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Page:Regole di molti cavagliereschi essercitii (Federico Ghisliero) 1587.pdf/177

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Nel secondo si può buttare la picca per disprezzo contra il nemico: ma essendo in potere del medesimo di rimandare anchor esso il suo scalzo, à parer mio, non è da vilipendere il nemico; poiche incontinente si haurà da fare à colpi di stocco, ne quali consistendo il maggior valore, altri può ricordarsi dello sprezzo, & render pane per focasccia: perche dove s’attende à fatti, poco sono curati gli sprezzi.

Nel terzo, il quale noi bene useremo, sarà, che subito c’haveremo fatta la ferita, col manco piede ritirandoci, alzeremo il calce della picca, & col diritto có nuovo passo ritirandoci, questo medesimo calce fa remo sdrucciolare per la mano manca; & per di sotto il fianco nostro diritto la gettaremo in terra: ilche, oltre che fà bellissimo vedere, s’approssima poi più al verisimile: perche cosi, fatto che sia l’urto có la picca, si viene alla folla, & se la lasciamo cadere in terra; & subito mettiamo mano alla spada.

La sesta operatione è, che partendosi il Cavagliero dal Campo, finita che sarà la battaglia, & ritruovandosi esso in stato con la picca inarborata nel pendiculare, si metterà in moto col manco piede; & poi col diritto appresso al medesimo, nelle’istessa battuta metterà il calce della picca: & fatti circa à cinque, ò sei passi, distesi co’debiti modi, abbassando la picca se la metterà in spalla, & seguiterà il suo camino.