola spada; per contesa di honore; si fermo in guardia di fuora. Et Antimo parimente si fu fermato all’incontro in guardia pur di fuora; contra ogni stilo et ragione di arme. Percioche Antimo come Reo: si dovea fermare contra Sertorio, che era Attore: in guardia di dentro. Ma perche Antimo cosi si fermasse si dira in altro luogo.

Sertorio, vedendo il nimico fermarsi nel modo medesimo, che egli si era fermato: penso di fermarsi contra lo aversario in guardia di dentro: sapendo molto bene, che cotale fermata non e tanto principale per difendersi, quanto anchora per offendere. Poi tutto a un tempo muta proposito: et si risolve poi, che egli si e fermato in cotal guardia di fuora; di volere anchora sostenerla; et in essa perseverare: massimamente conoscendo che questo era anchora disegno del suo aversario. Et per tanto comincia a mover il passo: fingendo di punta verso la man stanca di Antimo. Il quale cio veduto, fa il medesimo contra la man stanca di Sertorio. Di modo che insino allhora si trovavano esser pari.

--- --- Sertorio allhora delibera trovare la spada nimica; et con tal deliberatione muta il passo al contrario del primo, caminando verso la man dritta di Anitmo; et prima andando con la gamba stanca, riportando subito il piede dritto davanti del stanco; abbassa la punta di sotto della spada nimica: et alzandosi con la spada; subito trova la spada di fuora del nimico, a meza spada: contra la qual fermata, Antimo si fermo ben fermato; et amen due in passo.

Sertorio quivi con ragion di arme; incomincia con la trovata; stando sempre con la sua spada attaccato a quella dello aversario; a cercare ogni avantaggio; hora con cansi di vita; hora con le maccate giuste, hora con agilita; di trovar la strada di ferir il nimico. Il quale per difesa delle sadette cose va medesimamente i sopradetti contrasti facendo al suo nimico.

Sertorio, vedendo che Antimo con molta ragione si difende; determinato di metter fine alla sua contesa; macca un tratto; poi si debolisce: et in quello instante volta un dritto fendente; et con quello colse alquanto Antimo, sopra la spada stanca.

Laqual botta Antimo hebbe, precioche esso ando fuora di tempo, allhora che Sertorio gli macco la spada, dovendosi esso mantenere nella giustezza; nella quale egli si trovava, quando, quando si fermo primeramente.


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Lámina 20

Torquato Attore Metello Reo


Torquato per conto di honore entro con Metello in campo franco, con una spada sola per cimentarsi seco; et condottosi a fronte di Metello, si fermo in passo in guardia di fuora; et alquanto alto, contra di cui Metello si fu fermato in guardia di dentro.

Torquato Attore quivi cerca di andare sempre inanzi, fingendo di punta, per impegnare con la trovata la spada nimica. Metello allo incontro ovviando, quando da u lato quando dall’altro; che la spada non gli sia dal nimico trovata: con questo ovviamento, va pur tuttavia perdendo campo, tanto che esso si trovo condotto quasi presso alla sbarra, et corde, dello steccato; dove egli si delibero con buone coltellate di vedere se puo tenere lo aversario lontano: mettendosi con questo disegno; con molta prestezza, con dritti, et roversi semplici, et ingannevoli, da alto, et per mano: contra il Torquato a coltellare.


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Torquato dall’altra parte; ben dotto, et sicuro nel parare; va secondo la occasione, parando, quando di dentro: quando di fuora, non mancando tuttavia di tenere il nimico soffogato. Per la qual cosa Metello vedendosi a tal modo condotto, volto un roverso sgualmembrato verso la testa di Torquato con mota prestezza.

Torquato allhora, contra quel roverso, volto subito il filo buono della spada di fuora: et cacciandosi inanzi insino alla guarnitione della spada dell'aversario: hebbe quel roverso parato, et havendo di subito con la man stanca preso la spada di Metello dentro della guarnitione, gli diede un dritto sopra la testa. Dal quale volendosi Metello difendere, bisognava che esso prima ben fermato contra le finte nimiche et non perdendo campo, facesse mostra di fingere: et se esso voleva pur coltellare, dovea abbassar la vita; et coltellare per mano; et alcune fiate travagliando il nimico fingere di voler entrare di punta. Che non e dubbio, che quando esso hebbe tirato il suo roverso, si poteva aiutare, cansando alquanto di vita, dalla banda dritta di Torquato; andando dalla banda detta inanzi; prima col piede drito; cansando poi un poco il piede stanco; nel riportarlo di dietro del piede dritto. Perche se cosi havesse fatto, havrebbe fatto duo principali effetti, fra gli altri; l’uno che esso non sarebbe stato preso; l’altro che harebbe ovviato, che Torquato non gli havrebbe potuto tirare quel dritto. Peroche esso gli sarebbe stato talmente a cavaliero, con la spada; che a Torquato non sarebbe messo bene a tirargli quel dritto.


--- --- Lámina 21

Martio Attore Attilio Reo


Martio, per provar il suo detto in causa di honore; entra in campo libero con Attilio; co una spada sola, et quivi si fu fermato bene inchinato in passo a basso: ben coperto; in guardia di dentro. Attilio parimente fermossi, contra di Martio nel medesimo modo.

Martio a cui toccava esser il primo a ferire: come Attore; incomincio a cercare di trovar la spada di Attilio; con quella medesima fermata; con la quale esso si era prima fermato. La qual cosa notando Attilio, scode di subito la sua spada, et si servi di una notabile, et bellisima scossa; la qual fu questa, che scodendo va inanzi.

Allhora Martio, subito ritorna a trovare la spada di Attilio, di novo la scode, et la riporta di dentro della spada dello aversario: di modo che contra tutte le trovate, che uso Martio, per trovargli la spada; esso si aiuto con le sopradette scosse.

Martio piu forte si assicura, et comincia a trovar la strada, per trovar la spada nimica, dall mezo in dietro; et la trova di dentro a basso, benn di dentro a basso, ben fermato di dentro, come si i detto dinanzi.


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Attilio vedendosi trovata la spada dall’aversario, dal mezo in dietro; stando con dubbio, che volendo a scoder la spada; non gli manchi il tempo; et che Martio in quello instante, non gli dia una punta, si giusta, et sta saldo contra la trovata nimica: aspettando cio che voglia far il nimico.

Martio allhora macca forte, con misura, la spada di Attilio; et piu forte gli con la contramacca; allhora Attilio di subito si fa debile; et cambia la spada sopra quella di Martio; et voltando poi tosto la palma della mano stanca, sotto la guarnitione di dentro, della spada di Martio; gli prese la spada; mettendo il dito grosso nello anello della spada a basso: et con la palma della mano alla spada; subito gli prese la spada; et riportandola in dietro; gli diede’una punta nel petto.

Ora la difesa che Martio, in quel punto, havea da fare per difendersi da quella punta; dovea esser questa, che esso con ragion potea, come diremo altrove; anchora che fosse da Attilio trovato dal mezo in dietro; scoder la spada; et sentendosi maccare, dovea maccar giusto; et non lasciarsi trasportare fuora di tempo. Overamente facendosi debile, coprirsi dal mezo in dietro della spada et alzado il pugno, abbassare la punta. Conciosia che con questa ragione governandosi non sarebbe stato dallo aversario suo, ne ferito en preso.

--- --- Lámina 22

Coriolano Attore Scevola Reo

Per diffinire con le arme, certa loro differentia di honore si condussero in steccato Coriolano, et Scevola; con una sola spada; Dove Coriolano di subito si fermo ben voto, et giusto in guardia di dentro: et Scevola in guardia di fuora; bravamente, et benissimo fermato.

Coriolano Attore, di subito va, et trova di fuora la spada di Scevola, et trovatala con molta prestezza, lascio tre o quattro dritti sgualembrati, verso la spalla stanca di Scevola; discendendo insino al ginocchio.

Scevola quivi contra quei dritti, voltando subito il filo buono della spada in guardia di dentro; per poter poi piu sicuramente parar quei dritti; risponde al nemico, a luogo, et tempo, nel modo medesimo, i gia detti dritti.

Allhora Coriolano, non havendo potuto ferir Scevola; gli trova la spada di dentro, poi cambiado le dette botte, va raddoppiando molti roversi per testa: aiutandosi col passo: et in quel tempo anando col piede stanco, verso la man dritta di Scevola: riporta subito il piede dritto davanti dell stanco.

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Scevola quivi volta il filo buono della spada; portandolo in guardia di fuora: contra quei roversi, et cosi gli hebbe parati.

Coriolano allhora vedendo che Scevola non gli faceva altro contrasto, se non solamente di attendere a parare; con molta prestezza gli trova la spada di fuora, et gli la impegna dal mezo in dietro. Poscia con la man stanca gli prende il pugno dellla spada; et mette per difesa la sua spada, contra la spada nimica; et abbassando poi il pugno della sua spada, di sotto la spada di Scevola; gli diede della guarnitione sopra i denti; mettendo in quello instante; la lacca del suo ginocchio, et tutta la gamba dritta; dietro della gamba dritta del nimico: et tirando la sua gamba di dietro, spingendolo con la mano di sopra addosso per adietro; lo mise quasi in terra. Per la qual cosa, Scevola fu sforzato di arrendersegli.

In tal caso la difesa, che dovea far scevola; era questa. Che Scevola nel punto che Coriolano gli impegno la spada di fuora, dal mezo in dietro: subito esso dovea cansar di vita: et movendo il piede stanco, verso la man dritta di Coriolano; riportare con prestezza, il piede dritto davanti del stanco: et portar di subito la gamba stanca inanzi; et non la dritta come fece. Imperoche se egli cosi havesse fatto; non sarebbe stato preso, anzi non havendogli Coriolano fatto contrasto; esso sarebbe stato da lui preso. Come si dimostra in altra parte. Appresso di cio, oltra l’alto cadere della gamba; il rimedio era, portar la gamba sua inanzi: perche cosi facendo si sarebbe aiutato:


--- --- Lámina 23

Claudio Attore Nerone Reo

Claudio, et Nerone, venuti insieme; con una spada sola a duello: per giustificatione della verita; Claudio si fermo dinanzi in passo, in guardia di dentro; piu tosto alto, che basso Nerone face il simigliante: fermandosi, come face Claudio, nella medesima guardia. Claudio subito perche era Attore: va contra di Nerone; et con la trovata gli impegna la spada dal mezo indietro. Nerone stasaldo; et ben che possa far contrasto al nimico; nol fa: ma si lascia trovare. Sapendo che lo avantaggio delle trovate consiste in colvi, che acquista tempo per ferire lo aversario.

Claudio trovando il nimico ben piantato forte, et giusto; et che non fa punto caso della sua trovata; anzi che pare, che cerchi prevenire il tempo; cacciandosi inanzi, si mette a maccare leggiermente la spada contraria: et cio fatto, ritorna subito alla sua giustezza.

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Nerone allo incontro sta saldo; et sentendosi maccare la spada, previene subito ne si lascia mover fuora della sua giustezza: la onde Claudio comincia a maccare piu forte; ma con giustezza, et in quello instante, va un passo col piede stanco dalla banda dritta del nimico: riportando subito il piede dritto inanzi del stanco; con animo di levare allo aversario la spada fuora di giustezza. Allhora Nerone se gli oppone anchora al contrario: mettendosi contra la spada nimica, a contramaccare; ma con giusta ragione: et vedendo il nimico andar col passo per discoprirlo; va esso anchora di sfacendo il passo: andando col medesimo modo di Claudio.

Claudio quivi delibera di non voler scodere la spada: sapendo che lo avantaggio dellla vera peritia delle arme, si intende molto meglio da colvi, che da occasione, che lo aversario scoda; che scoder esso.

Nerone dall’altra parte fa il medesimo disegno, di non voler scodere; et non si lascia levare alcuno avantaggio: andando sempre disfacendo tutto quello, che il nimico va pensando di fare. Per la qual cosa amendue furono tenuti per benissimo intendenti di cotale heroica scientia: et dal Signore del Campo; perche la querela loro era leggiera: furono fatti restare insieme amici:

--- --- Lámina 24

Horatio Attore Flaminio Reo

Da poi che si furono condotti in steccato, Horatio, et Faminio, per decidere con una spada sola; la controversia loro di honore; Horatio si fu fermato in passo ben voto di vita; et appresentato in guardia di fuora. Et Flaminio per contra, si fu fermato in guardia di dentro: et parimente in passo, et a basso.

Horatio subito che si fermo; standosi sopra la medesima fermata; perche era Attore, si mosse, et correndo diterminato verso la banda dritta di Flaminio; entra di punta alla volta della faccia nimica.

Flaminio vedendo cio, si giusta in filo: portando un poco la spalla stanca in dietro: et col medesimo tempo, con ragione si difese da quella entrata di punta.

Horatio quivi da capo si rimette nella sua prima guardia; et va fingendo di voler entrare; quando di dentro, et quando di fuora: affine di trovar luogo di poter entrare.

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Flaminio allhora contra quelle finte, finge esso anchora: stando bene avertito, di non creder di maniera alle finte del nimico; si lasci trovare fuora di tempo.

Vedendo Horatio come lo aversario insino allhora, si era accortamente da lui difeso; comincia a tentare di trovargli la spada; continuando tuttavia nella fermata sua di fuora; si come facea Flaminio, nella fermata sua di dentro. Cosi tentando Horatio va un passo inanzi per fianco col piede stanco; riportando presso il piede dritto, davanti del stanco; verso la man dritta del nimico: et poi alzando un poco il pugno della spada, abbasa la punta di quella verso terra; et incrocichhia con quella trovata, la spada di Flaminio, per di fuora. Dove Flamino, per difendersi dalla detta trovata; si alzo tosto con la spada: il perche Horatio in quello instante cambia la spada di dentro, per dare una punta a Flaminio.

Il quale facendosi in quel punto subito in filo, paro la nimica punta: et nel parare si lascio alquanto trasportare fuora di tempo. Di che essendo Horatio accorto; con molta prestezza ricambio la punta di fuora; et entrando cola spada, cacciandosi addosso al nimico; gli diede una gran punta nella gola; et di subito gli prese anchora il pugno della spada.

Qui e da sapere; che se voleva Flaminio da quella punta difendersi; bisognava che esso si guardasse di non si lasciar trasportare fuora di tempo, quando egli ando a parare la punta di dentro; Percioche questo suo errore, fu cagion del suo danno. Appresso dovea esso in quello instante; che Horatio scosse la punta per ferirlo di fuora; come face; col canso di vita portare inanzi, per fianco il piede stanco; et riportare il dritto, davanti del stanco: che cosi ragionevolmente difeso si sarebbe.

--- --- Lámina 25

Emilio Attore Sulpitio Reo

Emilio, per ricuperamento dell’honor suo; condottosi con Sulpitio in steccato a singolar battaglia con una sola spada; si fermo ben fermato in passo, in guardia di dentro, dove allo incontro si fermo Sulpitio anchora in passo in guardia di fuora.

Emilio, si come era Attore; incomincio a tentare di trovar la spada di Sulpitio di dentro: il quale battendo con la sua punta della sua spada, la spada di Emilio: lascia un dritto sgualembrato verso la spalla stanca del nimico: il quale dritto fu da Emilio con gran prestezza parato; con lo andare in quel tempo inanzi sul dritto; con la sua solita guardia di dentro; et col volgere il volgere il filo buono contra la offesa della spada nimica, et parato quel dritto; va tuttavia inanzi per impegnare la spada di Sulpitio. Il quale scodendosi di vita, et di spada, insino attanto che trovo tempo; lascio un fendente per testa; a Emilio.

Emilio allhora veduto quel colpo; voltando il filo buono della sua spada, in guardia di fuora; cacciandosi nel parare ben inanzi; non solamente hebbe parato quel roverso, ma subito con la sua man stanca, batte la mano di Sulpitio di sopra in giu verso terra; et gli diede una gran coltellata di dritto sopra la testa.

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Sulpitio volendosi quivi da quella battuta, et colpo difendersi; ilche esso poteva facilmente fare; dovea, vedendo Emilio cacciarsi inanzi a parare; girar subito la vita; et portando inanzi per fianco il piede stanco, riportar tosto il piede dritto davanti del stanco; verso la spalla dritta di Emilio: che se cossi havesse fatto, non screbbe stato dal nimico offeso. Poteva egli medesimamente, subito che il pugno della spada, gli fu battuto, abbasare la testa, sotto la guarnitione della spada nimica; et alzando tosto la man stanca per incontrare la guarnitione del nimico. Prenderla nel tempo che la spada di Emilio discendeva da alto a basso, per ferirlo. Percioche egli con tal modo havrebbe impedito quella botta; et preso la guarnitione del suo aversario.

--- --- Lámina 26

Trebonio Attore Lepido Reo

Trebonio da Lepido mentito: si conduce seco ad abbattimento, con una spada sola: per purgar si della recevuta mentita; et subito giunti ambi duo nello steccato; Trebonio fermossi in guardia di fuora; et Lepido dall’altro canto in guardia di dentro; l’uno et l’altro ben fermati giusti et politi.

Trevonio Attore; che stava fermato in guardia di fuora, al quanto alto; vedendo che Lepido con la guardia di dentro, gli stava contra molto ben giusto; et con la punta della spada, molto ben gli soffogava il pugno della spada; se ne va con la spada, et con la vita, in un medesimo tempo abbassando: stando tuttavia nella medesima guardia; per fuggire lo impedimento della punta della spada di Lepido; per poterlo poi piu sicuramente ferire.

Lepido che conosce molto bene, che lo aversario si abbassa; con tal disegno, abbassandosi esso anchora gli tiene tuttavia con la punta della sua spada il pugno soffogato.

Trebonio veduto il suo disegno fallito; ritorna a poco a poco, ad alzarsi con la vita, et con la spada; non si volendo con giuditio, alzar tutto a un tempo; accioche Lepido non lo serrasse, et ferisse in quel tempo di punta. Lepido medesimamente con la punta al pugno si va sempre alzando; et opponendosi per lo continuo, a quanto gli disegna contra il nimico.

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Trebonio allhora finge di voler determinatamente far una entrata di punta alla volta della faccia di Lepido; il quale dubitando che quella punta non gli andasse alla faccia; con molta prestezza; oppone contra la punta nimica il filo buono della sua spada; in guardia di dentro, come prima si era fermato, cansando alquanto la spada stanca inanzi.

Ma Trebonio che non voleva entrare dalla banda di dentro; se ben havea finto con violenza di volervi entrare; subito cambia la spada di fuora; et col voltare un poco la vita, fuora della spada nimica, caccia la sua spada a cavaliero della spada di Lepido; et gli da una gran punta nel petto mettendo tutto a un tempo la man stanca contra la guarnitione della spada nimica.

Lepido, ben che quivi voltasse il filo buono della spada, per difesa di quella punta; non puote pero pararla. Imperoche non disface il canso di vita, che face Trebonio; per fuggir la dua spada: allhora che egli gli fece quella entrata di punta. Il contrario del canso di Trebonio, era che Lepido girasse la vita, sopra il piede dritto: et che si fosse voltato col braccio stanco, et con la man stanca, verso la banda dritta del nimico. Pero che esso a questo modo, si sarebbe dalla nimica punta agevolmente difeso.


--- --- Lámina 27

Pallante Attore Diomede Reo

Pallante per certa offesa, ricevuta da Diomede; lo chiede a gaggio di battaglia, con una sola spada, et entrati ambi duo nello steccato. Pallante si fu fermato, ben piantato voto, et polito in guardia di dentro. Il medesimo face Diomede; percioche egli si fermo nella medesima guardia di Pallante.

Pallante come Attore, di subito si come stava fermato va a trovare la spada di Diomede; il quale sentendo si trovare, scondendo la punta della sua spada un filo di coltello, disotto la spada del nimico; gli trova la spada di fuora.

Pallante, che si contenta di esser stato trovato; si caccia inanzi; portando il forte cioe, il mezo in dietro della sua spada; a cavalier della spada nimica; per dargli una punta nel petto.

Diomede allhora; subito si fortifico contra quella entrata; et porto fuora la punta; che gli veniva di fuora ma non volto punto la vita; la onde’egli si ritrovo tutto discoperto; et allargato di dentro. Del cui errore Pallante accortosi, tosto cambio la spada di dentro; et diade a Diomede una gran punta nel petto. Et prendendo gli la spada presso alla guarnitione; riportandogliela in dietro; glie la levo di mano: come appar nella figura di sopra.

Egli e cosa chiara, che Diomede si sarebe difeso della punta nimica: et che esso non sarebbe stato da Pallante preso: se egli havesse, come volea la ragione; mosso la vita in quel tempo. che esso ando con la sua spada contra la punta di fuora. Impero che egli si sarebbe trovato a tempo, a parare la punta di dentro. Essendo la regola di questa scientia di arme; che movendosi la spada dall’una guardia all’altra; che si debba insieme mover anchora la vita; col passo a vero col canso di vita, come in molti luoghi di questo mio trattato, mi ricordo di havere insegnato, et dimostro.


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Lámina 28

Atentor Attore Deifebo Reo

Antenor condottosi con Deifebo a risigar Duello, con una sola spada; per mantenere il suo honore, entrato che fu in steccato col nimico; egli si fermo in passo, a basso, in guardia di fuora: et Deifebo dall’altro lato si fermo parimente a basso, in passo in guardia di dentro. Antenor Attore subito abbassa la punta della spada, di sotto della spada di Deifebo; et va cercando con la punta di investirlo di punta di fuora.

Deifebo veduto cio, che cercava di fare lo aversario; volta subito la vita, et il filo buono della sua spada, contra la entrata di punta: et giustandosi la hebbe parata.

Antenor allhora cambia la spada, et entra con la punta di dentro il perche Deifebo ritornando subito a voltare il filo buono della spada in guardia di dentro: con buona ragione si difese dalla punta nimica.

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Deifebo quivi di novo si rimette, nella solita sua guardia; et finge di volere di novo entrare, di dentro; per far che Antenor vada fuora di tempo alla parata di quella finta; accioche trovi sicuramente la spada di fuora; et gli ne riusci lo effetto; Perche Antenor ando fuora di tempo, contra la punta di dentro, il perche Deifebo abbasso subito la punta della sua spada, sotto quella dello aversario, et cambiandola di fuora, gli trovo et impegno’la spada: et subito che gli l’hebbe impegnata, gli prese la guarnitione della spada, et spingendola contra i denti del nimico, gli diede con la spada una gran punta della pancia.

La difesa che havea da fare Antenor, contra la presa, et punta della spada di Deifebo; dovea esser di questa maniera; che Antenor principalmente non dovea andar fuora di tempo, quando esso ando alla parata della finta di dentro di Deifebo: ma dovea andarvi ben giusto. Et dapoi che esso fu trovato dal nimico di fuora: dovea di subito giustandosi con la spada, portare la gamba stanca, inanzi della dritta. Conciosia, che egli a questo modo , si sarebbe sicuramente da quella offesa difeso.

--- --- Lámina 29

Curione Attore Trebatio Reo

Curione per aggravio del suo honore, si condusse in steccato con Trebatio; con una sola spada per ammazzarsi seco; dove giunti, amendue si fermarono a un tempo medesimo a basso con la vita, et con la spada; in guardia di dentro piegando la vita quasi insino a terra; et tenendo le spade a paro, a paro.

Curione a cui toccava andar a trovare Trebatio, vi ando et con molta prestezza, et hora da un lato, et hora dall’altro, gli fa di bellissime finte, cacciandosi sempre inanzi col fingere. Il perche Trebatio anchora non cessa con altre finte dar sospetto, et trabaglio al nimico.

Curione allhora dopo molte finte, trova la punta della spada del nimico: et gli la macca a terra; il che vedendo Trebatio, subito la scode. La onde Curione di novo gli trova la spada di fuora; et gli la ritorna a maccare a terra; et Trebatio allo incontro va con molta prestezza scodendo sempre la spada.

Curione per cio comincia a trovar la spada dello aversario, dal mezo indietro, col forte della sua spada: trovandola, et ritrovandola; secondo che il nimico l’andava scodendo, maccandogliela sempre verso terra.

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Trebatio per voler quivi con molta fortezza contrastare, nel contramaccare; essendo fermato di dentro: Curione si fece debile: et con molta agilita, condusse la spada del nimico fuora di tempo: perche cambiando subito la spada, et voltando la vita; gli diede col pomo della spada, una gran botta sopra li denti: et col mettergli la gamba dritta, dietro della gamba dritta nimica, lo roverscio a terra.

In questo caso la difesa di Trebatio, dovea esser questa. Prima che Trebatio nel contramaccare, non passasse i termini convenevoli di questa arte: come si e detto altrove; conciosia che il contramaccare fuor di misura, fu il suo primo errore. Appresso dovea Trebatio, contra il pomo della spada del nemico, che lo offese: cansare almeno di vita: mettendovi la man stanca per riparo. Et quando esso si lascio metter da Curione la gamba dietro della sua; dovea ricambiando subito la gamba; portarla dietro di quella del nimico. Imperoche se egli cosi havesse fatto, si sarebbe benissimo contraguardato da quella offesa.

--- --- Lámina 30

Tiberio Attore Cesareo Reo

Tiberio per provare a Cesareo con una spada sola; che esso ha fatto da mal Cavaliero a offenderlo, con soperchieria; si condusse con lui, in campo chiuso. Dove entrato egli si fermo in guardia di fuora: et Cesareo dall’altro canto, in guardia di dentro., amendue ben fermati, et politi, Tiberio Attore, entra di subito con una entrata di punta al petto nimico; per difesa della quale, Cesareo si volta presto di vita, et porta alquanto in dietro la spalla stanca; et giustandosi con la spada; da quella punta sicuramente si difese.

Tiberio allhora ritorno a fermarsi; et fermato finge di voler fare la medesima entrata di punta: alla quale non credendo Cesareo; va sempre tenendogli la punta della spada, alla faccia: accioche volendo Tiberio entrare, non lo possa fare; se prima non trova modo, di levar via la spada, che lo impedisce.

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Tiberio in tal caso, va di lungo, con gran prestezza a trovare la spada nimica di fuora; dal mezo inanzi insino appresso alla guarnitione della spada; et in quello instante, abbassa la vita sotto la spada, et mettendo il braccio dritto a traverso del petto del aversario; et la mano al braccio stanco, et la gamba dritta, dietro della gamba stanca di Cesareo; procaccia con questi modi, di levargli la possanza da ogni banda. Et dopo questo, ricambiando subito la spada, la quale era di fuora, di dentro; per assicurarsi che la spada non gli potesse nuocere; con questa presa, con molta prestezza, et laggiadria; misse il nimico a terra: il quale di subito se gli arrendette.

Ora per dire del modo, con che Cesareo, si poteva difendere da cotale presa; dico che Cesareo dovea subito, che la spada di fuora gli fu trovata; contramaccare tosto, la spada di Tiberio; et cacciarla a terra, con la forte, et giusta contramaccata. Et di piu egli dovea girar la vita sopra il piede stanco in dietro per traverso il piede dritto; aiutandosi altra di cio, con la sua man stanca; che in tal guisa, egli si saria con bonissima ragione, da quella presa benissimo difeso.

--- --- Lámina 31

Metio Attore Polinice Reo

Metio, et Polinice, si conducono in steccato; per diffinire con una spada sola, certa loro querela di abbattimento; et entrati in campo, tutti duo, si fermarono in guardia di dentro. Metio, che era Attore; essercitato nelle coltellate di tutto tempo; di mezo tempo; et di contratempo; et parimente dotto nelle scosse, nelle maccate; et contramaccate; et anchora esperto nelle finte, di infinite maniere. Et medesimamente sicuro in tutti i modi, nella vera, et perfetta scientia delle arme. Subito che egli si fu appresentato con la spada; va detterminato, et ben giusto; con una punta perdi dentro, in faccia a Polinice, et subito cambiando la spada, di sotto della spada nimica; ritrovandosi gia inanzi insino alla guarnitione dello aversario; trova la spada di Polinice di fuora; et cacciandosi inanzi gli mette il braccio dritto a traverso del collo; et la gamba dritta, dinanzi alla dritta; et opponendo la sua spada, contra quella dello aversario; battendogli a questo modo il sedere; lo caccio a terra, senza fargli altro male. Per la qual cosa Polinice se gli arrese. Del quale atto Metio fu da tuti gli astanti, che quivi si trovarono sommamente commendato.


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Volendosi Polinice difendere da questa presa, principalmente si dovea ben giustare, voltando la vita in filo, et con la spada ben giusta in guardia di dentro; difendere la entrata di punta qual li fece Metio verso la faccia; non lasciandosi trasportar punto fuori di tempo; che a questo modo Metio non haria si facilmente trovato luogo di cambiare la spada per di fuori; et di prenderlo , et oltra di questo quantunque Metio havesse con tanta prestezza cambiato la spada, come egli face, dovea Polinice usare questo secondo rimedio subito che era di voltare in quel tempo il filo buono della sua spada di fuori giustandosi, et fortificandosi, et cansando al quanto di vita, andar un mezo passo col piede stanco verso la man della spada nemica, riportando subito il piede dritto avanti del stanco, che a questo modo si saria con molta ragione honoratamente difeso.

--- --- Lámina 32

Polidoro Attore Troilo Reo

Polidoro, et Troilo, condottisi in steccato, a spada et pugnale; per obligo di honore: Polidoro si appresento in gran passo; con la gamba stanca inanzi; tenendo il braccio del pugnale cosi ben disteso, che il pugnale avanzava la punta della sua spada: et la guarnitione della spada appogiata al fianco suo dritto: et la punta della spada, verso la vita nimica. Troilo all’incontro si appresento in passo, et si fermo in guardia di dentro: tenendo il pugnale bene accompagnato con la spada, come si vede nella figura di sopra.

Polidoro anchora che esso si fosse fermato sopra quella guardia, che piu tosto si puo chiamare guardia di aspettatione, che altramente: nondimeno sostenendo quivi la persona di attore; cerca col pugnale levar via la punta della spada di Troilo: per potere poi, o coltellare, o entrare di punta: come meglio gli torni.

Trolio allo incontro vedendo, che il nimico cerca di battergli la punta della spada, col pugnale, va in quel tempo abbassandola; cercando tuttavia di serrare Polidoro, per di fuora:


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et pero va sempre col piede stanco verso la man dritta nimica portando dinanzi del piede stanco, subito il piede dritto; per serrare lo aversario di fuora: come quello che conosce esser maggior vantaggio il serrare il nimico di fuora; che il serrarlo di dentro: cosi per causa del pugnale nimico; come perche egli sa, che il suo aversario trovandosi serrato di dentro; con piu facilita puo scodere la sua spada: et coltellare, massimamente con lo aiuto del pugnale: cosa che esso non potrebbe fare, trovandosi serrato di fuora.

Polidoro allhora havendo veduto, che Troilo con un cosi bel modo, il va serrando, che non trova tempo di poter far cosa alcuna: percioche havea pensato che il nimico dovesse mettersi a coltellare; contra le quai coltellate, si persuadeva di sicuro; col pararle di punta, o di taglio; in quel tempo di entrare, e di ferire lo aversario: et a questo fine esso si era appresentato sopra quella guardia; conoscendo che Troilo non cerca altro, che di cacciarsi inanzi, per serrarlo, et ferirlo poi di punta; cercando esso di fare anchora il medesimo; va contra la serrata della spada nimica; girando la gamba dritta in dietro, verso la man del suo pugnale; et portando sempre la punta della sua spada, contra la punta della spada di Troilo aiutandosi con quel giro di vita; venne per lo continuo a disfare tutto quello, che il suo contrario faceva; per serrarlo; et per trovargli la spada. Di maniera, che ambiduo da chi gli vide, menar le mani furono tenuti per huomini eccellenti en maneggi delle arme: et da comuni amici costretti a riconciliarsi insieme.

--- --- Lámina 33

Fabio Attore Livio Reo

Fabio per non mancare all’honor suo, si condusse con Livio in steccato; al guiditio delle armi; a spada et pugnale, dove Fabbio come Attore, che egli era; si fu fermato in passo; con la gamba dritta inanzi, in guardia di fuora: col pugno della spada in dietro: et col braccio del pugnale ben disteso inanzi. Livio dall’altra parte, fermossi anche egli in guarida di dentro: accompagnado bene il pugnale con la spada.

Fabio essendo in questa sua querela Attore; batte col pugnale, la punta della spada di Livio; et poi gli caccia di subito una stoccata alla volta del petto. Livio che stava benissimo avertito, in quello instante, che la punta della spada gli fu battuta, abbassa un poco la punta della sua spada; per scoderla dal pugnale nimico; et appresso va col piede dritto, un passo verso la man stanca di Fabio; et fattosi ben giusto, con la spada, et col pugnale, insieme accompagnati; paro honoratamente quella stoccata, et subito gli rispose di un dritto, alla volta del braccio del pugnale.


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Fabio allhora per difesa di quel dritto; subito voltando il filo buono della sua spada; accompagnata col pugnale, in guardia di dentro; hebbe quel dritto parato; et fatto questo l’uno, et l’altro si ritorno a rimettere nella sua prima guardia.

Fabio pure ostinato di stare su quella guardia, sopra della quale stando, sa che per coltellare essa porta assai tempo; et che non puo servirsi se non di punta; tanto piu fidandosi dal pugnale; di novo incomincia con le finte a travagliare Livio; con disegno di trovado scoperto; per poterlo sicuramente poi ferire; Ma Livio standosi pur saldo contra le finte di Fabio; va anchor esso fingendo; accioche il nimico, no tanto, non habbia cagione di cercar di offenderlo; quanto anchora di difendersi.

Fabio quivi fingendo di voler batter un’altra volta, col pugnale la spada di Livio; subito abbasa la punta della sua spada; et battendogli la spada, gli tira un gran dritto fentende per testa. Livio in quel tempo, con tutto che la spada gli fosse da Fabio battuta; si giusta prestamente; et con un canso di vita; et con la spalla stanca in dietro; paro molto bene quel dritto. Cuero che egli poteva in vestire con buona ragione lo aversario; entrando di punta, serrando con la spada il pugnale; allhora che Fabio abbaso la punta della sua spada; per battergli la sua.

--- --- Lámina 34

Affranio Attore Ottone Reo

Afranio condottosi con Ottone allo abbattimento, con spada et pugnale; per differentia di honore; si fermo nello steccato, contra il suo nimico, a basso in guardia di fuora; in passo; col braccio del pugnale molto ben disteso; tenendo il pugnale contra la spada di Ottone; Ottone allo incontro, si fu fermato in passo a basso in guardia di dentro; havendo il pugnale accompagnato con la spada.

Affranio, come Attore; tenta hora di dentro, et hora di fuora; di trovare la spada di Ottone; dalla meza spada inanzi; la quale Ottone va sempre politamente scodendo: en per tutto cio si lascia levare punto del suo campo.

Affranio di nuovo delibera di voler pur trovare la spada di Ottone; percioche esso sa che trovata che gli habbia la spada; sara sicuro di haver tolto via ogni impedimento, et nocumento, con che lo aversario, gli potesse nuocere. Poi che egli non gli ha potuto trovare la spada; dalla meza spada inanzi:

--- --- et per haverla il nimico sempre cosi politamente scossa; si delibera di trovargli la spada dal mezo in dietro: et percio fare si ferma ben saldo; et fingendo di voler entrare di punta, da quel lato; dove si trovava fermato; va subito inanzi per fianco; verso la man dritta del nimico; col piede stanco; et riportando subito il piede dritto inanzi del stanco; abbassa in quello instante, la punta della sua spada, incrocichhiddo da alto, a basso, et dal mezo in dietro la spada di Ottone; et facendo un mezo canso di vita; come si vede nel disegno, diede una pugnalata nel petto a Ottone.

Ottone ando bene allhora col suo pugnale alla parata della botta del petto; et fece lo atto per volersi difendere da quella botta; ma fu tardo; percioche gia quel corpo, havea preso lo avantaggio alla offesa allhora, che esso si appresento alla difesa.

Se Ottone voleva a tempo difendersi da quella offesa; egli dovea portare la gamba dritta inanzi; quando Affranio gli trovo la spada. Imperoche Affranio non gli harebbe tolto avantaggio alcuno. Appresso esso havrebbe con facilita portato fuora col suo pugnale, la pugnalata, che il suo nimico gli diede:


--- --- Lámina 35

Ascanio Attore Lauso Reo

Ascanio per mantener l’honor suo, si condusse in steccato con Lauso; a spada et pugnale; et quivi appresentatosi, si fermo molto bene in guardia di dentro; accompagnando la spada col pugnale. Di lui non men bene si fermo Lauso; alto in guardia di fuora; appresentando il suo pugnale con la spada di Ascanio.

Ascanio Attore, va con la punta della sua spada soffogando il pugno della spada di Lauso: ilquale allo incontro va scodendo il pugno; alzandolo pur sempre alquanto; et per esser cosi dallo aversario soffogato, viene a perder del Campo.

Ascanio allhora abbassa la punta della spada, sotto quella del nimico; poi la scode di fuora; et scossa che l’ha, trova la spada nimica di fuora; insino presso alla guarnitione; et subito che vede haver gliela impegnata; gli da del pugnale nel petto, una gran pugnalata.

Lauso in quel punto, fa quanto sa, et puo, per voler col pugnale portar fuora la punta del pugnale nimico:

--- --- ma vedendo no esser stato presto alla parata; inchina la schiena in dietro; pensando cosi facendo, diminuire la botta; et fece peggio. Pero che piu tosto dovea inchinarsi inanzi: percioche haverebbe portatto la pancia in dietro. Il che esso no fece, per haversi voluto inchinare indietro.

Et per venire alla difesa che dovea far Lauso, contra quella pugnalata; dico che egli dovea, quando fuda Ascanio trovato di fuora; col medesimo modo, con che fu trovato, cacciarsi con la punta della sua spada inanzi, verso la vita dello aversario ; maccandogli la spada verso terra; che non tanto non gli sarebbe stata quella trovata al disavantaggio; ma a grande avantaggio. Dovea esso anchora parare quella pugnalata; che gli fu da Ascanio tirata, al contrario di quello, che egli fece; portandola fuora col filo; et non col piatto del pugnale. Percioche il suo pugnale si trovo haver poca forza, nel portar fuora la pugnalata di Ascanio: si per la tardezza, con la quale esso ando alla parata; si perche fece la parata col piatto del pugnale; come si e gia detto.

--- --- Lámina 36

Tarquino Attore Celio Reo

Spinto dall honor suo Tarquino, chiamo Celio allo steccato; per provarli la sua intentione: con una spada, et pugnale; dove amendue appresentatisi, Tarquino si fermo in guardia di fuora: ben fermato con la spada, et pugnale. Et Celio dall’altro lato, si fermo ben appresentato in guardia di dentro.

Tarquino, a cui toccava provare: come intendente, et prattico nello esercitio delle arme; havendo determinato di veder toto il fine di questo suo abbattimento; va deliberato inanzi; et trova dal mezzo in dietro dalla spada di fuora, la spada di Celio, et subito col pugnale per di dentro, fa duo effetti: prima gli impegna la spada; et poi gli da una pugnalata nella gola. He di chio contento in quel medesimo tempo. Ritirando a se la sua spada; che era attaccata di fuora, alla spada dello aversario; gli diede anchora una punta nella pancia, di modo, che in un medesimo instante, lo feri col pugnale, et con la spada. Il perche Tarquino fu quivi da tutti i circonstanti, sommamente lodato di scientia, et di valore.

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Ora per dire come Celio si havesse potuto difendere dalle due punte nimiche, dico, che esso contra la trovata, che gli face Tarquino della spada di fuora; dovea allhora molto ben giustarsi; et fortificare molto bene la spada col pugnale; perche se cosi havesse fatto, il nimico non harebbe potuto dargli quella pugnalata. Se egli come ho detto, giustandosi havesse accompagnato il pugnale, con la spada. Oltra di questo, se esso havesse solamente abbassata la punta della sua spada, col canso di vita; altre voltre ricordato; si sarebbe difeso da quella punta. Conciosia cosa, che e molto meglio; senza comparatione; et piu sicuro; difendersi dalle punte delle spade; con le medesime spade, che col pugnali.


--- --- Lámina 37

Regolo Attore Pollione Reo

Regolo, per non esser tenuto calunniatore, chiamato Pollione in steccato: per verificarli il suo detto; con una spada, et pugnale; entrato in campo col nimico; si fermo, bene accompagnato havendo il pugnale con la spada; in guardia di dentro. Contra del quale Pollione con la spada, in guardia di dentro. Contra del quale Pollione con la spada, et col pugnale, si fermo in guardia di fuora.

Regolo, che era molto intendente, et bene esperto nel maneggio dell’arme: cupido di ricuperare il suo honore; considerando che non era da perder tempo, nel coltellare, di che sorte, che si fosse; ne anchora nelle finte; va risoluto di lungo con la sua spada; et trova di fuora la spada di Pollione; trovandola un poco piu, dalla meza spada in dietro, et trovatala, porta subito la gamba stanca, con un gran passo inanzi; et col pugnale havendo anchora ritrovata la medesima spada nimica di fuora, insino presso alla guarnitione, portandola subito col pugnale a basso; diede a Pollione una pugnalata nel petto; et scodendo nel medesimo tempo la sua spada, gli diede anchora con la spada, una punta nella pancia.

--- --- Di maniera che in un medesimo tempo, feri il nimico col pugnale di punta; et con la spada.

In tal caso la diefesa di Pollione contra le due punte nimiche di Regolo, doveva esser tale. Dovea egli prima, contra la trovata della spada nimica; fortificarsi con la sua spada; con giusta misura; et contra la trovata del pugnale; poteva poi far duo effetti: l’uno aiutarsi col suo pugnale; l’altro con un canso di vita impegnarle la spada di Regolo; voltando subito con aglilita la spada; et ricansare dalla banda del pugnale dello averario con la vita. Imperoche a questo modo, non solament havrebbe portato fuora la entrata di punta del pugnale nimico; ma haria trovato di poterli lasciare un gran dritto per testa.

Che se ben Pollitione ando alla parata, contra la punta della spada di Regolo, col suo pugnale; nondimeno per cagione degli errori suoi; detti poco fa; oltra la tardanza usata nello andare alla detta parata; esso resto in un medesimo tempo, ferito dal pugnale, et dalla spada dello averario suo.

Dapoi che si e detto; Sacratissima Maesta; degli abbattimenti della spada sola, et cosi della spada, et del pugnale; ragionevole cosa e che volendo noi seguire l’ordine di questo nostro trattato; veniamo hora a scrivere alcuna cosa di quelli abbattimenti, che si fanno con la spada et con la imbracciatura della Cappa. Le quali imbracciature si possono fare in duo modi; si come la Mta Vostra, potrai chiaramente vedere; ne fatti seguenti.


--- --- Lámina 38

Clario Attore Vespasiano Reo

Clario Attore condottosi a Duello con Vespasiano: per contesa di honore: a spada et Cappa: subito udito il segno di menar le mani con lo aversario; caccia mano alla spada; et con la mano stanca poi piglia la Cappa appresso il Cappino; et subito a un tratto, se la avolge intorno al braccio.

Vespisiano anche egli caccia prima mano di subito alla spada; et poi fa un altro modo d’imbracciatura; il quale modo piace piu di ogni altro, che si possa fare: Egli subito che hebbe cavata la spada del fodro; con la mano stanca, se la volto a traverso i fianchi; et dapoi pigliando con gran galanteria tutta la sua Cappa; subito senza perdita di tempo, se la trovo tutta sopra il braccio.

Questo modo di imbracciare la Cappa che face Vespasiano; fra gli altri molti avantaggi, che egli ha , vi ha anchora questo; che si ha la Cappa in liberta, di poterla lanciare addosso al nimico; quando ne pare di farlo: anchora che l’huomo la si trovasse ben piegatta, sopra el braccio.

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Quantunque io non laudi il parar le botte con la Cappa; quando si possono parare con la spada. Conciosia che noi ci debbiamo servire della Cappa, a stretto bisogno di parare; o vero in caso di volerla trarre in testa al nostro nimico: o pure quando noi havessimo addosso piu di uno, che ci volesse offendere.

Clario subito imbracciato la Cappa, senza ponto fermarsi, comincia a salutar Vespasiano con buone coltellate libere, et inganncuoli, con molta politezza et leggiadria.

Vespasiano, ne per questo punto si marrisce di cuore, anzi si caccia inanzi tuttavia parando, havendo ben la Cappa accompagnata con la spada; et non tanto si cura di parare, come di rispondere; anchora al suo aversario; con gagliarde coltellate, di modo di che, et l’uno et l’altro , con tanta prestezza me narono le mani senza lor danno alcuno; che vedendo li Signori del Campo il loro abbattimento si ugualmente ruiscito, li partirono, et gli fece amici:

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Lámina 39

Planco Attore Cassio Reo

Planco aggravato nell’honore, da Cassio; si condusse con esso lui, a spada et Cappa in campo: dove entrato, come Attore; si appresento; con grandissima sodisfattione de riguardanti; ben fermato: alto con la punta della spada, verso il petto di Cassio; et con la Cappa con buona ragione imbracciata; tenendo il braccio della cappa benissimo disteso.

Cassio allo incontro si fu fermato ben polito, suelto, et ben voto in guardia di dentro; tenendo il braccio della spada ben disteso; con la imbracciatura accompagnata appresso alla guarnitione della sua spada. Come amendue si possono vedere nelle figura di sopra.

Planco quivi con molta leggiadria di persona, et fierezza di cuore; incomincio con dritti, et roversi, di ogni sorte lunghi, et politi: cosi liberi come ingannevoli, tirare alla vita di Cassio; i quai colpi; Cassio non meno dell’aversario dotto nelle difese; senza perder nulla di terreno; hor di dentro, hor di fuora, della sua spada; va con giusta misura, destramente parando.


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Planco ritorna allhora sempre nella sua guardia; et in ella comincia con molte belle finte di punta, di finger di voler entrare alla vita di Cassio; et alle volte assicurandosi della Cappa, che teneva inanzi per difesa; lanciava delle stoccate al nimico.

Cassio stassi quivi sicuro, et saldo; contra le finte nimiche. Sapendo che la finta non e quella che faccia la botta; ma che ella fa solamente la strada aperta al ferire: et contra le stoccate che gli vengono lanciate da Planco, si difende solamente col torle suso, con la meta della spada inanzi: portandole di fuora col giustarsi; et con la Cappa accompagnata con la spada: andando un mezo passo inanzi per fianco; verso la mandritta nimica. Et andando prima col piede stanco, et riportando subito il piede dritto davanti del stanco; con molta ragione, et arte; hebbe tutti i colpi di planco parati. Di maniera, che essendo l’uno, et l’altro della loro maestria sommamente lodato; fuorono dal Signor del Campo partiti et fatti restar amicci:

--- --- Lámina 40

Sestilio Attore Volunnio Reo

Sestilio per non restare in dubbio del suo honore; chiamato Volunnio in campo chiuso; venuti allo incontro l’uno, dell’altro; Sestilio molto perito nella scientia delle arme; si delibera essendo suo il carico di provare: senza perdita di tempo; di trovare solamente; voglia, o non voglia: al primo tratto la spada di Volunnio; et trovarla talmente sicura, che non tanto Volunnio non lo possa offendere; ma ne anchora scodere la sua spada. Et per tanto essendosi esso fermato in guardia di fuora; et lo aversario in guardia di dentro; l’uno, et l’altro, in passo a basso; con le Cappe bene imbracciate, et accompagnate con le spade loro; Sestilio subito va inanzi per fianco; col suo piede stanco verso la mano della spada di Volunnio; et crescendo inanzi col piede dritto; et abbassando la punta della sua spada verso terra; trova la spada nimica quasi presso alla guarnitione; et la porta fuora di tempo, con la trovata, et subito portando inanzi la gamba stanca, davanti della dritta; getta la Cappa in Capo allo aversario, come nel disegno espressamente si vede.

--- --- Volunnio allhora, se fosse stato ben instrutto della ragion delle arme; volendo difendere dalla spada, et Cappa del nimico; bisognava che fosse andato alla difesa, alla quale esso poteva andare in piu modi. Percioche egli primieramente poteva contra la trovata della spada di Sestilio, cansarsi in quello instante di vita; et sarebbe stato ben fatto; et portando il piede stanco davanti del dritto; voltar il filo falso della spada, con l’agilita della vita, contra la trovata nimica. Pero che a questo modo; fra gli altri; egli sarebbe stato con avantaggio sopra della spada del nimico: et con facilita haria potuto atterrare la Cappa di quello: et con molta peritia difendersi dall’una, et dall’altra offesa; che Sestilio gli fece.


--- --- Lámina 41

Mutiano Attore Torano Reo

Mutiano mentito da Torano; per rilevarsi dalla ricevuta mentita si conduce seco a duello: con spada, et Brocchiero; et entrato in campo si appresenta con la gamba stanca inanzi in passo; col Brocchiero ben fermato in mano; et col braccio del Brocchiero ben disteso: portando la spada in dietro a basso con una sbarrata.

Torano dall’altra parte si fu fermato con la gamba dritta inanzi, in passo in guardia di dentro: col Brocchiero ben accompagnato, con la guarnitione della spada.

Mutiano allhora, che era Attore; incomincia da quel lato, dove egli si ritrova fermato; a tirare di sotto in su, con molta prestezza: de li montanti, et tirati i montanti, trovandosi di haversli portati alti; subito gli raddoppia dietro, un roverso sgualembrato, et presto ritorna su la sua prima fermata.

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Torano quivi difesa de li montanti, si caccia inanzi, per prevenire quei colpi: et nel modo, col quale si era fermato; si difese da quei montanti. Il che vedendo Mutiano, scosse di subito la sua spada; et tiro un roverso al nimico: contra del quale ando Torano; et col filo buono della spada; voltato in guardia di fuora, prestamente si difese.

Mutiano essendo gia tornato nella sua solita guardia; standosi fermato; comincia con gran prestezza a tirare alcuni dritti tondi; l’uno presso all’altro, per testa allo aversario. Da i cui colpi, egli a questo modo, con molta arte, arditamente si fu difeso. Percioche andando esso contra quei dritti tondi, col filo buono della spada, fortificata col Brocchiero: et acompagnando il passo, fatto prima con la gamba stanca, verso la spada nimica; et da poi riportando di subito il piede dritto inanzi del stanco; venne con molta destrezza a schermirsi da quei colpi.

--- --- Lámina 42

Menesteo Attore Rutiliano Reo

Menesteo per non starsi in contumacia del suo honore, sfido Rutiliano in steccato; a spada et Brocchiero; dove essendo entrati ambi duo; l’uno dall’una parte; et l’altro dall altra; Menesteo Attore, subito con molta ragione; si fermo quasi in guardia di fuora: accompagnado ben la spada col Brocchiero: et tenendo il filo buono della sua spada, contra la offesa, che gli potesse venire dal nimico.

Rutiliano quivi contra di Menesteo si fermo egli parimente in guardia di chiamata a basso: bene accompagnando il Brocchiero con la spada; stando aspettando per sostenere la persona di Reo; cio che voglia fare il nimico, come e di sopra figuratto.

Menesteo non meno prattico, et saputo, nel maneggio delle arme di quello, che fosse il suo contrario; conoscendo molto bene, per lunga prattica, et esperientia; tutto quello che puo far il nimico; sopra quella sua fermata; et quanto esso anchora possa fare, contra il suo aversario: va molto bene considerato;

--- --- et governandosi co termini ragionevoli, si caccia pian piano inanzi; et tenendo saldo il pugno della sua spada; finge solamente con la punta di quella, di volerla abbassare; per trovare la spada di Rutiliano; cacciandosi tuttavia piu sempre inanzi.

Rutiliano dall’altro canto, che intende egli anchora la ragione delle arme; poi che a lui tocca solamente a difendersi; con tutto che esso sappia, che la sua postura, o fermata, che vogliamo chiamarla; possa fare molti tratti; come sarebbe fra gli altri; batter di sotto in su la punta della spada del nimico; et tirargli di buone coltellate lunghe: o vero travagliarlo con buone punte: nondimeno scodendo la sua spada, di sotto quella di Menesteo; fingendo di voler entrare hora da una parte, et hora dall’altra; ben che non voglia entrare; stassi solamente aspettando, che il nimico venga a cercarlo; come a lui per ragion di Duello si appartiene di fare.

Menesteo anchora con la punta della sua spada contra finge; et sta aspettando che Rutiliano determinatamente entri di punta di fuora; come gli venne fatto. Imperoche Rutiliano ben fortificato il Brocchiero, con la spada, entro per dargli una punta nella spalla dritta. La qual entrata di punta, Menesteo con molta maestria, con alzare solamente la spada, in guardia di fuora; tirando in quel tempo il piede stanco, appresso del dritto; et bene giustandosi; paro bravamente.

--- --- Lámina 43

Varrone Attore Ligario Reo

Varrone per non lasciare l’honor suo in pendente chiamo Ligario in steccato; per risigar seco duello; con una spada; et brocchiero. Et giunti in campo, Varrone si appresento contra Ligario in guardia di fuora; col Brocchiero unito benissimo alla spada, secondo la ragione di esse arme. Ligario si appresento dall’altro lato, medesimamente fermato molto bene in guardia di dentro; col suo Brocchiero giunto alla spada. Varrone a cui quivi toccava esser primo a colpire; tiro duo dritti lunghi, alla volta delle gambe di Ligario; il quale abbassandosi gli paro prestamente con la sua fermata di dentro. Varrone vedendo che lo aversario para molto bene le sue coltellate; incomincia a ricircare, hora di dentro, et hora di fuora, di trovare la spada di Ligario; dalla meta della spada inanzi; ma Ligario con buona ragione va sempre la sua spada scodendo. Varrone allhora si caccia inanzi; et trova la spada nimica, insino presso alla guarnitione; atterrando la spada sino a terra. Il perche il nimico cerco con molta prestezza, di alzare la sua spada in alto: la quale di gia era suggeta alla spada nimica. Ma Varrone in quello instante porto inanzi la gamba stanca; et caccio il suo Brocchiero

--- --- il suo Brocchiero sotto alla guarnitione di Ligario et gli caccio la guarnitione quasi presso alla faccia: et subito ricovrando la spada in dietro, gli diede una gran punta nella pancia. Quivi il modo, con che si dovea Ligario difendere da quella offesa, dovea esser tale; che Ligario contra la trovata di Varrone poteva di subito con un canso di vita, verso la man del brocchiero; voltando con agilita, il filo falso della spada; difendersi da quella trovata. Percioche cosi facendo non sarebbe stato suggetto ne’alla soffogatione del Brocchiero; ne alla punta della spada del nimico. Sora vediamo; con tutto che Ligario facesse quivi tutti gli errori; se vi era modo alcuno di levare almeno fuora la punta della spada di Varrone: dicho che si; et che lo poteva fare con molta facilita: portando solamente in quello instante, che si trovo soffogato col Brocchiero, la gamba stanca inanzi, sul dritto della vita nimica. Pero che con questo modo havrebbe col suo brocchiero portato fuora la punta che gli tiro Varrone.

--- --- Lámina 45

Clodio Attore Gabinio Reo

Clodio, et Gabinio; condottisi per differentia di honore, in campo libero, et franco: a spada, et rotella; tutti duo si furono fermati, in guardia di dentro: con le rotelle molto bene accompagnato alle spade loro.

Clodio, che sostenea la persona di Attore: ricerca di trovare la spada di Gabinio; come colvi che conosce, che volendo servirsi di coltellate, di qualunque sorte si sieno; non gli riusciranno ad effetto; si per la sicurezza che ha lo aversario suo nella spada sola; di difendersi dalle coltellate; si anchora perche ha la rotella accompagnata con la spada. Percio trova la spada nimica di dentro, in quello atto, che ambiduo si trovarono quivi appresentati: et appresso incomincia a maccargliela, per veder se la puo levare; o condurre fuora di tempo. Il che vedendo Gabino, macca esso anchora: non passando i termini ragionevoli delle arme.

Clodio allhora mette la rotella in guardia contra la spada del nimico; et subito la porta a basso, verso le gambe

--- --- verso le gambe di Gabinio: il quale va subito a incontrare la spada di Clodio, da basso, come nel disegno si puo vedere. Per la qual cosa l’uno, et l’altro restarono pari, nelle trovate di spade, di meza coperta da basso. He si vide allhora fra loro alcuno avantaggio: non se lo havendo guadagnato nell’uno, nell’altro.

Quivi tutti duo, dopo lo essersi cosi trovati, contrastano qual piu di loro vaglia nel maneggio di cosi fatte arme. Clodio vedendo stare Gabinio cosi ben giusto attaccato alla sua spada, disegna di volere un altra volta alzarsi come prima si erano trovati: poi mutando pensiero non lo volse fare: sapendo che lo aversario anchora; non havea causa, se non di alzarsi: tanto piu, quanto che lo havea veduto sempre con molta ragione seguitare nel contrasto la sua spada. Percio gli macca un poco la spada; poi fa atto di volersi cacciare una punta nella coscia: il che gli sarebbe riuscito facilmente; se Gabinio nel sentirsi maccare la spada: non havesse fatto altro rimedio, che fortificarsi con giustezza: ma esso allhora contra della finta della spada di Clodio; lascio la sua spada pure attaccata a quella di Clodio; et cansando alquanto di vita verso la man della rotella del suo contrario si assicuro che quella punta, non lo puote offendere.

--- --- Lámina 46

Sergio Attore Lisippo Reo

Sergio per mantenere l’honor suo; chiama in steccato Lisippo: dove una spada; et con una rotella; intende di provargli il suo detto. Sergio giunto che fu in campo, subito si fermo in guardia di fuora: et Lisippo allo incontro suo, in guardia di dentro: l’uno et l’altro, con le loro rotelle benissimo imbracciate accompagnate alle spade loro.

Sergio quivi che ha carico di provare; va di lungo un mezo passo col piede stanco; et riportando subito il piede dritto davanti del stanco; verso la spalla dritta di Lisippo; ben accompagnato con la sua rotella; abbassa un poco la punta di sotto della spada del nimico; et pigliando solamente tanto campo, quanto e un filo di coltello; sotto la spada di Lisippo; si caccia inanzi; et gli trova la spada a meza spada, et trovata subito caccia la rotella garbatamente con molta arte; contra la spada nemica; et subito impegnatali la spada; gli da un roverso sopra la gamba dritta; appresso il ginocchio. Come appare di sopra. Il che a Sergio successe molto bene; et secondo il suo disegno, cosi per la molta peritia,


--- --- che esso havea nelle arme; come perche Lisippo non gli face contrasto alcuno.

Lisippo in questo abbattimento, poi che egli si era fermato bene contra lo aversario suo; dovea sostentare la sua guardia. Imperoche, che vale lo appresentarsi bene, et con bel modo; se non si sa poi sostentare, et difendere la sua fermata? Lisippo, oltra che poteva con molti contrasti di punta, et di taglio; massimamente da basso; dar contra la trovata di sergio; non lo face: et come ben esperto in questa professione; mostro che a posta egli si lasciasse dallo aversario trovare. Ora poi che esso si lascio cosi trovare, cosa ragionevole fia, che io qui dimostri con qual modo esso dovea contrastare con la nimica trovata, et come dovesse ritrovare il nimico; et difendersi da quella botta.

Dovea adunque Lisippo, se volea difendersi da quella botta; trovato che esso si senti da Sergio; giusto molto bene, et polito con giustezza fortificarsi contra la spada nimica. Perche , se esso in quel tempo si fosse cacciato inanzi, con la spada, haria portato il forte della spada addosso al debile della spada di Sergio: et cosi lo havrebbe trovato. Contra poi la trovata della rotella, dovea Lisippo subito crescere inanzi un passo, con la gamba stanca; et mettere la sua rotella contra la guarnitione della spada di Sergio, di fuora: che in questo modo si sarebbe esso difeso da quel colpo. Oltra che haria potuto anchora, in quel tempo sbrigare la sua spada, dalla rotella dallo aversario. La qual cosa non tanto gli sarebbe stata utile, per difesa; quanto anchora per offesa.

--- --- Lámina 47

Acrisio Attore Danao Reo

Tratto dall’honor suo Acrisio, si condusse con Danao, ad abbattimento; con una spada e Targa: et nel punto di menar le mani si fermo in passo, con la gamba stanca inanzi; col braccio della targa ben disteso; et con la guarnitione della spada appresso al fianco dritto: et con la punta della sua spada drizzata contra Danao.

Danao parimente si fermo in passo, con la gamba dritta inanzi: bene accompagnando la targa con la spada: in guardia di dentro, come per il disegno di sopra si vede, dove appare che l’uno, et l’altro si stia in guardia di aspettatione.

Acrisio Attore, havendo ben inanzi la targa; batte un poco la spada di Danao; et subito crescendo con la gamba dritta inanzi, gli caccio una punta alla volta della pancia: et cio fatto, ritorno prestamente a portar la gamba, dove egli di prima si fu fermato.

Danao sentendosi batter con la targa la spada; si giusta, et cacciandosi alquanto inanzi, con la spada accompagnata con la targa; con molta prestezza hebbe parato quella punta nimica.

--- --- Acrisio di nuovo rimessosi; come si e detto; nella sua guardia; va travagliando con bellissime finte di punta il suo aversario; per vedere selo puo discoprire da un lato, per ferirlo. Il perche Danao se gli oppone al contrasto con le finte, fatte con buona ragione: di modo che Acrisio vede chiaramente che per tal strada non puo eseguire il suo intento. Per la qual cosa, mutando proposito, tenta con la trovata della spada di levar via lo impedimento della spada nimica; che gli puo nuocere; et per cio ricerca; come ho detto; di trovare la spada del nimico; hora da alto, a basso, hora sul dritto di dentro, hora di fuora: et tenendo la punta della spada giusta alla vita; talhora tenta di trovarla di dentro, et talhora di fuora; con la trovata da basso: mettendo la punta della spada, verso terra incrocicchiando cosi a un modo, come all’altro; la spada di Danao. Le quai due trovate, con tal modo fatte, noi chiamiamo l’una, che e quella di fuora trovata di tutta coperta da basso; l’altra, che e quella di dentro, trovata di meza coperta da basso.

Danao molto prattico in questo essercitio; hora scode la spada, da un lato, hora dall’altro: secondo la occasione; nello scodere la spada, cacciandosi sempre inanzi; per non perder tempo alcuno. Il che dimostro, a chi vide il loro abbattimento, quanto l’uno, et l’altro intendesse benissimo il maneggio delle arme.

--- --- Lámina 48

Tiburtio Attore Thirreno Reo

Tiburtio per levare ogni sospetto, che havere si potesse del suo honore; venne a singolar battaglia con Thirreno; a spada et Targa, et nello steccato si fermo in guardia di fuora, contra Thirreno, che si era fermato in guardia di dentro. Dove havendo con molta leggiadria di persona, et ardir di cuore; con bellisimi contrapassi, passeggiato il Campo: perche era Attore, incomincio a tirare allo aversario, di ogni sorte di coltellate: delle quali piu volte si e fatto mentione.

Thirreno allo incontro; dopo lo haver fatto i medesimi contrapassi; parando sempre arditamente le coltellate, che Tiburtio gli tirava: con le medesime gli rendeva la risposta: il che era cosa bellisima da vedere.

Tiburtio vedendo Thirreno difendersi molto bene da lui; et non solamente difendersi, ma salutarlo anchora con buonissime coltellate; fa novo disegno: fra se dicendo; Se Thirreno e prattico, et dotto nello abbattimento stretto: et cosi va di lungo, et trova la spada del nimico di dentro; la qual trovata e chiamata meza coperta da basso: et mettendo subito la sua targa, contra la targa nimica: tenta portar fuora della giustezza della vita la spada di Thirreno: per dargli poi una punta nel fianco dritto.

--- --- Thirreno quivi non rifiuta la trovata di Tiburtio, ne gli fa contrasto alcuno: se non che quando si sente maccar la spada, se la fortifica in mano; et come quello che conosce molto bene il disegno del nimico, sista ben coperto, et non si move di vita; nel di spada; se non tanto quanto Tiburtio gli en da opportuna occasione. Conoscendo che solamente gli basta difendersi; senza mettersi a rischio, che volendo offendere lo aversario, non gli dia occasione di trovare, qual che minimo tempo, di ferirlo. In questo mentre, essi furono partiti: et accommodati nella loro differentia.

--- --- Lámina 49

Acron Reo Martiale Attore

Martiale per non stare in dubbio del suo honore; si condusse alla giornata con Acrone, che era mancino, con una spada sola. Et perche Martiale Attore era drittiero, egli si fermo con la sua spada in guardia di dentro; pero a cavaliero di fuora della spada di Acrone; il quale se gli era appresentato allo incontro, con la spada sua di fuora; perche era mancino.

Quivi si vide da Martiale usare il piu raro, et sicuro contrasto, che si possa usare contra un mancino: il quale e questo, di tenere sempre la spada del mancino di dentro. Il che pare che sia contra lo uso commune, et parer di molti; i quali vogliono che la spada mancina, si debba tenere piu tosto di fuora, che di dentro: senza allegare la ragione, che gli mova ad havere cotale credenza.

Acrone, che molto ben conosce avantaggio, che esso ha, tenendo la sua spada mancina sempre di dentro; ve la tiene per lo continuo: imperoche ella cosi sta sempre a Cavaliero della spada nimica; et gli la tiene cosi suggetta, et soffogata, che ella non gli puo fare nocumento alcuno: il che essa spada non farebbe; se la sitenese di fuora.

--- --- Perche il mancino in quel caso; con facilita la potrebbe scodere: et guadagnarsi quello avantaggio, che si guadagna il dritto, coltenere la spada mancina soffogata di dentro.

Martiale dall’altro canto; per le ragioni sudette; non attende ad altro; che di serrare la spada al nimico, per di fuora, in dentro; come si vede nel ritratto di sopra. Et con tal ragione ad ogni suo volere, tiene la sua spada ne fianchi di Acrone.

Acrone allhora si trovo esser a mal partito; vedendo che Martiale lo ha serrato; et trovatagli la spada, con uno cosi raro, et non piu usato modo: il quale mai piu, non gli accadette. Nondimeno con tutto cio cerca di voler scoder la spada di fuora. Ma non resta Martiale per quella scossa, nel tempo che Acrone scode la spada, di dargli una punta; et di novo di ritrovargli la spada nel modo detto dinanzi.

In questo certame, il modo che dovea tener Acrone, contra Martiale; era, che esso cercasse anchora di tenere la spada del nimico, sempre di dentro: peroche a questa giusa, egli non solamente si sarebbe da lui difeso; ma havrebbe anchora guadagnatto quello avantaggio, che Martiale si guadagno contra di lui, con questa maniera di trovare.

--- --- Lámina 50

Polibio Attore Sicanio Reo

Condottosi per cura del suo honore in steccato Polibio, che era mancino, con una sola spada con Sicanio, che era dritto: Polibio quivi si appresento subito in guardia di dentro; contra Sicanio che se gli era appresentato in guardia di fuora.

Polibio subito: come Attore; incomincio con buone coltellate di dritti roversi, lunghi di tutto tempo, et di mezo tempo, secondo il bisogno; et parimente di coltellate di contra tempo; hora tirando lebotte libere, hora ingannevoli semplici, et hora doppi: hora con le finte di punte; di bellisime sorti; sempre a cacciarsi inanzi.

Sicanio allo incontro va con buona ragione, sempre parando i colpi dello aversario: non passando punto i termini dell’arte: et disfacendo sempre le finte nemiche; con le contrafinte; cerca tempo con le trovate, et ritrovate, et col maccare, et contramaccare; dalla sua spada, et a tempo, et luogo facendo alcuni cansi di vita; tanto fece che trovo tempo; nel quale face una entrata di punta di fuora:


--- --- portando la spada di Polibio in dentro; insino presso alla guarnitione: come appare nelle figure di sopra: et gli diede una gran punta nel petto. Ora la cagione perche Polibio havesse quella punta nel petto; fu questa. Perche polibio si lascio con la entrata di Sicanio, sforzare la sua spada di fuora in dentro talmente, che esso non hebbe tempo di scoder la spada; ne di fare allo aversario alcun contrasto.

La difesa tra le altre, che Polibio poteva fare, contra quella entrata di punta: da poi che egli non hebbe tempo di scodere la sua spada senza manifesto danno: doveva essere di fortificarsi contra la spada di Sicanio: et giustandosi andare in quel tempo, un mezo passo col piede dritto; riportando subito il stanco, di dietro del dritto; verso la banda stanca del nimico: che a questo modo si sarebbe da quel colpo difeso. Poteva egli anchora portare la gamba dritta in dietro: abbassando la punta della sua spada verso terra: conciosia, che con agilita, et facilita, haria portato fuora quella punta.

--- --- Lámina 51

Chorebo Attore Acilio Reo

Chorebo per chiarezza della verita, chiamo Acilio in steccato; dove segui il loro abbattimento con due spade, per ciascuno. Quivi i duo Duellanti si appresentarono nel Campo, molto ben politi, et garbati.

Chorebo Attore, quivi si fermo in passo, con la gamba stanca inanzi: con la spada che tenea nella man mancina; in guardia di dentro: et con quella che havea nella man dritta fermata in dietro alto: mostrando di voler discendere con gran furia di colpo.

Acilio allo incontro di Chorebo, si fu fermato con la gamba stanca inanzi in passo: con la spada della man mancina, in guardia di dentro, et subito presentato si attacca con la trovata alla spada mancina dello aversario; et si ferma la spada della man dritta al galone; con la punta giusta verso la vita nimica: aspettando che la spada di Chorebo alta discendesse; non solamente per difendersi; ma se trovera occasione; anchora per ferire. Horebo vedendo Acilio cosi ben fermato; et che lo aspetta; dubita discendere con le coltellate: tanto piu,

--- --- perche ha la sua spada mancina, soggetta et impegnata alla spada mancina del nimico: la quale egli teme che in quel tempo, che voglia calare con la botta, lo aversario non lo investischa parando et anchora di punta. Et percio egli fa atto di voler abbassar la punta: et di voler entrare di punta; parendogli assai meglio, et di manco tempo: poscia havendo meglio pensato sopra il fatto suo; dubita che discendendo di punta, Acilio anchora in quel tempo non entri di punta; et lo ferisca, o vero che si feriscano amendue.

Per tanto muta proposito, et pensa di volersi cacciare tanto inanzi, con la trovata della spada mancina, che possa con ella ferire di dentro di punta il nimico: imaginandosi che Acilio dovesse opporre la spada dritta, alla difesa della sua punta: et in quel tempo lo potesse ferire, di una gran coltellata sopra le testa; o vero sopra la gamba dritta.

Acilio quivi sempre si difese, dalla spada mancina del nimico: con la sua spada mancina. Cacciandosi esso anchora inanzi ben giusto; et con la spada dritta, stando sempre saldo, et ben fermato nella sua principiata guardia di Chorebo arditamente si difese. Et cosi il loro abbattimento; con grandissima sodisfattione, di chi vi si trovo presente; hebbe honorato fine.


--- --- Lámina 52

Mezentio Attore Dardano Reo

Per non esser tenuto dal mondo in cattivo predicamento di honore; Mezentio si ridusse in steccato, con Dardano; con due spade: et amendue nello steccato si fermarono a questo modo. Cioe, Mezentio con la spada dritta in guardia di fuora: et con la spada mancina in guardia di dentro. Et Dardano contra Mezentio, con la spada dritta in guardia di fuora: et con la mancina in guardia di dentro.

Questi duo Duellanti, modo intendenti, et esperti, in tutti i maneggi delle arme; et spetialmente nel piu commune, et usitato: che e la spada sola: la quale veramente ottiene il principato, fra tutte le altre sorti di arme: non curano in questo loro abbattimento, di usare coltellate di qualunque sorte sisiano; non di finte larghe, non di strette: sapendo che nelli abbatimenti della spada sola; si sono veduti, et benissimo considerati, simili modi di ferire: de quali noi se en vagliamo, cosi nello offendere, come nel difendere. Per tanto come essi si furono nel modo detto di sopra presentati;


--- --- Dopo cio incominciarono amendue a maccarsi le spade: hora in un medesimo tempo; hora l’una spada senza l’altra. Et quando l’uno macca; l’altro macca anchora; ma con giusta maccata; per non si lasciar portare fuora di tempo. Dove maccando alle volte Mezentio, contramacca anchora Dardano; et quivi si fa debile di subito, per tirare la spada dello aversario fuora di tempo. Ma Mezentio maccando con giusta misura: non va pero contra la spada nimica, quando colvi si fa debile: ma si sta a suo luogo et nella sua fermata. Et di qui aviene, che quando l’uno cerca di voler scodere una delle sue spade; l’altro in quel tempo lo va a serrare di maniera, che non gli lascia tempo di potere far cosa alcuna. Et percio che amendue erano egualmente periti in quello armigero essercitio: quando quivi pure aveniva, che l’una delle spade loro, si fossero scosse, essi di subito tornavano a trovarle, et a impegnarle. Di modo, che con questi, et altri bellissimi contrasti, i duo Cavalieri lunga pezza contrastorono insieme. Et piu lungamente havrebbeno contrastato, se il signor del Campo, non gli havesse partiti: et posti d’accordo.

--- --- Lámina 53

Terentiano Attore Fortunio Reo

Terentiano, per levar l’honor suo fuora di sospitione, dimando Fortunio a Duello: et entrati il di della giornata, l’uno et l’altro in campo; Terentiano che teneva carico di Attore; si appresento ben raccolto, et polito, sopra la vita; con una spada di una mano et meza; che con tale arme dovea seguire il loro abbattimento; et col filo buono della sua spada, volto contra il filo della spada di Fortunio: come si vede nel disegno di sopra.

Fortunio quivi allo incontro di Terentiano, si appresento a basso, con la guarnitione della spada appoggiata alla coscia; et con la punta della spada quasi presso alla terra.

Terentiano che havea incominciato a colpire il nimico, ben che da quello gli fosse battuta la spada: non si lascia pero portare fuora di tempo.

Fortunio torna allhora a batter col filo falso la spada nimica; et tutto a un tempo gli tira un dritto, per dargli sopra le gambe: et tirato quel dritto, se ne ritorna nella sua prima guardia.

--- --- Terentiano, con tutto che Fortunio gli havesse battuto la spada, col non si haver lasciato portar fuora di tempo, hebbe quel dritto parato.

Fortunio di novo torna a battere col medesimo modo la spada nimica; et subito battuta, in luogo di un dritto, lascia al nimico un roverso, verso il braccio dritto della spada.

Terentiano per haversi lasciato battere, essendosi portato al quanto fuora di tempo, a gran pena puote parare quel roverso; nondimeno esso fu cosi presto a voltar con giustezza il filo buono, che hebbe quella botta con ragione parata.

Fortunio allhora havendo veduto, che le sue botte di coltellate non gli erano riuscite; pensa di tirarle medesime botte: radoppiandole, et ingannandole verso la testa nimica. Poscia in uno instante muta proposito, di cio non fare: sapendo che lo aversario suo, era molto dotto nella scientia della spada; et ottimo schermitore, et paratore; et che pero non gli haveria potuto fare, nocumento alcuno. Percio comincia a finger di voler di novo battere; et poi non batte la spada nimica; ma cerca di entrare di punta per di dentro.

Terentiano di cio accortosi, contra la finta della battuta, ando inanzi per investire Fortunio in quel tempo di punta. Ma havendo Fortunio scossa la spada; et entrato di punta, si volto subito con un canso di vita; et con molta leggiadria, paro quella punta. Et qui fini il loro contrasto; havendogli il Signor del Campo, partiti: et per valorosi huomini sommamente commendati.

--- --- Lámina 54

Pompilio Attore Volpiano Reo

Tanto e rigorosa la legge dello honore, che trovandosi Pompilio aggravato nello honore, da Volpiano: havendolo chiamato a battaglia; et esso venutovi: Pompilio con una spada, da una mano et meza; fattagli appresentare dallo aversario; si fermo in guardia di fuora: con la spada bene impuganta. Volpiano anche esso se gli fermo allo incontro; in guardia di dentro; tenendo con molta ragione, la sua spada in mano.

Pompilio quivi con molta prestezza col filo falso della sua spada; essendo Attore, ando a trovare Volpiano; et due volte gli batte l’una, dopo l’altra, la spada: lasciandogli di subito, dopo le due battute, un gran dritto sgualmembrato verso la testa.

Volpiano in quel punto si fortifico la spada in mano verso le due battute di Pompilio; talmente che esso non gli puote portare la spada fuora di tempo. Et appresso con molta prestezza, contra il dritto del nimico, tornando in guardia di dentro; si come si era prima fermato; con buona ragione; si difese da quella botta.

--- --- Pompilio havendo tirato quel suo dritto, ritorno esso anchora in guardia di dentro; et di novo torno a battere la spada nimica due volte; l’una dietro all’altra di fuora; come havea gia fatto, col filo falso della sua spada: et instantemente lascia un gran roverso, verso la testa di Volpiano.

Volpiano intento al fatto suo; va con giustezza a incontrare le due battute di Pompilio; et fortificatasi ben la spada in mano, giustandosi, havendo contra quel roverso ben voltato il filo buono della sua spada, con molta arte, et honoratamente da quel nimico roverso di difese.

Pompilio vedendo a buona prova, che il suo contrario, da suoi colpi benissimo si difende; si delibera di no voler piu coltellare: et con cotale risolutione, va di lungo, et trova a meza spada, la spada di Volpiano; et subito che esso l’ha trovata, incomincia con molta destrezza a contrastare; hora con fortezza, hora con agilita; contra la spada nimica. Et havendo trovato con questa maniera, occasione di poter entrare di punta, o di dentro, o di fuora; spera secondo che se gli offerira la occasione; di poter sicuramente entrare.

Volpiano che molto ben conosce il disegno nimico; esso anchora stassi saldo, et giusto; contra la trovata di Pompilio; et fortificandosi parimente, quando con fortezza, et quando con agilita, va disfacendo cio, che l’aversario suo disegna di fare contra di lui. Per la qual cosa, essendo stati tutti duo conosciuti; da chi havea loro dato il Campo, per prodi et saputi Cavalieri furono da lui partiti; et per lui fatti amici.

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Lámina 55

Sicinio Attore Salieno Reo

Sicinio delibero di condursi in steccato; per risentimento del suo honore, con Salieno: et cosi di accordo vennero allo abbattimento, con una spada da due mani, per uno. Sicinio, giunto che fu Salieno nello steccato, dove esso la aspettava; subito si appresento in filo, con la gamba stanca inanzi alquanto, in passo; tenendo lo spadone in dietro a terra; dalla banda sua dritta. Quivi dall’altra parte si fermo Salieno in guardia di dentro, stando in passo col filo buono dello spadone, contra la offesa dello spadone nimico.

Sicinio allhora, che era Attore; con quella fermata di sbarattata; batte una volta col filo falso del suo spadone, lo spadone di Salieno; et incontinente cresce un gran passo; portando la gamba dritta, davanti della stanca; et gli tiro un gran dritto alla volta delle gambe.

Salieno subito va per difesa, a incontrare la battuta dello spadone del nimico; et andando in quel tempo un mezo passo, col suo piede stanco, verso la man dritta di Sicinio;

--- --- abbassando alquanto la vita; nella medesima sua guardia di dentro a buon filo; hebbe quel nimico colpo parato.

Sicinio subito che hebbe tirato quel dritto; si trovo appresentato in guardia di dentro: et incomincio con molte belle sbarrate, hora di roverso; hora di dritto; andare sempre prima alla battuta dello spadone, et tirar alla volta del nimico.

Salieno allhora; contra la opinione di alcuni di poco giuditio; i quali dicono, che il parare e nocivo, contra le sbarrate; si va cacciando inanzi; talhor di dentro; et talhor di fuora; secondo che gli facea bisogno; con molta industria, et ottima ragione parando le botte; che Sicinio gli hebbe tirato.

--- --- Lámina 56

Salustio Attore Crispino Reo

Salustio per verificare, che lo affronto, che gli havea fatto Crispino, fosse da mal Cavaliero lo chiamo al Campo franco, per combatter seco con le arme, che lo aversario, come Reo, portasse le quali arme furono duo spadoni da due mani; l’uno per se, l’alto per Salustio.

Crispino entrato in campo, si fermo contra Salustio, che erra attore; a basso in passo con la gamba dritta inanzi: tenendo il manico dello spadone appoggiato alla coscia; et la punta di quello giusta verso la vita del nimico. Stando aspettando, cio che voglia fare Salustio.

Salustio vedendo Crispino si ben fermato, non fa conto di largarsi; ne di far tempo alcuno, per tirargli dello spadone: dubitandosi nello largarsi, che Crispino in quel tempo, non lo ferisca di punta. Per cio egli si delibera con la trovata dello spadone, di levar prima via, lo impedimento dello spadonde dello aversario; accio che quello non gli possa nocere; per ferirlo poi sicuro; et per far cio, cansa un poco di vita verso la man dritta di Crispino; et alzando ben la guarnitione dello spadonde;

--- --- et di quello abbasado la punta, va di fuora; et trova con molta politezza lo spadone nimico, come nel disegno di sopra si puo vedere.

Crispino allhora si lascio trovare, disegnando per la medesima via; che esso fu trovato entra di punta con tutto cio che egli conoscesse, che il canso di vita, che Salustio havea fatto, quando lo ande a trovare lo aiutava tanto, che sotto il suo spadone, egli era tutto benissimo coperto.

Salustio, subito trovato lo spadone di Crispino; alzo molto presto la punta; per dargli una punta nella faccia: cosi come stava attacato allo spadone del nimico.

Crispino vedendo questo; come quello che stava benissimo avertito; alzo presto lo spadone, contra la punta nimica; et col filo buono del suo spadone, porto fuora quella punta, aiutandosi in quel tempo, con un mezo passo, et canso di vita; fatto verso la man dritta di Salustio. Et con questo modo havendosi da quella punta nimica animosamente difeso. L’uno, et l’altro, fu da padrini con licentia del Signor del Campo, partiti: et honoratamente acquetati.

--- --- Lámina 57

Eraclio Leonida Cassandro

Fu Leonida, da Cassandro, et Eraclio, suoi nimici, assaltato, con le spade nude, et cappe imbracciate.

Cassandro l’uno de gli assalitori; subito da un canto si appresento Leonida; ben fermato in guardia di dentro; et l’andeva serrando con le punte. Dall’altro canto se gli fermo contra Eraclio, compagno di Cassandro; con la Cappa inanzi; et con la spada in alto; in atto di voler ferire.

Leonida trovandosi quivi serrato in mezo, da i detti suoi nimici; non si perdendo pero punto di cuore; si copri tutto sotto la spada: voltando lapunta di quella; contra di Cassandro, et il filo della spada contra la offesa di Eraclio. Et cio fatto, cerca di levare con la cappa, fuora la punta di Cassandro. La qual Cappa, eoli tiene sempre contra la spada del nimico. Lasciando alle volte di buone coltellate a Eraclio. Et tuttavia guardando per lo continuo la spada di Cassandro, finge di voler entrare di punta; per schifare, che Cassandro non lo soffoghi; le quali finte egli fece subito, che hebbe tirato le coltellate a Eraclio.

--- --- Dopo cio, alle volte egli fingeva di voler tirare di punta; et tuttavia coltellava alla vita di Eraclio.

Eraclio in tanto, et Cassandro; l’uno con le coltellate, et l’altro con le punte, salutavano Leonida molto bene.

Leonida quivi si aiuta con le mani; et co piedi; et con la Cappa, a difenders; parando, et cansando, con la vita, secondo che portava la occasione. Sempre cercando di volersi tirare dalla banda dritta di colvi, che piu lo molestava: per meglio potersi difendere. Et cosi bene li riusci questo suo buono aviso; che egli da Cassandro, et da Eraclio, suoi nimici, con molto cuore, et sapere, honoratamente si difese.

--- --- Lámina 58

Rifeo Oreste Eleno

Erano alle mani insieme; a spada et cappa; Rifeo, et Heleno; de quali l’uno che fu Rifeo, si era fermato inguardia di fuora; et l’altro che fu Heleno si era fermato a basso in guardia di chiamata, stando ad aspettare cio che Rifeo volesse fare.

Oreste loro commune amico, quivi sopragiungendo al fatto, vedendo questi duo suoi amici, che vogliono far quistione; caccia mano alla spada, et imbraccia la Cappa, et si caccia infra di loro per partirgli. Et si vi caccia con si buon modo, et ordine; che volendo con ragione fare, che essi non si facciano male alcuno: esso anchora volendo giovar loro, non venisse ad haver danno. Per tanto egli va prima a trovar Rifeo, che piu su l’atto di voler ferire lo aversario; et gli trova la spada di sopra; et la caccia con la trovata fuora di tempo; cosi della sua vita; come di quella di Heleno: et subito volta la sua cappa contra la spada di Heleno; come si vede nel ritratto. Stando tuttavia benissimo avertito; cosi contra Rifeo, come contra Heleno;

--- --- che vedendo levarsi alcun di loro, et far atto di ferirlo; di fingere con la punta della sua spada, di voler entrare di punta; o vero di voltarsegli di subito a trovare la spada da alto in giu; et di atterargliela a terra. Egli con questo modo, et ordine, gli hebbe con grande arte, et bravura; finalmente senza alcuno loro, et suo danno partiti.

--- --- Lámina 59

Entello Attore Elimo Reo

Furono condotti da Padrini loro, per causa di honore: Entello, et Elimo: con un arma di asta curta, per ciascuno; con calce ferrato, et pungente. Et entrati nello steccato; si fermorono ambiduo in guardia di dentro; ben politi, et giusti, come ne dimostra il disegno di sopra.

Entello, che era Attore, incomincio a far corre l’asta inanzi, con la spinta del braccio dritto; per la mano stanca: et con questo modo caccio una punta per di dentro a Helimo.

Elimo allhora in quel medesimo modo che si trovo fermato, si giusto, et porto fuora quella punta: et subito che l’hebbe portata, rispose egli anchora a entello, di un altra simile punta. La quale fu da Entello col medesimo modo, et con molta prestezza parata.

Entello ritorna a cacciare un’altra punta al nimico, per di fuora: la quale havendo esso con giustezza prestamente battuta, tosto caccio a Entello, un altra punta parimente di fuora.

Entello quivi con la giustezza dell’asta; movendo alquanto il passo contra la lanciata di punta dello aversario, la porto fuora con molta prestezza;


--- --- et di gia ritornato sopra la sua prima fermata: havemdo veduto, che le punte lanciate di dentro, et di fuora al nimico; non haucano fatto alcuno effetto; incomincia a fingere di voler pur tirare le medesime punte; pensando di ridurre con quello atto Elimo fuora di tempo: et con questo pensiero va cambiando le dette punte; hor di dentro, hor di fuora.

Elimo contra le finte di Entello si ferma giusto; et non crede tanto, che si lasci portare fuora di tempo: ma si sta molto bene avertito, et a segno: et sempre a questo modo si trovo a tempo a parare, hora di dentro, hora di fuora, tutte le punte, che dal nimico, gli furono lanciate.

Quivi essendo stati tutti duo conosciuti pari di arte; et di valore; furono da superiori amorevolmete partiti.


--- --- Lámina 60

Druso Attore Silvio Reo

Druso, et Silvio, per decidere certa loro controversia di honore, si ridussero in steccato; con un’arma di asta per uno. Dove Druso Attore; di subito si appresento giusto; et lancio a Silvio con molta prestezza, ingannevolmente due punte verso il petto: le quali Silvio paro fuora: con giustarsi ben l’asta in mano; et col cansare alquanto la vita; nel parar quella lanciata; et subito che parando si fu difeso; egli anchora lancio una punta verso le gambe di Druso.

Druso contra la punta, tiratagli da Silvio alle gambe; abbasso di subito la punta dell’asta di dentro; et porto fuora la punta del nimico; ritirando presto il passo: come si vede disegno.

Silvio parando con prestezza a la punta da basso; alzo la punta dell’asta; et tiro una lanciata di punta, verso la faccia di Druso.

Druso allhora subito levo esso anchora la sua asta; et alquanto cansando la spalla stanca in dietro, et giustandosi, porto fuora la punta della faccia: et havendo parato quella punta; finse di tirare una punta nella faccia di Silvio,

--- --- accioche esso alzandosi alla difesa da alto, restasse in quel tempo con la vita discoperta da basso.

Da poi fatto di subito quella finta; ritorna da basso a lanciare la medesima punta; verso la gambe del nimico.

Silvio quivi va prima contra la finta della faccia, con buona ragione; il che fu causa, che esso si trovo poi a tempo a parare la punta da basso: nel modo medesimo; che havea fatto prima. Et qui fini il loro abbattimento: essendo stati amendue giudicati, per saputi et prodi guerrieri; da chi gli vide menar le mani.

--- --- Lámina 61

Timoleone Attore Archidamo Reo

Venne in steccato Timoleone, contra Archidamo, per causa di honore. Et quivi giunto egli si appresento con una arma d’asta; et con buona ragione si fermo di subito in guardia di dentro. Si come si era parimente appresentato Archidamo, contra di lui.

Quivi Timoleone, che era Attore; con molta attillatura, et prestezza, facendo di bellissime finte; con la punta dell’asta. Lancio due punte, sempre con inganno di ferita ad Archidamo. L’una di dentro, et l’altra di fuora.

Archidamo dall’altro canto, vedendo il suo nimico, che cosi arditamente lo viene ad assaltare con le punte; esso anchora si mette a contrafingere; et cacciandosi sempre inanzi, cerca col passo di guadagnare il campo a Timoleone.

Timoleone vedendo che lo aversario con buona ragione, non solamente gli va disfacendo le finte, che egli facea; ma anchora cercava di levargli il campo; si delibera di trovare l’asta del nimico:

--- --- sperando con cotale trovata, di trovare contrasto sicuro contra il nimico; pero egli si giusta ben l’asta in mano; et essendo tutti duo appresentati a basso in guardia di dentro; abbassa la punta dell’asta; et facendosi ben voto con la vita, incrocichhia l’asta nimica da basso; pensando per la medesima strada che ha trovato l’asta nimica; cacciargli una punta nella gamba stanca, la quale Archidamo havea inanzi.

Archidamo che allhora ben conobbe il disegno del nimico; come quello che era molto saputo nelle trovate; non solamente non fa contrasto alcuno, contra quella trovata; ma si lascia trovare, a bella posta; et stando molto ben avertito, da basso: et coperto; cerca di levare fuora della sua vita, la punta dell’asta; di Timoleone; accio che esso non lo possa ferire nella gamba; ne voltargli col calce dell’asta, una botta per testa. La onde, tanto piacque al Signor del Campo l’arte, et il valore, di questi due duellanti: che non vuole, che lo abbattimento loro; andasse piu inanzi: et gli parti con lo amicargli insieme.

--- ---

Lámina 62

Gaio Attore Crasso Reo

L’honore, a cui niuno de beni temporali, et mondani: se puo aggvagliare; condusse Gaio a cimentarsi con Crasso, in steccato: dove lo abbattimento loro segui con un arma di asta.

Guiunti questi duo Cavalieri in Campo; Gaio; che era Attore; si fermo in guardia di dentro, contra Grasso: il quale si fermo anchora nella medesima guardia, nella quale si fu Gaio fermato.

Gaio allhora di subito lancio una punta al piede dritto di Crasso: la quale Crasso con gran prestezza a tirando il passo portandola fuora col l’asta da basso, hebbe benissimo parata.

Gaio da capo finge di tirargli la medesima punta a basso; pensando di trovare il nimico in quel tempo discoperto da alto: ma vedendolo andar alla parata da basso; gli tiro quella punta verso la faccia; la quale punta Crasso con giusta misura ando tosto a parare: imperoche solamente con lo alzare l’asta et bene giustandosi; l’hebbe arditamente parata.

Gaio da capo finge di tirargli la medesima punta alla faccia, pensando di trovare il nimico in quel tempo discoperto da basso:

--- --- ma vedendolo andar alla parata da alto, gli tiro quella punta verso le gambe. La quale punta, Crasso con giusta misura, et solamente con lo abbasare l’asta. Et col bene giustarsi l’ando con prontezza a parare; molto valorosamente.

Gaio allhora cambia mano con l’asta; et va a meza asta di dentro, a trovare l’alta di Crasso: il quale andava medesimamente contra la trovata della meza asta di Gaio: sapendo tutto quello, che esso Gaio puo fare. Di modo che amiduo quivi in tal modo havendosi trovati; incominciano a contrastare col sapere, et col valore di guadagnarsi il tempo di ferire lo aversario.

Gaio macca l’asta nimica; per fare che Crasso ancho esso macchi, pensando di farsi in quel tempo debile; per portare l’asta di Crasso fuora di tempo: onde poi lo possa ferire.

Crasso quivi macca egli anchora; nel tempo che si sente dal nimico maccare: ma va maccando con giustezza, per non andare fuora di tempo; et quando Gaio si fa agile: esso non vuole andare dietro alla agilita della sua asta; ma restasi a suo luogo ben coperto. Il che fu cagione, che giudicandogli il Signor del campo per duo valenti huomini; gli partisse; pigliando sopra di se, la loro differentia.

--- --- Lámina 63

Neottolemo Reo Germanico Attore

Germanico Attore, per giustificacione della verita si condusse con Neottolemo in campo franco alla giornata; a cui Neottolemo, che era Reo; face portar due arme d’asta: l’una per se, et l’altra per Germanico.

Questi duo guerrieri, dopo le fermate loro, l’uno contra dell’altro; con buonissima scientia, et arte: si ferono con molta prestezza, et leggiadria di bellisime finte: et fingendo amendue hora di voler tirare a basso, hora ad alto; si lancioarono di bellisime punte: dandosi subito fatta la riparata, l’uno, et l’altro, di bravissime risposte; le quali punte tutte, hora di dentro, et hora di fuora, con molta giustezza; facendo a luogo, et tempo, il passo: da me in tanti luoghi descritto; furono da loro parate, con grandissimo ardire, et maestria.

Germanico a cui l’honor suo era molto caro: stando fermato in guardia di dentro; finse di voler lanciare una punta nel peto a Neottolemo; et subito alza tutta l’asta di fura della sua testa

--- --- et tutto a un tempo entra con una punta nella gola al nimico: et gli face una gran ferita.

Neottolemo vedendo venire la punta nimica, subito caccio inanzi alla parata; con la parata; et trovata della meza asta: ma con tutto questo suo ragionevole disegno, non puote far tanto, che egli non restasse ferito da quella punta: dalla quale esso si saria agevolmente difeso, cansandosi solamente alquanto in dietro, con la spalla stanca; et con l’aiuto della medesima sua asta; gia principiato: ma perche non lo seppe fare, esso rimase malamente ferito. Et quivi la loro giornata habbe fine.

--- --- Lámina 64

Formione Attore Stratonico Reo

L’honore, il quale he tanto imperio sopra gli animi honorati, fu quello che trasse Formione, ad entrare in steccato con Stratonico; per conservare di esso suo honore. Questi duo Cavalieri si condussero a cimentarsi con una arma d’asta, per uno: per dare chiara notitia al mondo del loro valore.

Formione subito entrato in campo: come allo Attore si spetta di fare ando contra Stratonico, col passo grande inanzi; hora con l’una gamba, et hora con l’altra, il simile fece Stratonico: sino che si furono appresentati per menar le mani. Quivi tosto incominciaro a travagliarsi l’un, l’altro; con molta astutia, et inganno: et con le punte dell’aste si tirarono; quando alla faccia; et quando alle gambe; et quando al petto; de ramazzotti per testa: et altre bellisime botte: procedendo ambi duo con quella debita ragione; che altre fiate e stata da me ricordata, con la quale l’uno, et l’altro honoramente si difese.


--- --- Formione qui grandemente si travagliava per atterar lo aversario: ma conoscendo che colvi nel gioco largo di Asta, bravissimamente da lui si difende: muta proposito: et si delibera di trovare l’asta di Stratonico: et con questo pensiero va di lungo: et ciio gli riusci: percioche col calce dell’asta, trovo l'asta del nimico, per di dentro; et trovata, subito a poco a poco; si va cacciando inanzi; sempre giustandosi col calce dell’asta maccando con molta ragione l’asta di Stratonico.

Stratonico allhora contra la maccata di Formione, si fa hora forte, hora agile, con animo di portar l’asta del contrario fuora di tempo; accioche trovandolo discoperto, lo possa sicuramente ferire.

Formione che era ben dotato del saper delle arme: conoscendo quanto possa fare Stratonico con quel suo disegno; sempre se gli oppone con misura; secondo la occasione: hora con fortezza, et hora con algilita; tenendo lo aversario molto ben soffogato; col detto Calce. All’ultimo determinando di voler uscire d’impaccio; va, et col calce della sua asta: havendo prima messo la gamba dritta inanzi; batte l’asta di Stratonico: et poi ritorna subito a dietro col calce.

Stratonico allhora, che volse venir dietro con la sua asta, al calce dell’asta di Formione; si ritrovo fuora di tempo. Il che vedendo Formione, di subito con la gamba stanca inanzi; voltando la punta dell’asta diede una gran punta nel petto a Stratonico.

Stratonico ando ben per parar quella punta; et fece l’atto della punta; ma non si trovo a tempo: per la gran prestezza che uso Formione, nel lanciare quella punta; et per la perdita del tempo che esso Stratonico face, nell andar al parare. Imperoche se egli in quel tempo che Formione ando a ferirlo, havesse subito cansato la spalla dritta in dietro, portando la gamba stanca inanzi; aiutandosi della sua asta, nell’atto che esso fece; il quale manco di prestezza si sarebbe senza dubbio veruno; da quella botta nimica difeso.

--- --- Lámina 65

Posata di asta


--- --- Lámina 66

Calimaco Filemone

Filemone trovandosi a Cavallo, incontrando Callimaco suo nimico, che era a piedi, caccia subito mano alla spada; sperona, et lascia la briglia al Cavallo; et alzando la spada su in alto, pensa col Cavallo andar adosso a Callimaco: et con la spada ferirlo su la testa.

Callimaco, all’incontro, che si trovava a piedi; caccia egli anchora mano alla spada, et pugnale: et per principale sua difesa, si acconcia in atto di canso di vita; per fuggir l’impeto del Cavallo nimico: et alzando il pugnale in alto, contra il colpo della spada di Filemone; tiene la sua spada alta, per dare sopra le gambe del Cavallo del nimico.

Lo atto che uso quivi Callimaco, cosi contra il Cavallo, come contra Filemone suo nimico: non poteva veramente secondo il caso, esser piu accorto ne migliore; atteso che esso elesse piu tosto, et per miglio partito, dare di taglio nelle gambe al Cavallo; che ferirlo di punta nella vita. Come co lui, che sapeva benissimo, che ferendo il Cavallo nella vita; egli non restarebbe per quella ferita,


--- --- di andare inanzi: et di aventarsegli addosso. Il che non potra fare se si trovera ferito nelle gambe: perche egli sara costretto, per tal ferita di cadere di subito a terra, da poi la cui caduta, esso restera poi talmente patrone del suo aversario, che egli potra poi fare di lui cio che vorra. Massimamente havendo esso usato in quel tempo si bello, et accorto atto, di cansare il Cavallo: et di trovarsi col pugnale contra la spada di Filemone suo nimico.


--- --- Tavola

di tutti i nomi de’gli abbattimenti, in diversi modi compresi nella opera


Di spada sola


Il modo di cacciar mano a la spada La prima fermata doppo cavata la spada La seconda fermata



Scipione, et Annibale Pompeo, et Curtio Fluvio, et Flavio Hortensio, et Fabritio Papirio, et Valerio Ottavio, et Marcello Costante, et Bellisario Alessandro, et Dario Detio, et Bruto Lutio, et Mario Pulfio, et Vareno Rutilio, et Furio Semrponio, et Carbone Cornelio, et Labieno Domitio, et Traiano Sertorio, et Antimo Torquato, et Metello Martio, et Attilio Corioliano, et Scuola Claudio, et Nerone Horatio, et Flaminio Emilio, et Sulpitio


--- ---

Trebonio, et Lepido Pallante, et Diomede Antenor, et Deifebo Curione, et Trebatio Tiberio, et Cesareo Metio, et Polinice


Spada, et pugnale


Polidoro, et Troilo Fabio, et Livio Affranio, et Ottone Ascanio, et Lauso Tarquino, et Celio Regolo, et Pollinice


Spada, et Cappa


Clario, et Vespasiano Planco, et Cassio Sestilio, et Volunnio


Spada, et Brocchiero


Mutiano, et Torano Menesteo, et Rutiliano Varrone, et Ligario Lauro, et Aquilio


Spada, et Rotella


Clodio, et Gabinio Sergio, et Lisippo


Spada, et Targa


Acrisio, et Danao Tiburtio, et Thirreno


Spada sola contra il Mancino


Martiale, et Acrone Polibio, et Sicanio


--- ---


Con due Spade

Chorebo, et Acilio Mezentio, et Dardano

Spada d’una mano, et meza


Terentiano, et Fortunio Pompilio, et Volpiano


Spadoni da due mani


Sicinio, et Silieno Salustio, et Crispino


Difesa da due di spada, et Cappa


Leonida, Cassandro, et Eraclio


Uno che partisce duo, che si vogliono offendere


Rifeo, Heleno, et Oreste


Arme di asta

Entello, et Elimo Drufo, et Silvio Timoleone, et Archidamo Gaio, et Crasso Germanico, et Nettolemo Formione, et Stratonico


A Cavallo


Filemone, et Calimaco Il dialogo delli Secreti dell’ arme Giovan Antonio Lovino a li honorati et valorosi giocatori d’arme Le parti che convengono al giocatore Soneto al S. Luigi Arluno

--- --- Il Ragionamento di Mi: Gio. Antonio Lovino col Sr. Luigi Arluno, sopra la scienza dell’arme.

Dapoi che voi, Mi Giovani Antonio mio; per la bonta del S. Iddio; havete datofine; con mia grandissima contentezza; all’opera della scientia delle arme, la quale voi et havete deddicata al Christianissimo Re di Francia; mi sarebe sommamente caro, che noi in questi nostri ameni, et dilettosi giardini; per schifare quel tanto dannato vitio dell’otio; ragionassimo alquanto di questa scientia; la quale tanto a me pieace; et parimente ad ogni altro honorato gentilhuomo, et Cavaliero, Imperoche mi sarebbe principalmente caro d’intendere quale fosse il suo principio, quale il mezo; et quale el fine. Per tanto M. Giovan Antonio mio, non vi rincresia, per l’affettione grande, che voi mi portare; di sodisfare; quanto in voi sia; a questo mio honorato, et ragionevole desiderio. LOVINO Sr. mio nobilissimo il quale con la vostra molta liberalita, et cortesia, legate, et obligate chiunque vi conosce, et prattica, come spetialmente havete legato me: che per letante cortesie da voi ricevute, vi sono, et debbo essere immortalmente obligato, vi supplico; non pur priego; che vogliate commandarmi senza risparmio alcuno. Percioche io nessun altra cosa altrettanto desidero, et quanto il farvi cosa accetta, et grata. A.R. questo tutto viene dalla vostra cortesia, et ne sono sicurissimo, et ve ne ringratio assai, ma lasciando la belle parole da pare; io vorrei; come poco inanzi vi dissi; che incominciaste a dire alcuna cosa intorno alla scienza della arme; et fra le altre, onde ella habbia havuto il suo principio: LO. So ben Signor, che troppo ben sapere quanto io posso dirvi intorno della detta scienza; nondimeno per compiacervi, molto volentieri, in tutto quello che per me si possa, sono qui apparecchiato; per dirvi cio che io ne sapero; et mi sovenira degno della vostra humanissima dimanda. Dovete adunque sapere principalmente questo, che questa scienza, con tutte le altre insiemo; et dono, et gratia di DIO, concessa all’huomo; accioche egli difender si possa da gli nimici della nostra santa, et catolica Chiesa. I quali come lupi arrabbiati, non pensano altro, per lo continuo che occidere, et sbrannare il nostro povero popolo fedele. AR, so molot bene, che ella e dono di DIO; ma se ella e dono di DIO; come e veramente: onde procede, che essa se insegna, in cotanti modi, concio sia cosa, che altri la intende, et vuole a un modo, et altri in altro modo. LO. E verissimo cio che voi dite, Signor mio carissimo; nondimeno, come io vi havero distinto onde proceda la diversita di questi modi; sono sicuro che voi restarete sodisfatto, et chiaro del vostro quesito. Per tanto dico che alcuni sono i quali hanno il dono di tal scienza di DIO, ma non l’uso di esso dono. Et questi sono coloro,

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Et questi sono coloro, che sanno ben parlare di questa scientia, ma non la sanno insegnar ad altri; ne sono da se atti a metterla in esecutione. Altri dopo questi, sono quelli, che hanno una semplice prattica di essa scientia. La quale per se la mettono in esecutione; ma non hanno theorica, ne lingua, di saperla altrui insegnare. Questi tali sono solamente buoni per se, man no per altri. Altri sono ultimamente, che hanno il dono, et l’uso insieme di esso dono: et questi sono quelli, che con la theorica, congiunta con la prattica; sanno mettere questa scientia in esecuttione per se: et la sanno con bel modo, et ordine, ad altri anchora insegnare; come ella va veramente insegnata. Et questo ultimo dono; senza comparatione; piu perfetto de gli altri duo sudetti. A. R. Mi ha sommamente sodisfatto questa vostra distintione, ma vorrei anchora sapere, et che lo mi dichiaraste, che vuol dire, che alcuni biasimano il parar le coltellate; alcuni biasimano le finte; altri lodano in manopolare; o vogliamo dir, batter la punta della spada con la mano; altri il giocar discoperto: alcuni dannano la frequentia del ferire di taglio; alcuni altri il giocar in passo. La onde, percioche queste tante, et si diverse opinioni, mi mettono il cervello a partito, et mi lasciano inresoluto; vorrei volentieri sapere quale sia intorno di cio la vostra opinione: perche a quella mi attenero; et prestero in dubitata fede: sapendo che la vostra scientia in cotale professione, e scientia di mera verita: et non di corrotto abuso. LOV. Son contento di risolvervi brevemente questa questione; et a ciascuno di questi dispareri dare la sua dichiaratione. Et prima dico, che non e cosa da comportare, ne da sentire: che il parar le coltellate sia giamai da biasimare; anzi egli e da esser grandemente lodatto. et imperoche nessuno non sara giami sicuro in questa scientia, se egli non sara buon patrone. et benvero, che tutte le coltellate non sono da pararsi; come sono le lontane; le quali non vengono alla vita: ma si ben quelle che vengono alla vita: et spetialmente quelle, fatte con la ragione della trovata della spada; perche questa necessariamente son la de esser parate, se non vogliamo pararle con la vita istessa.

Oltra di questo, le finte medesimamente non si debbono biasimare, ma sommamente lodare. Percioche. Quantunque la finta non sia quella, che dia la botta; ella e pero quella, che discoprisse, et fa la strada alla botta. Il perche io concludo, che chi non sa ben fingere, et dalle finte difendersi; ha poca intelligentia di questra nostra scientia. Ora per rispondere a quelli, che laudano il batter la spada con la mano; a questi tali rispondo con una ragione, a questo modo; Et prima dico loro, che il sapere ben manopolare; che il medesimo che batter la spada con la mano; sia da biasimare; questo non diro io giamai; anzi il lodero sempre, mentre che egli si faccia sicuramente, ma biasimero bene il soverchio uso di quello. Conciosia cosa, che in questa scientia: o per dir meglio prattica, di batter la spada con la mano; non e cosa lodevole, ne sicura; la molta frequentia di quella, come si puo a buona esperientia ogni giorno vedere. Perche molti per tal frequentia, sono restati stroppiati della mano; et molte fiate anchora occisi:

--- --- per voler mettere ogni loro difesa nella battuta. La qual battuta non si deve usare se non a luogo, et tempo, et a cosi streto bisogno; che per la occasione non si possa far di manco. Percioche egli e molto meglio, et piu sicuro, et parare, et ferire, in un medesimo tempo; si come in tutti i mei discorsi in cio fatti: chiaramente’ho dimostro il che benissimo si puo fare: che mettersi a pericolo alcuno. Imperoche oltra gli altri accidenti, alle volte accade, che altri andando per batter la spada nimica, la falla; et esso resta in quel tiempo tutto discoperto; di maniera, che la vita, la quale debe restare con la spada in filo coperta, viene a mostrare tutto il peto discoperto al nimico. Appresso, per dimostrar che il parare di coloro che lodano il giocare discoperto; sia men che buono; mi convien prima dirvi, le opinioni, et ragioni loro; per poter poi con piu saldi fondamenti, dargli la risposta, che segli conviene. Dico adunque che il fondamento di costoro e questo, che col giocare discoperto si da causa evidente allo aversario; et parimente cuore di andar piu risoluto, et coraggioso a ferire; vedendo il luogo discoperto, che vedendolo coperto. Pensando essi che in quel tempo, che il nemico va per ferire, cansando di vita, e scondendo la spada di punta, et di taglio; di ferir lui. Et questo e tutto il loro fondamento, et disegno. Ora questi tali, che con questo fondamento cercano di mantenere questo loro erroneo parare; io mi movo a rispondere con queste mie ragione fondate sodamente sopra il vero; dicendo, che molto meglio e il giocare coperto, che il discoperto, et la ragione e questa; percioche colvi, che sara instrutto nella scientia delle arme; secondo quello che io ho scritto in questo mio volume; giocando coperto; come dovera giocare; e giocar si deve, andera sempre inanzi a trovar la spada, et il nimico. Percioche andando cosi coperto inanzi con buona ragione, trovera, et soffogara lo aversario suo; et non metterassi a pericolo, stando discoperto; ad aspettarlo. Peroche il piu delle volte suole accadare; et egli e accaduto a questi tali; i quali hanno trovati giocatori che sono andati con tal ragione a ferirgli, nel luogo discoperto; che essi non tanto non hanno potuto haver tempo di cansare ne di scoder la spada, ne di punta, ne di taglio; come era il loro disegno; ma ne anchora si sonopotuti trovar a tempo di presentar loro alcuna difesa; di modo che essi ne sono poi restati malissimo trattati. Contra quell’altri poi che biasimano il ferire di taglio; ho da dire, che bisognarebbe, che essi distinguessero come intendono questo ferir di taglio; et non quali ragioni, et fondamenti lo biasimano: accioche se gli potesse addurre la ragione in contrario. Nondimeno, anchora che questi tali, non alleghino cioche gli move ad haver cosi fatto parare; ma solamente si stanno sul biasimare il ferir di taglio; io per tutto cio non voglio laseiar di dire quello, che io sento di questa loro torta opinione. Et primo io dico, che la spada non fu fatta a caso; ma con ordine, et con misura: et che ella ha duo fili; et una punta. Et cosi i fili della spada, come la punta di essa, sono fatti per ferire,

--- ---

et parare, e non altramente, volendo adoperar l’huomo, et farsi perfetto nella scientia delle arme; gli e piu che necessario, che esso principalmente sappia ben coltellare di ogni sorte di coltellate: accioche secondo la occasione egli se ne possa servire, contra il suo nimico. Appresso di cio, come esso si sara benissimo esercitato nelle coltellate lunghe di tutto tempo, cosi ingannevoli, come semplici, talmente che le sappia tirare con giusta misura; egli dovera poi essercitarsi nelle coltellate di mezo tempo, fatte con la trovata della spada; et dopo questo egli passera alle coltellate di meza spada: fate hora con le maccate, et hora con l’agilita. Percioche esso con questo bellisimo ordine, et maneggio di ferire, si fara prattico, et sicuro, a parare tutti il detti colpi, talmente, che cio che esso fara ad altri, sapera anchora nella medesima sua persona schermire. Piu in oltre deve egli cominciare ad esercitarsi nelle punte; tenendo il medesimo ordine delle coltellate; hora lunghe di tutto tempo, hora semplici, hora ingannevoli, hora con le trovate; hora a meza spada; quando scodendo , et quando maccando; et ferir di punta senza maccata; servendosi tal hora della punta; et tal hora del taglio. Perche a questo modo esercitandosi, sapera misturare tutta la sua scientia: et a luogo, et tempo, cavar fuora con vive ragioni, hora punte, hora tagli: in tanti modi imparati; che esso in ogni occasione, che gli sia data dallo aversario suo, gli havera apparecchiati, per offenderlo. Dalche si puo raccogliere, che tutte le coltellate, en modi sudetti, sono molto bene, et necessariamente, da sapersi tirar: avvertendo pero di sapere, secondo la occasione; qual modo di coltellare si possa sicuramente usare, affine che la scientia habbia il suo buono, et dovuto effetto. Concio sia cosa, che volendo noi ferire il nimico di una coltellata lunga; che in prima ci havesse soffogati, et seratti, questa non sarebe cosa ragionevole: percioche megliosaria investirlo di punta. Per la qual cosa, il giocatore deve molto bene aprir gli occhi, per conoscere il luogo, il tempo, et il vero avantaggioso modo del ferire. Imperoche noi potremo ferire lo averario di coltellate lunghe di tutto tempo; se egli ne sara lontano, che in quel tempo che gli tiramo, esso non ne possa soffogare. Ma vedendone la spada nemica vicina, sara molto meglio con la trovata, o battuta della spada, levare via prima la spada, che ci puo nuocere: et appresso con la insegnata mia ragione, sicuramente coltellare. Ora per risolutione dell’ ultimo vostro quesito; circa il giocare in passo; vi rispondo, che io principalmente laudo il giocar voto, et unito; spetialmente quando egli sara appresentato dalla cinta in su, della vita dell’huomo. Imperoche questo debe essere il primo uso, et modo; che ha da sapere il giocatore. Il quale, poi che in questo si sentira molto bene esercitato, et che lo sappia ben fare, egli si potra poi fare prattico del giocare in passo: massimamente dalla cinta in giu, della vita dell’huomo: perche a questo modo egli sara piu ben piantato; et stara piu forte in passo, essendo appresentato dalla cinta in giu; che stando voto. Peroche, se egli sara cosi appresentato, potra a tempo e luogo, et quando gli parera utile, et bene; farsi in passo; et ritirarlo, facensosi voto;


--- --- come meglio gli piacera, et tornera bene di fare. Et cosi IDDIO lodato; ho finito di risolvere i questi fattimi da V.S. Signor mio singularissimo: pregandovi che vogliate perdonarmi, se io fuori di ogni mio costume; son stato in cio molto piu prolisso, che io non dovea che veramente non ho potuto far di manco: essendo stato costretto a cosi dover fare; volendo con bonissimo ordine risolvere cosi fatta quistione. A.R. Veramente voi con cosi salde, et vere ragioni, et naturali discorsi, havete sodisfatto intieramente a tutti i miei quesiti; che io per me non sarei mai satio di udirvi ragionare. Ma poi che io ho inteso la risolutione vostra, fatta intorno della proposta questione; haverei anchora molto caro di sapere ad uno ad uno, i modi da difendermi da questi, che hanno cosi fatti pareri; occorrendo ch’io mi trovassi in fatto a dimostrar loro il contrario, delle loro men che buone ragioni. LO. Vostra signoria ha molto ben ragione. Il perche io hor hora, mi sforzero di sodisfare, quanto in me’ sia; a questo suo lodatissimo desidero: col darle contra di costoro, che biasimano le cose da lei di sopra ricordare, opportuni, et sicuri rimeda. Et primeramente dico, che trovandosi V.S. contra alcuno di quelli, che biasimano il parar le coltellate; ella usara questo rimedio, di coltellare loro addosso di coltellate lunghe; avertendo principalmente, che tirando le coltellate, elle non la trasportino fuora della vita nimica. Et appresso se essa vedesse, che tirando le sue botte, il nimico non le volesse parare, ma le lasciasse andare vote; aiutandosi a fuggirle col canso della vita; V.S. vedendo questo, essendo gia per strada, tirando le sue coltellate con la detta ragione; ella si fermera, la dove si trovera con la botta; perche la si trovera a tempo di entrare addosso al nimico di entrata di punta il quale sara sforzato a parar quella punta con la spada; o vero torla su la vita. Contra i medesimi parimente sara questo rimedio molto profittevole, et buono, che subito, che essa si sia loro appresentata; cacciarsi ben inanzi, et soffogandogli ben al pugno della spada: trovargli la spada, o vero con la battuta della sua spada, battendo la punta della spada nimica di sotto in su, constrengere lo aversario di necessita a parare, o con la vita, o con la spada: come gia si e detto. Oltra di cio, V.S. pigliera questo altro rimedio, contra quelli, che stanno sul batter la spada dello aversario, con la mano; di tener la punta della sua spada, sotto il pugno della spada nimica: serrando col passo, et con la spada, il nimico dalla banda della spada: perche a questo modo, non se potra batter la spada, se non con grandanno dello aversario. Contra quelli altri anchora, che se li appresenteranno discoperti; essendo la spada in tempo, essa la voltera contra la loro fermata; in tanti luoghi recitata; col filo buono contra di loro. Andando a serrar il nimico come gia dissi; dalla banda della spada. Et vero se la spada nimica sara fuora di tempo; che V.S. non sara tenuta a ricercare quella spada; ma le bastera solamente serrarlo, come si e detto dinanzi: voltando pero sempre il filo buono, contra la spada contraria: se ben non fosse in tempo; accioche venendosi al ferire, trovi il buon contrasto del filo buono della spada.


--- --- Peroche cosi facendo si puo con facilita serrare il nimico, et investirlo di punta. A.R. Questi vostri avisi, sono tutti ottimi, non che buoni; contra la disciplina di questi cosi fatti giocatori: i quali si lasciano da loro cosi poco ragionevoli pareri. Ma io non contento di cio, vorrei di piu sapere, se fosse possibile; come sia l’arte vostra cosi sottile, et eccellente: che tirandovi il nimico delle coltellate: siavi pur esso quanto si voglia vicino; et esse sue botte gagliarde et leggiere; che elle, non tanto non vi fanno mai rendere la spada; ma parche diano sopra di un incudine. Oltre che non vi possono mai toccare la guarnitione della spada: cosa degna veramente di molta maraviglia: et tanto maggiormente, quanto che voi in tal caso, non perdete mai campo; anzi vel gadagnate. LOV. La vostra dimanda, signor mio amatissimo; fattami intorno al far morir le botte, con cosi fatto modo: et a difendere sempre la guarnitione della spada, percioche e cosa di grandissima importanza; come quella chesi appartiene alla perfettione di questa scientia: So desiderarei, con buona vostra gratia; differire in altro luogo; dove credero di aprirvi distintamente tutto il buono, et bello, di cotesto mio secreto. A.R. Fate come vi piace, il mio virtuosissimo Vs. Giovan Antonio, imperoche io, non meno in ogni altro tempo, che in questo, havero caro d’intendere questo vostro bellissimo, et rarissimo secreto: Ma perche io ho veduto nella lettera deddicatoria a S.M. Christianissima, che voi havete in animo di comporre un altra opera: mi sarebbe, oltra modo grato, di sapere di che trattara tale opera: poi che in questa, che siete al presente, per indrizzare alla prefata. Mta si tratta di questa scientia; in tutte quante le sorti di arme. LO. Signor mio; ho pensato di fare un libro; nel quale con le sue figure; io mostrato tutte le fermate, che communemente sogliono usare, primieramente i Signori Francesi; gli Spagnuoli; i Portoghesi, Romani, Napolitani, Fiorentini, Bolognesi, Ferraresi, Mantovani, Savogini, Modonesi, et altr nationi. Discorrendo in esso mio libro tutti i fondamenti che essi fanno; et le ragioni che adducono sopra tali loro guardie, et all’incontro delle loro, vi mettero le mie fermate: dicendo contra delle fermate loro, quale sia il mio parere. Talmente che tutta la fatica che io ho fatto, et quanto in ventiduo anni ho acquistato; che mi sono esercitato in questa professione; voglio; quanto a me sia possibile; che nel mio detto libro distesamente si veda, et comprenda; la qual opera credero fermamente che alla prefata S.Mta non debba esser discara. A.R. Questa di vero sara una fatica molto singolare, et degna. Et per aventura non piu mai veduta. LO. Sia adunque lodato il datore de tutti i beni; Il quale co i santissimi raggi della celeste sua gratia, mi ha dato sopra ogni mio merito; questo tanto di lume. AR. Ditemi qual e la prima cosa, che debba sapere colvi che vuole intendere questa vostra scieza. Lo. La principal cosa che debe sapere colvi che vuole intedere questa scieza, e il be saper tener la spada in mano: et questo, bisogna che noi lo impariamo da maestri di questa scieza.


--- --- A.R. come, no e la natura quella, che ci insegna a tener la spada in mano, et a maneggiarla? Lo: Signor, no che no e la natura, mai maestri di questa arte, che cio ci insegnano; come vi ho detto. AR. Oh non vediamo noi tutto di molti saper tener la spada in mano; et maneggiarla, senza haver cio appreso da maestri? LO. Questo e vero; nondimeno il tener ben la spada in mano; et con essa esercitarsi; se non e fatto, secondo la ragione di questa scientia; non si puo dire, se non impropriamente, che quel tale sappia ben tener la spada in mano; et ben maneggiarla. Per tanto bisogna che cio ci sia mostrato da maestri di questa arte.

A.R. Donde procede questo? LOV. Questo procede, perche la natura, non e stata cosi cortese a noi, come a gli altri animali; i quali subito che sono nati, senza difficulta si volgono allo operare; come vediamo tutto di per esperientia. Imperoche il Cagnuolo subito nato; se egli sara gettato nell acqua cosi di subito si mettera a nuotare, et altri animali incontanente che nati sono, stanno, et caminano; cosa che non fa l’huomo, il quale subito nato, per molti mesi inutile allo operare, stassi legato nella culla; covaghiti, et co pianti, dimostrandoci apertamente, come la conditione dell’huomo e molto piu infelice, et misera di quella, di tutti gli altri animali. Bisogna adunque come si e detto, imparare da maestri, et dal saper loro, a tener ben la spada in mano. Et per dire horamai a V.S come si dee tener la spada in mano: dico che la spada si deve fermare ben in mano; facendo che i duo diti ultimi piccioli, vadano a basciare appresso alla palma della mano: et il dito secondo, dopo il grosso; vada a traverso del traverso della guarnitione di essa spada. serrandolo ben forte con la guarnitione: et dapoi mettere il dito grosso addosso alla spalletta della spada. Peroche la spada cosi stara piu forte in mano: ne sara facilmente sforzata nella mano, di chi talmente se l’havera acconcia in mano. Appresso, poi che la spada si sara ben posta in mano: chi debbiamo appresentare in guardia o di dentro o di fuora la qual guardia di fuora, noi chiamiamo guardia di tutta coperta; si come quella di dentro, dimandiamo guardia di meza coperta. Ma perchioche i detti nomi non sono suoi propry, io ho piu tosto voluto dimandare le due sudette guardie, sotto questi duo altri nomi; molto loro piu propry, et convenienti, delli sopradetti: cio e guardia di dentro, e di fuora. Conciosia, che la guardia di fuora, dimando io quella, che si appresenta col filo buono voltato fuora della vita: dopo la spalla dritta: et cosi perche la fermata e tutta fuora della vita: et pero ella e da me dimandata guardia di fuora: in luogo di guardia di tutta coperta. L’altra guardia poi di dentro, io cosi la dimando; perche la guarnitione della spada, la metto giusta all incontro della spalla stanca: et anchora perche la spada stassi dentro della vita; et non di fuora. Per queste ragioni io dimando questa guardia; guardia di dentro; tanto piu che il filo buono della spada, ha da stare al contrario dell’altra guardia; cioe voltato in filo; per scontro alla detta spalla stanca, come in tanti miei disegni si potra benissimo vedere. Vi aggiungo questo avertimeno.


--- --- Che convien tenere la braccia ben distese; la spada giusta; col pugno, et il piatto della spada verso terra; accioche il filo buono resti contra l’offesa della spada nimica. Et occorendo l’andare dall’una, all’altra guardia; andar sempre col medesimo ordine: Imperoche cosi si andera, et sicuro et coperto. Avertendo per principale aviso, di non andare con la spada senza far il passo della vita nel modo, intanti luoghi ricordato. Percioche andando con la spada senza il passo; si resta in pericolo del roverso; et andando col passo senza la spada, si resta in pericolo del dritto. La qual cosa non occorrera, andando noi ben uniti, col passo, et con la spada; con vera giustezza; perche a questo modo ci assicuriamo dall’uno, et dall’alltro pericolo. A.R.L. Per certo questo vostro cosi ottimo avertimento. Et utile ricordo; mi e piu; che dir mi sappia; piaciuto: insieme con quegli altri particolari, da voi inginiosamente tocchi: molto profittevoli, et necessari, massimamente a chi fa professione di maneggiar bene tutte le sorti d’arme. Tuttavia io vorrei che mi deste a sapere onde auviene che voi fate tanto capitale della trovata della spada: della quale io, ne in scritto, ne fuora di scritto; ho giamai udito ragionare: LO. Son sicuro, che V.S non habbia mai letto in alcun libro, ne in alcun luogo udito ragionare, intorno al secreto della mia trovata della spada, et doverere, signor mio; credere per fermo; che se l’huomo giocasse eccellentemente di spada, et cosi di ogni altra sorte di arme, et non sapesse che cosa sia con ragione trovar la spada nimica; questo tale si potrebbe dire; che non sapesse nulla; a paragone di colvi, che sapesse ben trovarla. Imperoche la trovata della spada, e tutto il nervo, et fondamento di tutta la scientia delle arme. Conciosia, che trovando la spada del nimico. Si viene a levar via tutta la offesa, che da lui ne possa venire. La quale poi che ella si e levata; l’huomo resta patrone; et e in poter suo, di fare cio che esso si voglia, contra lo aversario suo; senza alcuno suo nocumento. Si fanno poi con questa trovata tanti altri belli abbatimenti, di meza spada; con quelle belle scosse, gia altrove dette, oltra i tanti altri inestimabili secreti; come V.S. piu volte ha veduto fare; et spetialmente nello vietare che il nimico non possa mai coltellare di niuna maniera: essendo egli sicuro, nel tempo che esso si allargara per voler coltellare di esser serrato, et soffogato, con la trovata della spada, et della vita. A.R.I. Bellissimi , et utili particolari sono questi da spersi. Per tanto ditemi digratia anchora, in che consiste il trovar la spada nimica? Et con che modo? LO. La spada nimica Signor, cosi di dentro come di fuora, si dira trovarsi ogni volta, che colvi che va a trovarla, la trovi con vera scientia. La qual scientia principalmente consiste in questo, che nel trovarla si faccia, che la punta della spada del nimico, sia fuora della giustezza della sua vita; et che la punta di chi la trova, sia giusta, verso la vita nimica. A.R.L. Poi havete cosi bene, et con cosivere, et vive ragioni, sopra i particolari della vostra trovata discorso; che io ne resto benissimo sodisfatto. Pero vi prego; ne vi rincresca la fatica di dirmi; qual de duo habbia maggior vantaggio,


--- --- o colvi che aspetta, che gli sia trovata la spada; o colvi che la va a trovare?. LOV. Questo vostro quesito veramente e molto ragionevole: Percioche i pareri sono in cio contrari et diversi. Concio sia, che alcuni di cono, che colvi che aspetta ha maggior avantaggio; perche ogni poco errore, che saccia colvi, che vada a trovar la spada dell aversario lo fa piu facile al ferire. Da costoro, la opinione mia e tutta diversa, et contraria, presupponendo tuttavia sempre la vera ragione del trovare. Imperoche, se chi andera a trovare la spada nemica sara come ho gia detto; esperto; et prattico nelle trovate; molto meglio sara per lui lo andare inazi sicuro, et trovando levar via la ofesa della spada contraria; che stare ad aspettarla. Perche lo aspettare; oltra la su detta ragione; mostra piu tosto pusillanimita che valore. E vero che bisogna avertire cosi nel parar, come nello andar a trovare; di andarvi con la spada giusta, et col passo fatto in un medesimo tempo. Peroche, andando; come gia si e detto; con la spada senza il passo, si sta in pericolo del riverso, et col passo senza la spada, in pericolo del dritto. Di modo che lo andar col compasso, et con la spada giusta non ci portera pericolo alcuno, ne dall’uno, ne dall’altro alcuno nocumento. AR. Onde e che molti ragionano, et lodano il giocar stretto di spada? LO. Il giocar stretto di spada, si intende quando l’uno soffoga talmente l’altro; che volvi non puo ne di punta, ne di taglio, prevalersi della spada, che esso ha un mano contra il suo aversario. Il modo principale che si tiene in cio, si e serrar la spada; et la vita nimica; et entrare di punta, nel tempo che il nimico vuole far lo atto del ferire. Il secondo modo e sempre soffogare il pugno della spada al nimico. Il terzo et ultimo sara con la trovata, et maccata della spada, non lasciar mai al suo aversario, haver tempo di poter far cosa alcuna: come se esso non havesse la spada in mano. A.R.L.V. Ora vorrei intendere, qual habbia maggior vantaggio, o colvi che macca la spada nimica con giustezza; o colvi che con la scientia dell’agilita, si oppone contra la maccata? LOV. Senza dubbio alcuno, maggior et piu sicuro avantaggio ha colvi che con ogni giustezza macca, che quello con agilita si oppone contra la maccata. Percioche, qual con giustezza macca starssi sempre a cavaliero alla spada del nimico; et e da presupporre che chi con giustezza macca, sia in prima che egli venga alla scientia del maccare; molto ben practico, et dotto; nel gioco della agilita. La ragione poi perche lo agile resti inferiore e, percioche egli e sforzato a scodersi di vita, et di spada. Per lequali due scosse, si fa tempo di spada. Il che non accade in colvi che macca per dritta linea. AR. Haverei caro d’intendere in quanti modi si scode la spada? Et qual sia, di tutti gli altri, piu utile, et sicuro? LOV. Signor mio; alcuni sono che nello scodere della spada,scodeno al quanto la vita, et la spada; et si ritirano in dietro. Et dicono, che con la scossa di spada, fatta a questo modo si ritorna poi piu gagliardao suso; contra la spada; et la vita nimica. Alcuni altri socodeno la spada, ritirando in dietro il pugno della spada: il qual modo, senza dubbio, e molto peggio del primo. Per tanto la scossa giusta,


--- --- giusta, et sicura, che si debe fare; la quale e la mia, da me usitata; che non perde tempo; et e senza pericolo alcuno; e tale scodere anando in quel tempo inanzi a ferire: cansando di vita, scodendo la spada piu inanzi, che sia mai possibile: non tanto sotto la spada contraria; quanto anchora sin sotto le ascelle delle braccia nimiche. Et si puo fare questa scossa sicura; se chi la fara, faralla con ragione; et col modo da me insegnato; se ben ella si facesse sotto a guarnitione, per guarnitione. L’altra scossa poi giusta, che si deve fare di taglio, essendo noi a meza spada; si fa a questo modo, si cansa di vita da quel lato, dove scodendo si vuole riportare la spada ; avertendo pero di non staccarsi via dalla spada nimica; se non tanto, quanto ne basti a scoder la spada; non si allargando piu di un filo di coltello; che tanto ne basta: accio che lo aversario non ci ferisca in quel tempo; averendo in un medesimo tempo, di cansar di vita; et di scodere. AR. Ditemi questo anchora, se noi siamo obligati a para le botte, a basso o no? Et con cual modo? LO. Il buono giocatore che sia fermato ben vota; et giusto; in una delle due guardie principali; ogni volta che esso non si lasciera battere, ne trovare la spada; et che vedra che la botta non gli possa giungere alla vita; con la votezza, et col canso di vita; potra lasciar di parar la botta; senza pericolo alcuno. ARL. Quanto i vostri savi ammaestramenti, et ricordi, pienide infinita cognitione, a me sono sempre accetti, et cari: come quelli, che mi vengono da persona, che io molto amo; et da cui mi sento molto amare: tanto maggiormente mi sforzero di porli in esecutione. Et ben che quello che io ho inteso hoggi nel vostro bellissimo ragionamiento, mi paia bastante a instuire, et fare un perfetto giocatore, di ogni sorte di arme; non dimeno io vorrei pur anchora in tendere, et con brevita sapere, cioche prima, che poi; et che successivamente per ordine; si debba insegnare per far l’huomo ben erudito, et intelligente, in questo maneggio di arme. LOV. Eccomi Signor mio humanissimo; apparecchiato a rispondere, alla vostra convenevole dimanda; et pronto a compiacervi in tutto quello, che per me si possa. Prima adunque se insegntra a colvi che vorra imparare questa scientia; a tener la spada in mano; con quei modi, che si fono detti di sopra. Dapoi a far i passi lunghi; a tirar dritti, et roversi, et stoccate semplici di tutto tempo; et a difendersi. Appresso si gli farano fare tutti i sudetti colpi sempre con inganni, et se gli mostrera a difenderli di tutto tempo; con li montanti, discendenti, et traversanti. Dopo questo, si gli faranno fare le medesime botte ingannabili di mezo tempo; et poscia tutti i predetti colpi, di contratempo. Quincisi gli insegnaranno le finte di punta; con travagliare il nimico sempre di punta: discorrendolo hora da un lato, et hora dall’altro. Oltra di cio si mostrara a trovar la spada nimica; levando via la offesa della punta; et poi a coltellare. Et con questo si gli mostrera a trovare la spada del nimico dal mezo inanzi; et a entrare di punta. Parimente a pligliar lo avantaggio dell’aversario;


--- --- et a entrare dal mezo indietro della spada. Ora poi che il giocatore havera imparato tutte le sudette cose; et si sara assicurato nelle trovate della spada; et fatto destro nelle scosse di quella; et si sara similmente esercitato nel gioco dell’agilita; con le scosse; et sara fatto presto delle mani, et di piedei, con passi giusti, fatti a luogo., et tempo; non senza bisogno; resta che egli si eserciti nel gioco della fortezza; con le maccate della spada: nelle quali maccate, esso non dovera sempre cercare di voler scodere la spada; ma di dar cagione al nimico, che la scoda prima: col tenergli sempre sotto la spada soffogata. Piu in oltre, esso si havera da essercitarsi nel gioco della meza spada; con la fortezza, et con la agilita: accompagnate alla ragione; che habbiamo altrove insegnato. Ultimamente dovera egli esercitarsi anchora, nelle entrate libere di punta; et cosi di subito prendere il nimico con le prese; da me insegnate gia nel trattato mio della sicienza delle arme; et cosi di non lasciar mai haver tempo alcuno al nimico, di potersi prevalere della spada, che esso terra in mano. Et percioche questo e quanto hora mi e souvenuto di discorrere intorno a questa scientia; faro qui fine; levando a V.S. hormai la fatica dello urdire; et a me quella del ragionare. AR. Il vostro ragionamiento, M Gio Antonio mio, mi e stato tanto grato, et caro; che io son stato per lo continuo attentissimo ad ascoltarvi: come quello che ho sentito con mia grandissima sodisfattione; particolarmente ragionare di questa vostra scientia: la quale, sopra tutte le altre , sommamente mi diletta, et infinitamente piace. He sara mai che io non vi sia tenuto, della felice giornata, che mi havete data; et della infinita obligatione, con la quale mi havete immortalmente obligato. Ma perche gli augelletti di questi giardini, col canto loro piacevolissimo, ci dimostrano la vicinita della sopravenente sera; sara benissimo fatto, che ce ne andiamo a cenare. LOV. Andiancene, Signor mio affabilissimo.


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Giovani Antonio Lovino, a gli honorati, et volorosi giocatori di AR MI E

Convien al Giocator, che d’ogni sorte D’arme maneggi: haver prima buon core: Di ragion appagarsi: et spender l’hore. In farsi ognihor piu exercitato, et forte.

Convien ch’egli habbia anchor per fide scorte, Le man pronte, i pie presti: e al suo migliore L’occhio intento, et acuto: en mai fuore Di ragione, et di tempo, il piede porte.

Convien con maestria faccia quest’arte, Et con ragion en parli; et sia cortese Sempre nel pratticar; d’ogni altro a paro.

Et che del suo saper faccia altrui parte. Con amor: cosi al mondo ei fia palese, A la patria, a gli amici utile, et caro.


--- --- Al Signor Luigi Arluno, il Cavalier Vendramini

Giovene illustre; altero lume chiaro, De l’honorata antica patria vostra: A cui di tanti suoi doni si mostra Cortese il Ciel; che v’e si amico, et caro; Per voi, d’honor d’ardente gloria, avaro; Hel cui petto il valor contende, e giostra; Col senno: hoggi s’adorna l’eta nostra Del bel pregio dell’arme eccelso, et raro: Poscia che’l buon Lovin, sol per vostr opra, De lo schemir n’ha mostro in dotte carte, Gli steccati, gli assalti, i campi, et l’armi. Felice Re, che solo a si grand’opra, E’letto fosti: et piu s’avien che ad arte; di tanti alti secreti, il petto t’armi.


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